macron meloni draghi

"COSÌ SI DISTRUGGE L'ASSE CON MACRON" - LO STUPORE DI DRAGHI, IN VACANZA A LONDRA, SULLE MOSSE DEL GOVERNO MELONI RIGUARDO LA CRISI DEI MIGRANTI – PER MARIOPIO, CHE SI ERA SPESO PER LA DISTENSIONE DEI RAPPORTI TRA I DUE, MACRON RESTA UN ALLEATO CHE L'ITALIA NON PUÒ PERMETTERSI DI PERDERE ALLA VIGILIA DI PARTITE DECISIVE SU ENERGIA E CONTI PUBBLICI - LA TESI DEI FEDELISSIMI DI DRAGHI (CHE MACRON VORREBBE ALLA GUIDA DELLA NATO) È CHE ALL'ELISEO CI SIA UNA FAZIONE ANTI-ITALIANA (CHE IN QUESTO CASO HA AVUTO LA MEGLIO…)

Alessandro Barbera per la Stampa

 

mario draghi emmanuel macron

Coerente all'istinto che ciclicamente lo fa sparire dalla scena pubblica, il bailamme fra Roma e Parigi ha un solo spettatore silenzioso: Mario Draghi. Mentre andava in pezzi l'asse diplomatico costruito con pazienza per venti mesi, l'ex premier era a Londra a godersi qualche giorno di vacanza coi nipoti.

 

Come sempre non ha mancato di tenersi informato su quel che stava accadendo.

Chi ha avuto il privilegio di accedere al suo telefono l'ha sentito stupito, quasi incredulo per gli errori di Giorgia Meloni nella gestione della Ocean Viking, se non altro per la rapidità con la quale ha dimenticato i consigli dispensati. Breve flashback: 22 ottobre, Palazzo Chigi. L'ex banchiere centrale e la leader di Fratelli d'Italia si chiudono in un salottino.

 

Per oltre un'ora Draghi spende parole sulla materia che meglio conosce: i rapporti in Europa. Invita Meloni a evitare passi falsi sia con la Francia che con la Germania. Snocciola tutte le ragioni per le quali coltivare rapporti di buon vicinato, i dossier sui quali il giudizio dei grandi elettori dell'Unione è essenziale.

 

mario draghi abbraccia emmanuel macron

L'accordo sul tetto al prezzo del gas, la riforma del Patto di stabilità, del fondo salva-Stati, la revisione del Recovery Plan, la vendita di Alitalia, il futuro di Telecom. Da qualunque angolo lo si guardi - questo il ragionamento di Draghi - «non c'è partita che l'Italia possa vincere da sola».

 

All'economista forse sfugge solo di metterla in guardia dal cul de sac più pericoloso che c'è: l'immigrazione. Fino a quel momento i contatti fra i due - e fra i rispettivi staff - era stato quasi quotidiano. L'aveva detto pubblicamente: «Sarò garante di una transizione ordinata». Ma si era anche ripromesso che quella postura da lord protettore sarebbe venuta meno il giorno dopo il passaggio di consegne. E così è stato, dicono le fonti interpellate: l'ultimo contatto fra i due risalirebbe a quel giorno. Secondo alcuni Meloni in questi giorni ha tentato di raggiungerlo al telefono, invano.

emmanuel macron mario draghi

 

L'unica certezza è che Draghi considera quello consumato in queste ore un gigantesco errore. Se c'è un alleato che l'Italia non può permettersi di perdere, è Emmanuel Macron. Perché l'agenda dei due governi è simile su molte partite. L'energia e i conti pubblici, per citare le due più importanti. Perché la Francia il più influente dei Paesi della sponda sud dell'Unione.

 

Draghi aveva dato credito a Meloni, anche nell'ultima riservatissima cena all'Eliseo, invitato da Macron. Lo aveva fatto perché convinto delle sue doti di leadership, e perché certo che se c'è un momento storico in cui sfruttare l'asse con Parigi, è questo: l'Italia e la Francia si sono vincolati attraverso un trattato intergovernativo (il patto del Quirinale) nel momento più difficile dei rapporti fra Francia e Germania. «Per decenni, e fino all'uscita di scena di Angela Merkel, l'Unione è stata governata dall'asse franco-tedesco. Dire che avessimo spostato l'asse su di noi sarebbe troppo, ma ci eravamo molto vicini», racconta uno stretto collaboratore sotto la garanzia dell'anominato.

mario draghi olaf scholz emmanuel macron sul treno per kiev

 

Sui perché del pasticcio di queste ore Draghi non si è granché interrogato. Ma chi ha lavorato con lui ha maturato una convinzione: la vicenda Ocean Viking ha portato in superficie una divisione sotterranea interna al governo francese e alla squadra di Macron. Fra chi ha costruito con convinzione l'asse con l'Italia e chi invece era scettico, soprattutto dopo la vittoria elettorale di Meloni.

 

Che ci fossero crepe all'Eliseo, a Palazzo Chigi lo avevano avvertito in un paio di occasioni dopo il voto di settembre. Prima con le parole sprezzanti della ministra degli Affari europei Laurence Boone sulla necessità di «vigilare sull'Italia», e il giorno successivo all'insediamento della Meloni, quando fino all'ultimo non era chiaro se i due si sarebbero incontrati durante la visita del francese a Roma. Il 21 ottobre, a precisa domanda, Macron aveva escluso l'incontro.

mario draghi emmanuel macron

 

Poi, sotto gli auspici del Quirinale, la decisione di accettare il faccia a faccia, seguito da una stretta di mano non troppo convinta. Un altro degli ex frequentatori di Palazzo Chigi lo dice allargando le braccia: «Se il nuovo governo voleva dare un alibi al partito degli scettici, ha centrato l'obiettivo. Speriamo sia solo un problema di inesperienza». Se l'ambizione di Draghi fosse stata esaudita, a mettere una pezza alla crisi diplomatica dal Colle oggi ci sarebbe lui. Macron, che dell'ex presidente Bce ha stima sin dai tempi in cui era ministro delle Finanze, ora vorrebbe farlo succedere a Jens Stoltenberg alla Nato.

DRAGHI MELONI

 

Ma il primo a essere poco convinto dell'ipotesi è proprio Draghi: non si sente tagliato per quel ruolo, ed è convinto che a decidere le sorti di quella poltrona non sarà l'inquilino dell'Eliseo, ma quello della Casa Bianca, che gli preferirebbe in ogni caso qualcuno più avvezzo ad assecondare i desiderata di Washington.

roberto garofoli mario draghi giorgia meloni alfredo mantovano

 

L'unico futuro che l'ex premier non disdegnerebbe è al Consiglio europeo, la cui successione è però prevista solo nel 2024. Cosa farà nel frattempo nessuno, neppure gli amici più intimi, è in grado di prevederlo. L'unico futuro che non si augura è quello di essere chiamato a rimediare agli errori della politica italiana. Sarebbe la terza volta in dieci anni.

mario draghi emmanuel macron emmanuel macron mario draghi

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…