Dalla rubrica delle lettere al “Corriere della Sera”
Caro Cazzullo, concordo su quanto scritto da lei e ribadito da Franco Fava ( Corriere , 31 gennaio). Noi atleti del secolo scorso abbiamo avuto un’unica etica sul campo e fuori campo improntata sulla riconoscenza allo Stato che aveva reso possibile la nostra carriera sportiva. Sarebbe interessante conoscere se il mondo sportivo italiano ritiene normale avere residenza all’estero.
Livio Berruti
Risposta di Aldo Cazzullo - Estratti
Caro Berruti, giro la sua domanda ai capi dello sport italiano. Non a me, ma a lei, l’eroe di Roma 1960, non potranno non rispondere. Colgo l’occasione per spiegare ai lettori più giovani del Corriere (sono moltissimi, a differenza di quel che si pensa) chi sia stato Livio Berruti. Prima di lui, l’Italia nello sprint non aveva vinto nulla. Mio padre mi raccontava l’emozione e l’orgoglio con cui fu accolta la sua splendida volata olimpica sui 200 metri, davanti agli americani e al resto del mondo.
Fu la consacrazione di un’Olimpiade magica. L’Italia usciva dall’umiliazione della guerra. Cresceva in modo disordinato, affluente, caotico: l’aeroporto di Fiumicino, ad esempio, non fu terminato in tempo per i Giochi. Ma i nostri genitori e i nostri nonni provavano la meravigliosa sensazione di andare dal meno al più. Erano convinti che il futuro sarebbe stato migliore del presente, che figli e nipoti avrebbero vissuto meglio di loro, e questo pensiero non li ingelosiva ma li rendeva felici.
(...)
MA SINNER NON È FURBACCHIONE
Da “Posta e risposta – la Repubblica”
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Caro Merlo, brevemente le riscrivo su Sinner per farle notare che la residenza fiscale a Montecarlo non è stata messa sotto accusa dai soliti, acidi populisti e giustizialisti, ma da Aldo Cazzullo, che è il suo stimatissimo “dirimpettaio”, che cura la posta sul Corriere della Sera . Lei ha ragione: Sinner non può essere assimilato agli evasori come furono, aggiungo io, Valentino Rossi e Maradona. Ammetta però che un po’ furbacchione lo è.
Anna Rita Fazio – Pescara
Aldo Cazzullo, che è un fuoriclasse del giornalismo, non è acido né giustizialista, ed è vero che il reato di evasione offende la disperazione del Paese impoverito. Ma Sinner, fino a prova contraria, non ha evaso, non si conoscono suoi contenziosi con il fisco, non è accusato di nulla e il paragone con Valentino Rossi e Maradona è ingiusto. Sinner è uno dei tanti che hanno scelto di vivere all’estero per comodità e per convenienze, anche fiscali.
“Furbacchione” nel codice nazionale non è l’italiano che lavora sodo e bene, ma quello che salta le code e parcheggia in seconda fila, quello che eleva a pedagogia il fregare il prossimo, quello della prepotenza e non della solidarietà, quello affascinato dai delinquenti, quello che si gira dall’altra parte, quello che froda il fisco e non paga le tasse. Sinner non somiglia all’Italia malandrina e non dovrebbe essere additato come furbacchione dalla “polizia morale”.
A furia, infatti, di sentirselo dire, gli italiani finiranno con il credere che davvero si sia rifugiato con il malloppo a Montecarlo dove gli evasori italiani non vengono puniti e dove i ricchi non pagano tasse. Non mi pare che Sinner abbia scelto l’illegalità, non fa parte di quegli evasori che il viceministro Leo vorrebbe acchiappare nei social come il generale Dalla Chiesaacchiappava i terroristi nei covi. Mettiamola così: io, che personalmente non lo conosco, ci resterei male se si rivelasse un furbacchione.
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