LA PARACULATA DELLA “COMPAGNA” RENATA – LA POLVERINI VOTA SI’ ALLA FIDUCIA E LASCIA FORZA ITALIA - SPERA DI INFILARSI NEL NUOVO PARTITO DI CONTE, PER ESSERE RICANDIDATA? – I FORZISTI LA DEMOLISCONO: “CI HA SEMPRE CREATO PROBLEMI, SAI CHE PERDITA QUELLA DI UNA FASCIO-COMUNISTA...” - IL SARCASMO DELLA MELONI: “NON HA MAI FATTO UNA COSA DI DESTRA IN 10 ANNI” - RENZI: “CONTE È ARRIVATO AD AVERE PERSINO IL SOCCORSO NERO” – VIDEO

Da video.corriere.it

 

renata polverini

«Conte è arrivato ad avere persino il soccorso nero di Renata Polverini, posso dirlo?»: così Matteo Renzi intervenuto a La7 dopo il voto di fiducia alla Camera dei Deputati. «Siamo al governo Conte-Mastella-Polverini, terza maggioranza in tre anni» ha concluso il leader di Iv.

 

 

GIORGIA MELONI E LO SHOW ANTI-CONTE

Paola Di Caro per corriere.it

 

Con il fiato sospeso, impegnati a tenere saldi ciascuno i propri senatori in vista della prova di oggi. Il centrodestra non vuole lasciare spazio all’offensiva di Conte. E al termine di un vertice notturno rilancia: «Il voto alla Camera — è la nota unitaria a sera — dimostra che la maggioranza non ha i numeri e la solidità necessaria per affrontare le sfide che attendono l’Italia», e che nonostante «offerte e lusinghe» la coalizione ha retto «a parte una sola, prevedibile fuoriuscita».

RENATA POLVERINI

 

Ma qualche crepa si apre, appunto. Maurizio Lupi, alla Camera, non partecipa al voto per problemi logistici (aveva comunque dichiarato il no) ma l’azzurra Renata Polverini, da tempo a disagio, alla seconda chiama segue il suo istinto (in mattinata aveva attaccato la Boschi per aver chiamato «transfughi» i possibili responsabili) e vota sì alla fiducia: «La crisi sarebbe irresponsabile.

 

Non possiamo continuare a dire che tutto non va bene. Lascio FI, mi assumo le mie responsabilità come ho sempre fatto», annuncia, tra la rabbia dei suoi («Ci ha sempre creato problemi, sai che perdita quella di una fascio-comunista...») e il sarcasmo della Meloni: «Non ha mai fatto una cosa di destra in 10 anni».

piero di lorenzo tra zingaretti e polverini

 

 

È comunque un colpo di scena, di immagine e di sostanza, che potrebbe avere un effetto trascinamento oggi, anche se nella nota si esprime fiducia: «Il Senato confermerà che il governo Conte è di minoranza, gli italiani meritano ben altro». «Altre defezioni? Non credo», incrocia le dita Tajani. Si fanno i nomi di Minuto e Causin ma arrivano smentite, due assenti giustificati sono previsti. Ma non si esclude nulla: «Conte sta telefonando a tutti, promettono di tutto». Anche all’Udc, sembra, con cui si parla del ministero dell’Agricoltura in ballo.

 

 

 

Ieri lo scontro comunque era stato durissimo. Il premier non aveva ancora finito di parlare che già Antonio Tajani respingeva le avances: «Non avrà il nostro aiuto». Matteo Salvini sbuffava: «Abbiamo i senatori Ikea, chi salva il governo è complice».

 

RENATA POLVERINI

Giorgia Meloni limava il suo discorso, sprezzante, contro Conte mai chiamato presidente ma solo «avvocato, d’ufficio però, perché non l’hanno scelto gli italiani», un «Barbapapà» adattabile a tutto, in «delirio di onnipotenza», che «per rimanere dov’è prima è di destra, poi di centro, poi di sinistra, populista, liberale, socialista, amico e nemico di Salvini, di Renzi, di Di Maio». Ma anche dai piccoli porte chiuse: nessuna fiducia né da Cambiamo di Giovanni Toti né dall’Udc di Lorenzo Cesa che «voterà no alla fiducia al governo».

 

 

RENATA POLVERINI

 

La consapevolezza è che i giochi, semmai, cominceranno dopo il passaggio al Senato. Sempre che Conte lo superi almeno onorevolmente. Perché nel suo intervento la Meloni ha mandato una sorta di avvertimento anche al Quirinale: «Siete sicuri che il presidente della Repubblica vi consentirà di governare in assenza di una maggioranza assoluta, dopo che nel 2018 si è rifiutato di dare l’incarico al centrodestra perché non c’era la certezza sui numeri? Pensate che le regole della democrazia valgono solo per il centrodestra? Valgono per tutti».

 

polverini bossi

Se Conte non ha i numeri, come gli dice Mariastella Gelmini, «lasci a Mattarella il compito di condurre la crisi: la formula politica che la sostiene è fallita». Basta, aggiunge Molinari per la Lega, «con questo mercimonio» che per Gelmini «è uno svilimento delle parole nobili di Mattarella sui costruttori». Insomma, la coalizione regge. Con toni diversi, certo. Se Salvini e Meloni respingono con sdegno l’idea che il governo possa sostenere la legge elettorale proporzionale, in FI si usano toni più cauti. E le sirene della maggioranza suoneranno per i centristi: Paola Binetti avverte che, dopo il voto al Senato, può «aprirsi una nuova fase».

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