1. AL PRIMO VOTO VERO, ALLA PRIMA OCCASIONE IN CUI NON HANNO POTUTO EVITARE DI SCEGLIERE, IL MOVIMENTO 5 STELLE SI È CLAMOROSAMENTE DIVISO. E ORA CHE FA, LI CACCIA? 2. MESSO DI FRONTE ALLA SCELTA FRA GRASSO E SCHIFANI, ONESTAMENTE NON COSÌ DIFFICILE, L’APRISCATOLE DI GRILLO SI È INCEPPATO. E L’INFORMAZIONE DISPREZZATA SEMPRE DA GRILLO, SI È TOLTA UN DENTE: “UN VERO RIVOLUZIONARIO NON SCENDE A PATTI CON IL SISTEMA, MENO CHE MAI QUANDO IL SISTEMA, PER BLANDIRLO, GLI MOSTRA IL PROPRIO VOLTO MIGLIORE: UN PROCURATORE ANTIMAFIA, UNA PORTAVOCE DELL’ONU” 3. GRAMELLINI: “IL PUNTO È PROPRIO QUESTO: L’ELETTORE DI GRILLO HA VOTATO CINQUESTELLE PER DISTRUGGERE IL SISTEMA OPPURE PER RINNOVARE IL CAST DEGLI INTERPRETI?”

1. LE MANI IN TASCA
Massimo Gramellini per La Stampa

Uno vale uno, ma uno non vale l'altro. Messo di fronte alla scelta, onestamente non così difficile, fra Piero Grasso e Renato Schifani, l'apriscatole di Grillo si è un po' inceppato. Intendiamoci. Sempre meglio dell'encefalogramma piatto dei montiani. Le urla che uscivano dalla sala in cui i senatori Cinquestelle stavano discutendo il loro voto sono la musica della democrazia.

Ma al momento della sintesi mi sarei aspettato che il buonsenso prevalesse sul pregiudizio, il pragmatismo sull'ideologia. Invece la maggioranza del gruppo che vuole aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno è rimasta fedele al suo Nostromo. Perché un vero rivoluzionario non scende a patti con il Sistema, meno che mai quando il Sistema, per blandirlo, gli mostra il proprio volto migliore: un procuratore Antimafia, una portavoce dell'Onu.

Il punto è proprio questo: l'elettore di Grillo ha votato Cinquestelle per distruggere il Sistema oppure per rinnovare il cast degli interpreti? Se fosse vera la seconda ipotesi, quella di ieri sarebbe stata la sua vittoria, dato che senza il cambio di clima imposto dal trionfo del movimento, oggi ai vertici dello Stato non siederebbero Grasso e Boldrini, e invece dell'effetto Francesco sul conclave della Repubblica si sarebbe abbattuto l'effetto Franceschini.

Immagino che quell'elettore sarà rimasto perplesso nel vedere un leader che grida ai politici «Arrendetevi» imporre ai suoi parlamentari la scheda bianca: il colore della resa. La democrazia è scelta, anche del meno peggio. E' contaminazione. Diceva don Milani: a che serve avere le mani pulite, se poi si tengono in tasca?


2. LE CAMERE NON SONO IL RIPOSTIGLIO DELLA RETE
di Antonio Polito per Corriere della Sera

Benvenuti nel mondo dei franchi tiratori. I grillini erano entrati in Parlamento appena l'altro ieri compatti come una falange macedone, monolitici come una novella Compagnia di Gesù, giurando obbedienza perinde ac cadaver. E al primo voto vero, alla prima occasione in cui non hanno potuto evitare di scegliere, si sono clamorosamente divisi. La democrazia parlamentare non è un «meet up». È fatta di voti e di regole. E senza vincolo di mandato.

Messi di fronte all'alternativa tra Grasso e Schifani, numerosi senatori grillini hanno dunque rifiutato una sdegnosa equidistanza, e cioè il mantra stesso di un movimento che considera i partiti tutti uguali e tutti da cancellare, per sostituirli con la democrazia diretta del 100 per cento in cui i cittadini si autogovernano. Non basta star seduti sugli spalti alle spalle di tutti gli altri per evitare di sporcarti nell'arena, quando ti chiamano a votare per appello nominale.

Né viene in aiuto la tattica indicata ai suoi seguaci da Beppe Grillo, valutare «proposta per proposta» per evitare così di fare scelte «politiche». Quella di votare Grasso era infatti una «proposta», e un buon numero di senatori grillini l'ha accettata, facendo così una scelta altamente politica.

L'inflessibile logica del sistema parlamentare, nel quale alla fine di ogni discussione c'è sempre un ballottaggio in cui devi dire sì o no, non è d'altra parte aggirabile con i riti della democrazia online, perché sulla Rete non vale la regola «una testa un voto» ma votano solo le minoranze attive.

