yannick vincent bollore marina silvio berlusconi

IL BISCIONE DEL DOMANI - MARINA B. SPINGE SUL PADRE: VENDI MEDIASET IL PRIMA POSSIBILE. PIÙ PASSA IL TEMPO E PIÙ I CONCORRENTI DIGITALI SI FANNO AGGUERRITI E PIÙ IL GOVERNO GRILLINO AVRÀ LA TENTAZIONE DI SEGARE LA RACCOLTA PUBBLICITARIA - L'AZIENDA STA PER CHIUDERE LA CESSIONE DI PREMIUM A SKY, E OVVIAMENTE A BOLLORÉ NON CHIEDE PIÙ L'ESECUZIONE DEL CONTRATTO (L'ACQUISIZIONE DI PREMIUM) MA I DANNI - FININVEST A DAGOSPIA: "CONTRARIAMENTE A QUELLO CHE AVETE SCRITTO, MARINA BERLUSCONI RITIENE UN’IDEA TOTALMENTE SENZA SENSO QUELLA DI VENDERE MEDIASET"

Riceviamo e pubblichiamo:

 

Caro Dago,

contrariamente a quello che avete scritto, Marina Berlusconi ritiene un’idea totalmente senza senso quella di vendere Mediaset. E di conseguenza non ha mai fatto alcuna pressione di alcun genere sul padre.

Cordiali saluti,

Ufficio Stampa Fininvest

 

1. MARINA B. PREME IL PADRE: VENDI MEDIASET, DA QUI IN POI SI PUÒ SOLO CALARE

marina e silvio berlusconi

DAGONEWS - Marina B., figlia prediletta del Cavaliere, preme per vendere Mediaset il prima possibile. L'azienda è sana, viene dal trionfo dei Mondiali, fa ascolti anche nel ginepraio dei canali ''minori'' del digitale terrestre, e si sta liberando del macigno Premium. Certo, non come avrebbe voluto, ovvero smollandolo a Bolloré a caro prezzo. Quel piano si è infranto quando gli altri soci Vivendi hanno visto i conti della pay tv e de Puyfontaine ha detto ''mi avevate promesso una Ferrari, mi sono ritrovato una Punto''.

 

Di sicuro, meglio di così è difficile che vada: davanti al Biscione ci sono molte strade, e quasi nessuna è illuminata. Netflix e le altre dello streaming rosicchiano spazio, i grillini al governo promettono sfracelli sulle quote pubblicitarie, e Sky è diventata di fatto monopolista del calcio e del settore ''alto''.  

CONFALONIERI PIERSILVIO BERLUSCONI

 

Come se non bastasse, ormai l'azienda non è più strumentale alla battaglia politica del padre. Forza Italia è in crisi, Silvio tradito da Salvini non ha più la forza o la voglia di ripartire per l'ennesima campagna di riconquista del consenso (ma non è mai una decisione definitiva: chi ha scommesso sulla fine di B. finora ha sempre perso). Insomma, non è detto che sarà nell'ambito di quella ''Netflix del Sud Europa'' sognata da Bolloré, visto che la battaglia giuridica ed economica col finanziere bretone è ancora aperta, ma il destino pare segnato.

 

 

PIERSILVIO BERLUSCONI E FEDELE CONFALONIERI

2. BERLUSCONI RADUNA I DIRIGENTI: ACCORDO SU PREMIUM

Andrea Biondi per ''Il Sole 24 Ore''

 

La parola definitiva Pier Silvio Berlusconi l' ha detta lunedì, nel corso di una riunione convocata ad hoc con la sua prima linea. A quanto ricostruito dal Sole 24 Ore, parlando con i suoi più stretti collaboratori il vicepresidente e amministratore delegato di Mediaset ha dato ufficialità all' intenzione di esercitare l' opzione di cessione a Sky della società R2: la cessione della "piattaforma" su cui gira Premium. Come anticipato sul Sole 24 Ore di venerdì scorso, la finestra per l' opzione si apre l' 1 novembre e l' intenzione di Mediaset sarebbe di esercitarla subito o comunque nei primi giorni del mese.

 

«Ultima tappa, missione compiuta» ha esordito Pier Silvio Berlusconi davanti ai suoi collaboratori. La cessione della R2 controllata al 100% da Mediaset, avrebbe spiegato l' ad ai suoi, va inquadrata come l' ultima tappa di un processo che ha visto il cambiamento radicale dell' assetto di Premium, nel solco di quella digital transformation della pay tv annunciata nel piano "Mediaset 2020" di Londra, necessario «dopo il dannosissimo voltafaccia di Vivendi».

