Francesco Grignetti per “la Stampa”
La Libia è una vecchia ossessione dei nostri stati maggiori. È dal 1911 che ci confrontiamo con lo «scatolone di sabbia» che si trova al di là del mare; un secolo dopo, rieccoci qui. Dato che ora si parla di un nuovo intervento militare, però, le forze armate sono costrette a guardarsi dentro e a fare i conti con la realtà.
La Difesa è reduce da un quinquennio di severi tagli al bilancio. Il che significa che molti mezzi - aerei, navi, blindati - sono usurati al limite del possibile. L’Afghanistan, poi, ha rappresentato un banco di prova dove i reparti dell’Esercito si sono ormai definitivamente rodati, ma dove anche sono stati divorati miliardi di euro. Non è ancora terminato il grande rientro degli automezzi da Herat, per dire, e nessuno immaginava di dover rischierare una brigata in assetto da guerra.
Di brigate operative, «in prontezza», non ne abbiamo molte, sia chiaro. Sulla carta sono nove; ma bisogna considerare chi è appena rientrato dalla missione, chi si sta preparando a un altro scenario... Non ci mancano 5000 soldati da mandare in missione, ovviamente, considerando però che si tratterebbe di una missione ad alto rischio, e che ci si potrebbe confrontare con milizie molto numerose, bene armate (ma senza armamento pesante), fortemente mobili sul territorio, si immagina che toccherebbe alla brigata paracadutisti «Folgore» integrata da aliquote di forze speciali. Non si può dimenticare poi che la brigata meccanizzata «Pinerolo» è schierata in Libano e che metà della «Garibaldi» si trova in Afghanistan.
SOLDATI ITALIANI IN AFGHANISTAN copyright L'ESPRESSO
Un intervento militare non potrebbe prescindere dalla Marina militare che dovrebbe garantire il trasporto e una primissima copertura aerea. Indispensabile sarebbe quindi la portaerei «Cavour», con gli aerei Harrier a decollo verticale, e le grandi navi Lpd San Giorgio, San Marco e San Giusto. Anche il centro di comando e controllo sarebbe inizialmente in mare, come avvenne in passato per il Libano, l’Iraq o per la Somalia. La guerra moderna infatti non può prescindere dall’integrazione delle informazioni e delle immagini, che alle forze armate italiane non mancherebbero grazie ai droni Predator e al satellite geostazionario Cosmo-Skymed.
SOLDATI ITALIANI IN AFGHANISTAN copyright L'ESPRESSO
I Predator rinviano al ruolo dell’Aeronautica: Tornado, Amx e Eurofighter sono i jet italiani. Le basi più prossime al Nord Africa sono in Sicilia e in Puglia. Sono egregiamente in esercizio e, come insegna la guerra aerea in Libia del 2011, sono in grado di garantire un eccellente copertura dal cielo con bombardamenti davvero chirurgici (grazie ancora al sistema di sorveglianza dal cielo). Tornado e Amx prossimamente saranno sostituiti con i contestati F35. Ma questa è un’altra storia.
SOLDATI ITALIANI IN AFGHANISTAN copyright L'ESPRESSO Soldati italiani in Nassirya Soldati italiani in Nassirya soldati italiani afghanistan SOLDATI ITALIANI IN AFGHANISTAN copyright L'ESPRESSO