RENZI HA 75 MILIARDI DI BUONE RAGIONI PER VOTARE IN PRIMAVERA: NEL 2015 SCATTA LA TAGLIOLA DEL FISCAL COMPACT (MANOVRA DA 75 MILIARDI) E PER L’ITALIA SARA’ LA FINE

Franco Bechis per "Liberoquotidiano"

La frasetta cala tagliente come una lama nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza che definisce il quadro economico in cui si muove la legge di stabilità per il 2014. Capitoletto sulla «regola del debito». Si spiega che l'Italia ha aderito al trattato sul fiscal compact e che ha pure costituzionalizzato quel trattato con l'inserimento del «vincolo del pareggio di bilancio in termini strutturali». Le regole del fiscal compact sono note ricordate per sommi capi: prevede che il rapporto debito/ pil si riduca in ciascun anno di almeno 1/20 dello scostamento rispetto al 60 per cento del Pil calcolato sulla media dei tre anni precedenti.

Ed ecco la frasetta insidiosa: «per gli Stati membri recentemente sottoposti alla procedura di deficit eccessivo, si stabilisce un periodo di transizione di tre anni per l'applicazione della regola del debito che decorre dal momento dell'abrogazione della condizione di eccesso di deficit. Ne deriva che per l'Italia, uscita dalla procedura di deficit eccessivo in base ai dati del 2012, il primo assessment sulla regola del debito verrà effettuato nel 2015». Sono due le parole chiave di questa frasetta. La prima è «assessment», termine inglese per dire «verifica», ed è utilizzato per confondere un po' e indorare la pillola. La seconda parola è «2015».

La notizia è proprio lì: anche se solo qualche mese fa - alla fine del primo semestre 2013- l'Italia è uscita dalla procedura di deficit eccessivo, il periodo di tre anni di moratoria terminerà a fine 2014, perché nel triennio si conta anche il 2012, anno in cui l'Italia è riuscita a restare con un deficit al 3% del Pil. Conseguenza: nel 2015 già il governo italiano dovrà attenersi ai vincoli del fiscal compact. Quindi dovrà tentare di ridurre di 1/20 già quell'anno lo scostamento del suo debito pubblico dal rapporto corretto del 60% del Pil.

E cercare di tenere il deficit strutturale corrente allo 0,5% del Pil. Proviamo a tradurre in pratica, prendendo a riferimento i conti pubblici attuali. Lo scatto di quella tagliola comporterebbe una manovra di 40 miliardi di euro per la riduzione del debito e di quasi due punti e mezzo di Pil per la riduzione del deficit: 35 miliardi di euro. In tutto fanno 75 miliardi di euro nell'ipotesi peggiore. Poi possono scattare dei correttivi previsti dal trattato su entrambi i dato (deficit e debito) in grado di alleggerire la manovra, anche se con tutta probabilità non si potrà fare leva sull'indicatore più favorevole: la correzione per il ciclo economico generale.

È il ciclo italiano quello negativo, ma quello europeo e mondiale è già in ripresa, per cui il correttivo non si potrà invocare per colpe esclusivamente proprie: le manovre degli ultimi due anni hanno depresso l'economia italiana invece di aiutarla. È accaduto in modo pesante con il governo di Mario Monti, non è riuscito ad invertire quella tendenza suicida Enrico Letta. Il 2015 è davvero domani, e quel fantasma dei 75 miliardi di euro fa ben comprendere la semina di nomine di salvaguardia sia su quell'anno che su quello successivo fatta ad ampie mani dal ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni.

Più che salvaguardare da mancati tagli, è assai facile che quella riduzione lineare delle detrazioni esistenti (che scenderanno dal 19 al 18% il primo anno e poi al 17% il secondo anno) diventi automatica, e piuttosto vada a sommarsi a tagli della spesa corrente. Con prospettive di questo tipo, l'Italia ha sì e no un anno reale di vita. Un anno solo in cui cercare di ridare fiato all'Italia prima di assestare un possibile colpo del ko. E naturalmente anche un anno per cercare di trattare con il resto dell'Europa un atterraggio un po' più morbido di quello che si sta preparando.

Certo, di fronte a quella mazzata da 75 miliardi di euro ci sarebbe molto da dire sulla decisione mai messa in discussione né dal governo Monti né da quello Letta di uscire così rapidamente dalla procedura di deficit eccessivo. Allungare quella moratoria triennale era già ragione sufficiente per scegliere di restare sopra il 3% e giocarsi qualche risorsa in più per dare benzina al paese. Tanto più che si rischia comunque di sfondare quel deficit anche senza volerlo.

Ormai però il pasticcio è fatto e bisogna tenere conto della situazione reale per capire cosa è ancora possibile fare domani. Lo spauracchio dei 75 miliardi dice molto anche sulla situazione politica italiana. Perché qualsiasi partita a questo punto- quella economica come quella politica- si gioca tutta nel 2014.

Mandare in campo una legge di stabilità come quella sfornata dal governo Letta equivale a schierare la squadra dei pulcini in una finale di coppa del Mondo. Bisognerebbe prenderla con coraggio, cestinarla, e riscriverla tutta da capo a fondo. Meglio rischiare il tutto per tutto: alla peggio si sfondano i tetti nel 2014 e si va con la pancia un po' più piena alla stangata 2015. Questa condizione diventa decisiva anche per Matteo Renzi: se vuole giocarsi la partita, deve essere in grado di arrivare a palazzo Chigi e sperimentare la sua ricetta già il prossimo anno. Quello successivo gli sarà precluso.

Conterà anche potere guidare il semestre di presidenza Ue dalla plancia di comando piuttosto che dagli spalti come spettatore. Chi in quei sei mesi riuscirà a giocarsi la partita di una revisione del fiscal compact o della sua tempistica, avrà in mano le leve di governo dell'Italia dei prossimi anni. Se resta Letta, Renzi dovrà rassegnarsi ad essere un comprimario fino al 2018 e forse per sempre. A meno che non guidi le truppe verso palazzo Chigi nella prossima primavera...

 

MATTEO RENZI ALLA LEOPOLDA CON NENCINI matteo renzi lingua case e catasto IMUpassaggio di consegne enrico letta mario monti LETTA E SACCOMANNI images mario monti enrico letta

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…