IL RAID CHE HA UCCISO LO PORTO E’ AVVENUTO FORSE A GENNAIO MA NON È CHIARO QUANDO (E COME) LA CASA BIANCA ABBIA RICEVUTO LA CONFERMA DELLA SUA IDENTITÀ - CHI HA RECUPERATO DAI CORPI IL CAMPIONE PER L’ANALISI BIOLOGICA?

Guido Olimpio e Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”

 

Alla precisa domanda se lui e Matteo Renzi avessero discusso dei droni americani per la Libia, venerdì scorso alla Casa Bianca, Barack Obama ha risposto secco, ma abbassando gli occhi: «No, non ne abbiamo parlato». Risposta tecnicamente corretta, ma forse non completa.

GIOVANNI LO PORTO   GIOVANNI LO PORTO

 

È probabile infatti che una discussione sui Reaper (mietitori) ci fosse stata, ma di tutt’altra natura. Fonti americane suggeriscono che già in quell’occasione Obama potrebbe avere informato il premier del tragico errore, ufficialmente commesso in gennaio, quando un drone della Cia ha colpito un «importante obiettivo» jihadista, causando però allo stesso tempo la morte dei due ostaggi, Lo Porto e Weinstein.

 

Il dettaglio è interessante, ma non decisivo. Semmai testimonia dell’imbarazzo americano e della necessità di procedere per gradi, scusandosi in privato con gli alleati italiani, prima di rendere pubblica la drammatica notizia. Altra storia, ancora tutta da chiarire, è da quando l’Amministrazione americana abbia avuto certezza dei terribili effetti collaterali del raid.

 

GIOVANNI LO PORTO  GIOVANNI LO PORTO

La caccia al bersaglio di un drone è un lavoro lento, paziente, che però non assicura mai il successo al 100 per 100. Può partire dalla dritta di un informatore sul terreno, che segnala una presenza interessante e fa scattare una ricerca che può andare avanti per settimane. I «mietitori» cercano l’obiettivo e, se lo trovano, iniziano a pedinarlo, registrano ore e ore di immagini, ricostruiscono la rete sociale del target, a volte senza neppure saperne il nome.

 

È successo proprio questo con il terrorista del raid. L’intelligence Usa lo ha più tardi identificato come Ahmed Farouq, numero due di Al Qaeda per il subcontinente indiano. Ma all’inizio i servizi segreti americani avevano solo la vaga indicazione della fonte: un personaggio da tenere sotto osservazione. Così i droni lo hanno seguito, hanno individuato il suo compound, probabilmente nella regione di Datta Khel, nel Waziristan settentrionale.

 

GIOVANNI LO PORTOGIOVANNI LO PORTO

Hanno fotografato l’area, il villaggio, la presenza di civili nelle vicinanze. Poi gli analisti della Cia, lontani migliaia di chilometri, nei loro centri in Germania, in Gran Bretagna, negli Usa hanno riesaminato ore e ore di video, vagliato ogni indizio, fino a convincersi che dentro la palazzina ci fosse un qaedista e a chiedere a Washington il via all’operazione. Ma i sofisticatissimi sensori dei Predator non possono vedere tutto.

 

La versione ufficiale ribadisce che gli occhi elettronici non hanno mai scorto la presenza di due ostaggi. Unica certezza: i missili Hellfire hanno incenerito il compound, un pericoloso capo terrorista è stato eliminato. Nessuno, nei comandi americani, è sembrato rendersi conto di cosa fosse veramente accaduto. Tanto più che a fine gennaio, la jihad aveva dato la sua conferma, annunciando il martirio di Farouk e di Qari Imran.

 

WAZIRISTAN WAZIRISTAN

È stato solo a febbraio che l’intelligence ha riferito di voci nell’area tribale, secondo cui due occidentali prigionieri dei talebani erano morti in un raid, che aveva anche devastato il vicino rifugio di un comandante uzbeko, alleato dei talebani cosiddetti «buoni» cioè non coinvolti negli scontri con il Pakistan. Ma nessuno collegava ancora la voce a Lo Porto e Weinstein. La Cia in quel momento non aveva risposte ai rumors. Poteva essersi trattato di un’altra operazione, lanciata dai pachistani.