Sarà sempre più difficile, emendamento per emendamento, stare in Parlamento aspettandosi che a decidere sia qualcuno che sta fuori. Ogni giorno si vota innumerevoli volte, e ogni voto può avere conseguenze sulla vita di tutti. Ecco perché l'assemblea parlamentare è diversa da un consiglio comunale o da un'assemblea condominiale: perché fa le leggi, la cosa più politica che ci sia.

D'altra parte i «grillini» non sembrano aver finora trovato nemmeno un modo accettabile per garantire quella trasparenza e pubblicità del dibattito che finché erano fuori del Parlamento sembrava la più innovativa delle soluzioni. Finora l'unica riunione dei gruppi cui abbiamo assistito in «streaming» è stata quella in cui i neoparlamentari si presentavano: più un happening che un'assemblea politica.

Ieri, quando il gruppo del Senato ha dovuto decidere, lo ha fatto invece a porte chiuse, con i giornalisti che origliavano come ai bei tempi della Dc, e che riferivano di urla e di pugni sul tavolo poi sfociati in un'aperta contestazione del capogruppo (altra questione delicata: i leader sono essenziali in ogni consesso, e i grillini non ne hanno uno in Parlamento; senza un leader e una linea, il motto «uno vale uno» non può che trasformarsi in continua divisione).

Ma l'astuta mossa di Bersani, che a Schifani ha evitato di opporre un nome usurato della vecchia politica per preferirgli l'ex magistrato antimafia, non ha solo aperto una crepa tra i «grillini», ha anche svelato due punti deboli di quel movimento. Il primo è il rischio di irrilevanza. Se continua così, il 25 per cento dei voti degli italiani in Parlamento non conta nulla. Il Movimento 5 Stelle è completamente privo di potere coalizionale. Il partitino di Vendola, che ha preso poco più del 3 per cento alle elezioni, ha usato invece al massimo quel potere, prendendosi la presidenza della Camera.

La seconda debolezza del M5S è che, per quanto Grillo lo voglia sottrarre alla logica destra-sinistra, la sua élite parlamentare, come segnalava ieri Michele Salvati su questo giornale, pende notevolmente a sinistra e al momento decisivo lo dimostra, come ieri per impedire la vittoria di Schifani.

Non basterà forse a risolvere il problema di Bersani, visto che anche con i franchi tiratori «conquistati» ieri gli mancano ancora una ventina di senatori per un voto di fiducia, oltretutto palese; ma può bastare per logorare rapidamente la presa di Grillo sui suoi eletti, forse meno manovrabili di come lui se li immaginava.

 

APRISCATOLE IN SENATO FOTO TWITTER BEPPE GRILLOBeppe Grillo tra i cronisti jpegRoberta Lombardi e Vito Crimi jpegGRASSO E BOLDRINIRoberta Lombardi e Vito Crimi in conferenza stampa SCHIFANI E BERLUSCONI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI, BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO

giorgia meloni antonio tajani maurizio casasco marina pier silvio berlusconi salvini

DAGOREPORT - TAJANI, UNA NE PENSA, CENTO NE SBAGLIA. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CI HA MESSO 24 ORE AD ACCORGERSI CHE GIORGIA MELONI HA STRACCIATO UNO DEI SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA IN EUROPA: IL SUPERAMENTO DEL DIRITTO DI VETO. IL MINISTRO DEGLI ESTERI È RIUSCITO A PARTORIRE SOLO UNA DICHIARAZIONE AL SEMOLINO (“HA DETTO LA SUA OPINIONE, IO PENSO INVECE CHE SI DEBBA FARE QUALCHE PASSO IN AVANTI”), MENTRE È STATO ZITTO DI FRONTE ALLE INVETTIVE ANTI-RIARMO E CONTRO L’UE DEI PARLAMENTARI LEGHISTI. IL POVERINO È ANCORA STORDITO DALLA PROMESSA, SCRITTA SULLA SABBIA, CON CUI L'HA INTORTATO LA DUCETTA: SE FAI IL BRAVO, NEL 2029 TI ISSIAMO AL QUIRINALE AL POSTO DI MATTARELLA (E CI CREDE DAVVERO) – IN TUTTO QUESTO BAILAMME, TAJANI PROVA A METTERE LE MANI SULLA CONSOB CON UNA MOSSA DA ELEFANTE IN CRISTALLERIA: NOMINARE IL DEPUTATO AZZURRO MAURIZIO CASASCO. MA SI È DIMENTICATO DI COORDINARSI CON LA FAMIGLIA BERLUSCONI, CHE NON L’HA PRESA BENE…