 

mediaset premium

In effetti, Premium nel 2016 era stata ceduta al 100% e inserita nell' orbita di Vivendi-Telecom. Ma dopo la rottura a sorpresa, Mediaset ha dovuto correre ai ripari in emergenza lanciando a Londra il progetto "light pay tv" con la possibilità di rinunciare al calcio. Cosa diventata realtà dopo la conquista da parte di Sky dei diritti per la Champions ed Europa League per il triennio 2018-2021 e, ancora di più, dopo l' asta dei diritti per la Serie A con condizioni giudicate da Cologno troppo dure.

 

Risultato: la fuga dal calcio pay per Mediaset è diventata realtà ed è iniziato il "reshaping" della pay tv.

Durante la riunione l' ad di Mediaset sarebbe poi stato didascalico anche con i suoi collaboratori nel ripetere il perimetro in cui ci si muove, con una vendita che non riguarda Premium, ma l' infrastruttura su cui poggia il tutto. Mediaset, insomma, resta editore dei canali cinema e serie a pagamento visibili su tutte le piattaforme e continuerà ad avere la titolarità degli abbonati. Quello di cui il Biscione non si occuperà più è la parte gestionale.

bollore de puyfontaine

 

Il tutto all' interno di un accordo complessivo, siglato il 30 marzo, con vantaggi per Mediaset come per Sky. I canali di cinema e serie Premium sono diventati visibili sulla piattaforma Sky e i canali free di Mediaset lo diventeranno da gennaio 2019 (Canale 5 lo è già). Il che significa più prodotto per gli abbonati Sky e maggiore audience per Cologno oltre ai benefici economici (impatto positivo sull' Ebit per 60-70 milioni l' anno). Sky, dal canto suo, ha potuto lanciare la sua offerta sul digitale terrestre e con un reverse outsourcing agreement passerà a ospitare l' offerta pay di Premium dopo il closing. Conditio sine qua non è comunque l' ok incondizionato dell' Antitrust. E il passaggio è variabile sicuramente delicata.

 

L' ad Mediaset con i suoi ha intanto parlato di «un' operazione virtuosa» con effetti positivi sul bilancio consolidato di Mediaset «senza impatti né sull' occupazione né sui nostri abbonati». In questo modo «l' area Premium chiuderà il 2018 con risultati molto migliori del previsto». Raggiungendo «già nel 2019 l' equilibrio definitivo promesso al mercato per il 2020». Il che, dalle parole dell' ad Mediaset, sembrerebbe voler dire il tanto atteso break even.

 

 

3. MEDIASET PUNTA SUI DANNI CONTRO VIVENDI

Da ''Il Sole 24 Ore''

 

Mediaset rinuncia a chiedere a Vivendi l' esecuzione del contratto su Premium. Come era ovvio, del resto, dopo che questa primavera, a due anni dall' accordo disatteso con i francesi, il Biscione ha deciso di risolvere la questione della pay-tv con uno scambio di contenuti e la cessione della piattaforma infrastrutturale a Sky.

vincent bollore

 

Nelle memorie depositate quest' estate per la causa in corso con Vivendi, i legali di Mediaset hanno di fatto aggiornato le rivendicazioni, alla luce delle risoluzioni aziendali, soprassedendo sulla prima richiesta - che era appunto l' esecuzione del contratto - e passando direttamente alla pretesa di risarcimento danni che, insieme con quella di Fininvest, arriverebbe intorno ai 3 miliardi.

 

I rapporti con Vivendi restano relegati perciò al piano del contenzioso, dopo i tentativi andati a vuoto di riformulare un' intesa che coinvolgesse anche Telecom. Non avrebbe prodotto risultati neanche l' ultimo tentativo di mediazione a opera di Tarak Ben Ammar che era stato il sensale dell' accordo definito nel contratto dell' 8 aprile 2016 che, oltre al passaggio di Premium a Vivendi, prevedeva uno scambio azionario del 3,5% tra i due gruppi.

 

L' udienza al Tribunale civile di Milano, che doveva tenersi il 23 ottobre, è slittata al 4 dicembre (ore 12.15) per concedere più tempo al giudice Daniela Marconi, che è subentrata al collega Vincenzo Perozziello, ritiratosi in pensione. La causa è seguita per Mediaset dallo studio Mariconda e per Vivendi da Giuseppe Scassellati, partner dello studio Cleary Gottlieb.

 

 

Ultimi Dagoreport

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...