 

Forse i due cooperanti erano rimasti vittime del secondo attacco. Il sospetto che si trattasse proprio del raid americano era diventato certezza soltanto parecchie settimane dopo, una volta completata l’attenta valutazione degli attacchi, sempre grazie all’incrocio tra informazioni dal terreno e nuove immagini dei droni, alfa e omega di ogni operazione a distanza: oltre al terrorista e ai suoi complici, il «mietitore» si era portato via anche due innocenti.

 

Una coincidenza strana: il 25 marzo, il Washington Post ha riportato che il capo del Centro per l’Antiterrorismo della Cia, conosciuto solo col nome di Roger, era stato improvvisamente esautorato e sostituito. Era considerato il vero architetto della lotta ad Al Qaeda con l’uso dei droni, braccio operativo del capo della centrale di Langley, John Brennan. Ha forse pagato per l’errore?

obama drone vignettaobama drone vignetta

 

Quando però esattamente la Casa Bianca abbia ricevuto la conferma che si trattasse di Lo Porto e Weinstein non è chiaro. Chi ha recuperato dai corpi il campione per l’analisi biologica, che ci dicono le fonti, ha permesso alla Cia di stabilire la loro identità? Certo non le squadre speciali, visto che l’area tribale è impenetrabile. Forse un agente locale, mandato sul posto. E questo spiegherebbe plausibilmente la lunghezza dei tempi.

 

In quale momento e come il povero cooperante siciliano fosse finito nelle mani del gruppo terrorista che ha segnato il suo destino, probabilmente non lo sapremo mai. Bernd Mühlenbeck, il collega tedesco rapito insieme a lui il 19 gennaio 2012 e liberato nel dicembre scorso, ha raccontato che Lo Porto da più di un anno non era più con lui.

 

DRONE CON FOTOCAMERADRONE CON FOTOCAMERA

Ceduto ad altri jihadisti, forse più di una volta, trasportato in zone off limits, è stato impossibile non tanto seguirne, ma anche fiutarne con costanza le tracce per l’Unità di crisi della Farnesina, che ha coordinato il lavoro sul campo della nostra intelligence e dei diplomatici italiani impegnati nella regione. Spesso ci si è anche avvalsi dell’aiuto di altri servizi presenti nell’area, compresi quelli attivi al fianco dell’Isaf in Afghanistan.

 

Eppure un’ombra di trattativa, anche se a sprazzi e con tante zone oscure, c’è stata. Contatti ritenuti credibili in un mondo pieno di ciarlatani e doppiogiochisti, sono stati a volte creati. Numerose esche sono state lanciate. Perfino indizi che Lo Porto fosse ancora in vita sono stati ottenuti. Ma in oltre tre anni ci sono state anche lunghissime interruzioni, spesso causate dall’estrema cautela con cui i terroristi si muovono nelle aree grigie, quelle instabili, sorvegliate dal cielo e a rischio droni.

molti talebani scapparono in pakistanmolti talebani scapparono in pakistan

 

Sono terre di confine, dove la vita ha scarsissimo valore, non esiste alcuna autorità che non sia quella tribale e i jihadisti che vi trovano rifugio, tanto più se hanno con sé degli ostaggi, cercano di esporsi il meno possibile. L’ultimo contatto credibile delle autorità italiane con qualcuno che aveva un collegamento con i rapitori di Lo Porto risale all’autunno scorso, novembre probabilmente. Poi il buio, il silenzio più duro di un macigno, il lento scemare di ogni speranza. Fino all’annuncio drammatico della Casa Bianca. La lotta al terrorismo islamico deve anche pagare prezzi dolorosi.

