CARIGE, E GLI AZIONISTI FANNO LE VALIGE - NESSUNO VUOLE METTERE SOLDI NELLA BANCA, MA SERVONO 800 MLN

Carlotta Scozzari per "Il Fatto Quotidiano"


La gente dove li prende i soldi? Va a rubare?". Le domande che il presidente di Carige, Giovanni Berneschi, si poneva all'inizio di giugno rendono bene l'idea delle difficoltà a reperire risorse che la banca genovese sta attraversando in questa fase. Il piccolo istituto di credito ligure, quotato in Borsa e blindato per il 47 per cento dalla Fondazione Carige, è alle prese con una rafforzamento patrimoniale da 800 milioni, da chiudere entro il 2013, che è stato il risultato dell'azione congiunta di tre authority finanziarie.

Innanzitutto, la Banca d'Italia, che negli ultimi mesi ha inviato a Genova dieci "super ispettori" e ha chiesto di rafforzare gli accantonamenti prudenziali sulle partite deteriorate (nel 2012 le rettifiche sui crediti sono balzate da 118 a quasi 450 milioni). Ma si sono mosse anche la Consob, che ha impedito la contabilizzazione a bilancio di alcuni benefici legati alla controllata Carige Italia, e l'Isvap (da gennaio Ivass), che ha sollecitato una ricapitalizzazione da 216,5 milioni per la controllata Carige Assicurazioni legata soprattutto a carenze nelle riserve.

Ora, il problema è che la Fondazione Carige, presieduta da Flavio Repetto, non ne vuole sapere né di diluirsi nel capitale (poco importa se Bankitalia stia continuando a spingere per un disimpegno degli enti nelle banche ), né, tantomeno, di aprire i cordoni della borsa. Del resto, l'ente genovese, sebbene fino all'anno scorso sia stato ricompensato da lauti dividendi, negli ultimi cinque anni ha speso 700 milioni per restare al 47 per cento. Così, il consiglio di amministrazione della banca ha stabilito che la ripatrimonializzazione da 800 milioni sarà realizzata in prima battuta attraverso un processo di dismissioni, che troverà il suo snodo centrale nella cessione delle attività assicurative, e solo in misura residuale con un aumento di capitale.

In questa chiave vanno interpretate le parole pronunciate da Berneschi, che ha voluto sottolineare che l'aumento di capitale dovrebbe rappresentare la parte minima del rafforzamento patrimoniale, visto che in giro non ci sono soldi, se non - a suo dire - da rubare.

In effetti Berneschi, che nei mesi scorsi aveva sondato senza successo parecchi investitori, ne sa qualcosa di come almeno per il momento non sembri esserci nessuno disposto ad affiancare la Fondazione e i francesi di Bpce (al 10 per cento) nel capitale della banca. Né lo Ior, né la Fondazione Crt, che nel 2011, piuttosto che diventare azionisti, decisero di vendere le obbligazioni convertibili che avevano in portafoglio; né la Fondazione Cr Lucca, come qualcuno aveva ipotizzato.

Proprio l'attivismo del settantaseienne Berneschi per trovare nuovi azionisti ha irritato l'ottantaduenne Repetto, scatenando una battaglia per il potere tra i due che, almeno per il momento, sembra essere stata vinta dal numero uno della Fondazione. Tant'è che il presidente di Carige, da sempre grande leader carismatico della banca, negli ultimi tempi è rimasto piuttosto defilato, cedendo il palcoscenico al direttore generale Ennio La Monica. Ma chi conosce bene Berneschi assicura che la partita potrebbe riservare nuovi colpi di scena.

Intanto però, il tempo stringe e nessuna cessione si è ancora concretizzata. Per la vendita della divisione del risparmio gestito è stata concessa l'esclusiva ad Arca Sgr fino al 9 agosto, ma l'operazione renderà appena 80 milioni. La dismissione del 20,6 per cento dell'Autostrada dei fiori, a bilancio per 87 milioni, sembra essere in alto mare. E poi ci sono le due controllate Carige Assicurazioni e Carige Vita Nuova, che la banca spera di vendere entro settembre per 400-600 milioni. Troppo, dicono gli addetti ai lavori, visti i tempi che corrono.

Nel frattempo, anche per la Fondazione Carige tira vento di cambiamento: con il recente passaggio del comune di Imperia al centro-sinistra, il peso del centro-destra declinato in salsa scajoliana (Alessandro Scajola, fratello dell'ex ministro, è vice presidente di Carige) è destinato a scendere sempre di più all'interno dell'ente.

 

 

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