L’ITALIA PUO’ ESSERE OSTAGGIO DI AUSTRIA, OLANDA E DANIMARCA? L’APPROVAZIONE DEL RECOVERY FUND RISCHIA DI SLITTARE PERCHÉ I “PAESI FRUGALI”, PRIMA DI DARE IL VIA LIBERA, DANNO BATTAGLIA SUL PROSSIMO BILANCIO PLURIENNALE UE (2021-2027): TEMONO DI PERDERE GLI SCONTI DI CUI GODONO SULLA LORO QUOTA CONTRIBUTIVA DEL BILANCIO - INOLTRE POLONIA E UNGHERIA NON VOGLIONO VINCOLARE L’EROGAZIONE DEI FONDI AL RISPETTO DELLO STATO DI DIRITTO - ITALIA E SPAGNA RISCHIANO DI PAGARE UN CONTO SALATISSIMO

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Marco Bresolin per “la Stampa”

 

CONTE E RUTTE CONTE E RUTTE

C'è un problema a Bruxelles che rischia seriamente di far slittare l'approvazione formale del Recovery Fund. E quindi di ritardare l'arrivo delle risorse. L'Europarlamento e il Consiglio sono impegnati in un braccio di ferro sul prossimo bilancio pluriennale Ue (2021-2027) che al momento sembra senza via d'uscita. E finché non c'è un accordo su questo dossier, sette Paesi hanno fatto sapere che non daranno il via libera formale al Recovery. Impedendo di conseguenza la ratifica nei parlamenti nazionali, indispensabile per iniziare l'emissione di bond comunitari con cui finanziare il maxi-piano da 750 miliardi.

 

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Da un lato ci sono Polonia e Ungheria che non vogliono vincolare l'erogazione dei fondi al rispetto dello Stato di diritto, come invece chiedono gli eurodeputati. Dall'altro ci sono i quattro Frugali (Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia), sostenuti dalla Finlandia, che tirano il freno perché temono di dover sborsare più soldi e rischiano di veder cancellati i "rebates", gli sconti di cui godono sulla loro quota contributiva del bilancio. L'Italia, al pari della Spagna e gli altri principali beneficiari del piano, rischia di pagare seriamente il prezzo dello scontro.

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La prima tranche di aiuti, a oggi prevista per il secondo trimestre del 2021, finirebbe per slittare nella seconda metà del prossimo anno. Ieri mattina l'ambasciatore tedesco, che guida il semestre di presidenza e dunque rappresenta il Consiglio al tavolo delle trattative con gli eurodeputati, ha lanciato l'allarme: «Sono estremamente preoccupato perché i negoziati stanno procedendo troppo lentamente. Senza un accordo rapido sul bilancio, rischiamo di ritardare l'adozione del Recovery».

 

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Una fonte diplomatica fissa una scadenza chiara: «Per partire a gennaio con il "Next Generation Eu" dobbiamo chiudere l'accordo sul bilancio entro metà ottobre. Altrimenti lo slittamento sarà inevitabile». Il Parlamento rispedisce al mittente le critiche. «La richiesta del Consiglio è irrispettosa e poco seria - attacca il capo-negoziatore Johan Van Overtveldt -. Sono loro a non voler ascoltare le nostre richieste. E la decisione di congelare il Recovery Fund è una loro scelta politica, non possono incolpare noi».

 

Ma ieri i sette governi sono stati chiari: «Fino a quando non chiudiamo l'accordo sul bilancio e sul meccanismo per lo Stato di diritto, non daremo il via libera necessario per poter iniziare le ratifiche nazionali». Processo che in alcuni Stati potrebbe richiedere diversi mesi: il governo olandese, alla vigilia delle elezioni politiche di marzo, ha tutto l'interesse a dilatare i tempi. Ci sono due diversi nodi che bloccano le trattative sul bilancio Ue. Il primo è prettamente economico: gli eurodeputati vogliono aumentarne il volume totale per dare più soldi ad alcuni programmi tra cui Erasmus e Horizon (ricerca). L'accordo raggiunto a luglio dal Consiglio europeo aveva fissato a 1.074,3 euro la dimensione del budget settennale.

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Secondo fonti diplomatiche, la richiesta dell'Europarlamento è di incrementare tali voci di spesa con ulteriori 113 miliardi di euro, il 10% in più. Per i governi non se ne parla proprio, soprattutto per i Frugali, che inoltre temono lo sgambetto degli europarlamentari e la cancellazione degli sconti. L'altra questione è invece legata al contenzioso sul meccanismo in grado di bloccare l'erogazione dei fondi Ue ai Paesi che non rispettano lo Stato di diritto. L'intesa raggiunta a luglio dal Consiglio europeo è stata molto vaga e aveva permesso a tutti di cantare vittoria.

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Ora però va tradotta in termini legislativi e tutti i stanno venendo al pettine. L'Europarlamento vuole un sistema più rigido che dia maggiori poteri alla Commissione per decidere lo stop ai fondi. Polonia e Ungheria chiedono invece che a decidere siano i governi all'unanimità, in modo da supportarsi a vicenda. La prossima settimana la presidenza tedesca avanzerà una proposta di compromesso. Ma l'intesa è ancora lontana. Come i fondi del Recovery.

 

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