 

 

Ultimi Dagoreport

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...

villa casa giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

DAGOREPORT - AH, CHE STREGONERIA È IL POTERE: TRAFIGGE TUTTI. SOPRATTUTTO I PARVENU. E COSÌ, DA PALAZZO GRAZIOLI, CHE FU LA SEDE INFORMALE DI GOVERNO E DI BUNGA-BUNGA DI BERLUSCONI PREMIER, SIAMO PASSATI A "VILLA GRAZIOLI" CON LA NUOVA DOVIZIOSA DIMORA DELL’EX ABITANTE DELLA GARBATELLA, DOVE OCCUPAVA CON MADRE E SORELLA DUE DISGRAZIATE CAMERE E CUCINA - UN IMMOBILE CHE STA SOLLEVANDO UN POLVERONE DI POLEMICHE: VILLA O VILLINO? COL SOLITO AGOSTINO GHIGLIA CHE AVREBBE SOLLECITATO GLI UFFICI DELLA PRIVACY DI TROVARE UN MODO PER LIMITARE LE INFORMAZIONI DA RENDERE PUBBLICHE ALLA CAMERA, IN RISPOSTA A UN’INTERROGAZIONE DELLA BOSCHI SULLA RISTRUTTURAZIONE DELLA VILLA – LA SINDROME DI "IO SO' GIORGIA E NUN ME FIDO DE NESSUNO!" HA POI TRASFORMATO LA MAGIONE NEL SUO BUNKER PERSONALE, LONTANO DAGLI SGUARDI E ORECCHIE INDISCRETE CHE INFESTANO PALAZZO CHIGI - TUTTO BENE QUANDO VENGONO CHIAMATI A RAPPORTO I SUOI FEDELISSIMI, MOLTO MENO BENE QUANDO TOCCA AGLI ALTRI, AGLI “ESTRANEI” DELLA CONVENTICOLA MELONIANA. DAL CENTRO DI ROMA PER RAGGIUNGERE “VILLA GRAZIOLI” CI VOGLIONO, IN LINEA D’ARIA, BEN 40 MINUTI DI MACCHINA. ANCHE DOTATI DI SIRENE E LAMPEGGIANTI, È “UN VIAGGIO”…. - VIDEO

simone canettieri giorgia arianna meloni

DAGOREPORT - MASSÌ, CON I NEURONI SPROFONDATI NELLA IRRITABILITÀ PIÙ SCOSSA, ARIANNA MELONI AVEVA URGENTE BISOGNO, A MO’ DI SOLLIEVO, DELL’ARTICOLO DI DEBUTTO SUL “CORRIERONE” DI SIMONE CANETTIERI - MESSA DALLA SORELLA GIORGIA A CAPO DELLA SEGRETERIA DI FDI, ARIANNA NON NE HA AZZECCATA UNA - ALLA PARI DI QUALSIASI ALTRO PARTITO DI MASSA, OGGI FDI SI RITROVA ATTRAVERSATO DA UNA GUERRIGLIA INTESTINA FATTA DI COLPI BASSI, RIPICCHE E SPUTTANAMENTI, INTRIGHI E COMPLOTTI – DALLA SICILIA (CASINO CANNATA-MESSINA) A MILANO (AFFAIRE MASSARI-LA RUSSA), FINO AL CASO GHIGLIA-RANUCCI, DOVE IL FILO DI ARIANNA SI È ATTORCIGLIATO PERICOLOSAMENTE INTORNO AL COLLO - CHE LA SORELLINA NON POSSIEDA LA ‘’CAZZIMMA’’ DEL POTERE, FATTA DI SCALTREZZA E ESPERIENZA, SE N'E' AMARAMENTE ACCORTA ANCHE LA PREMIER. E PUR AMANDOLA PIÙ DI SE STESSA, GIORGIA L’AVREBBE CHIAMATA A RAPPORTO PER LE SCELTE SBAGLIATE: SE IL PARTITO VA AVANTI COSÌ, RISCHIA DI IMPLODERE… - VIDEO