donald trump vladimir putin benjamin netanyahu volodymyr zelensky

DAGOREPORT – TRUMP HA FINALMENTE CAPITO CHE NON POTEVA PERMETTERSI, COME È SUCCESSO A FERRAGOSTO IN ALASKA, DI FARSI PRENDERE DI NUOVO PER CULO IN MONDOVISIONE DA PUTIN - L’INCONTRO DI BUDAPEST NON POTEVA ASSOLUTAMENTE FINIRE CON UN NUOVO FALLIMENTO, MA DI FRONTE AL NIET DI MOSCA A OGNI COMPROMESSO, HA DOVUTO RINUNCIARE – ORA CI SONO DUE STRATEGIE: O RIEMPIE KIEV DI TOMAHAWK, MISSILI IN GRADO DI COLPIRE IN PROFONDITÀ LA RUSSIA, OPPURE SCEGLIE LA STRADA MORBIDA CHE VERRÀ LANCIATA DOMANI DAL CONSIGLIO EUROPEO (L’INVIO A KIEV DI 25 BATTERIE DI MISSILI PATRIOT) – L’INNER CIRCLE “MAGA” LO PRESSA: “L’UCRAINA? LASCIA CHE SE NE OCCUPI L’UE” –  IN USA MONTA L’ONDATA DI SDEGNO PER LA SALA DA BALLO ALLA CASA BIANCA - LA STRIGLIATA A NETANYAHU DEL TRIO VANCE-WITKOFF-KUSHNER… - VIDEO

niaf francesco rocca daniela santanche arianna meloni claudia conte zampolli peronaci

DAGOREPORT: METTI UNA SERA A CENA…I FRATELLI D’AMERICA! -SEMBRAVA DI ESSERE IN UN FILM DEI VANZINA AL GRAN GALA DEL NIAF, 2180 INVITATI, 218 TAVOLI DA 150MILA DOLLARI OGNUNO, OCCUPATI DAI BOSS DELLE PARTECIPATE DI "PA-FAZZO CHIGI" (DONNARUMMA, CATTANEO, FOLGIERO, ETC.), JOHN ELKANN CHE HA TRASFORMATO IL GIARDINO DELL'AMBASCIATA IN UN AUTOSALONE (TRA MASERATI E FERRARI, TRONEGGIAVA UN TRATTORE!), FINANZIERI VARI E DE LAURENTIIS, IL GOVERNATORE ROCCA E SANTANCHÉ - CAUSA SHUTDOWN DEL GOVERNO USA, NON C'ERA ALCUN TIRAPIEDI DI TRUMP: DELUSI COLORO CHE SOGNAVANO, ATTRAVERSANDO L'ATLANTICO, DI BANCHETTARE CON SUA MAESTÀ "THE DONALD" E LA SUA "RAGAZZA PONPON" GIORGIA MELONI - QUELLI DEL NIAF HANNO "COPERTO" IL BUCO DELLE AUGUSTE PRESENZE INVITANDO ARIANNA MELONI, UNICO SEGRETARIO POLITICO PRESENTE, CHE HA COSÌ RICEVUTO IL SUO BATTESIMO NELL'AGONE INTERNAZIONALE - NON POTEVA MANCARE L’ONNIPRESENTE CLAUDIA CONTE CHE SI È FATTA RITRARRE INSIEME ALL’AMBASCIATORE PERONACI, GIA’ CONSIGLIERE DIPLOMATICO DI PIANTEDOSI, E A QUEL MARPIONE DI PAOLO ZAMPOLLI, INVIATO SPECIALE DI TRUMP - LA PASTA SCOTTA E L’ESIBIZIONE DEL PREZZEMOLONE BOCELLI - VIDEO

matteo salvini alberto stefani luca zaia

DAGOREPORT - LUCA ZAIA MINACCIAVA DI DIVENTARE UN SERIO “PROBLEMA” PER MATTEO SALVINI E FORSE LO SARÀ: NON POTENDO IL “DOGE”, PER ORDINE DI SALVINI IN COMBUTTA CON MELONI, GUIDARE UNA LISTA A SUO NOME, UNA VOLTA SBATTUTO A CAPOLISTA IL SUO ENTUSIASMO POTREBBE SCEMARE E LA LEGA IN VENETO CORRE IL RISCHIO DI UN SORPASSO DI FRATELLI D'ITALIA - EVENTUALITA' CHE METTEREBBE DI NUOVO IN DISCUSSIONE LA LEADERSHIP DEL "CAPITONE" - I RAS LOCALI HANNO CRITICATO PER ANNI SALVINI, SENZA MAI AVERE IL CORAGGIO DI SFIDUCIARLO. QUESTA VOLTA, TRA UN VANNACCI CHE SI PRENDE I PIENI POTERI NEL PARTITO E I MALUMORI PER LA "CESSIONE" DELLA LOMBARDIA A FDI, UN FLOP IN VENETO POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO - SE SALVINI NON RIDE IN VENETO, ELLY SCHLEIN POTREBBE PIANGERE IN CAMPANIA: IL GRILLONZO ROBERTO FICO NON ENTUSIASMA E FA INCAZZARE DE LUCA CON LE SUE LEZIONCINE ETICHE SUI CANDIDATI. TANT'E' CHE TRA I FEDELISSIMI DI DON VICIENZO È PARTITO IL FUGGI FUGGI VERSO LE SIRENE DELLA DESTRA DI POTERE...