CHE MONDO SAREBBE, SENZA NUTELLA? UN MONDO MENO GRASSO, PROBABILMENTE! - NEGLI USA, FERRERO HA DOVUTO PAGARE 3 MLN $ A UNA CLASS ACTION DI CONSUMATORI PER PUBBLICITÀ INGANNEVOLE - NEGLI STATI UNITI, A DIFFERENZA CHE IN EUROPA (DOVE OGNUNO PUÒ DIRE SCEMENZE QUASI INDISTURBATO), LE AZIENDE HANNO IL TERRORE DI ESSERE MULTATE PER LE PUBBLICITÀ ESAGERATE - È TOCCATO ANCHE A DANONE E A BARILLA…

Roberta Scagliarini per il "Corriere Economia - Corriere della Sera"

Multe, etichette da rifare, campagne pubblicitarie da correggere. La conquista di nuovi consumatori si fa più complicata per le multinazionali a caccia di ricavi e clienti. Nei giorni scorsi la commissione Ue, ha pubblicato una prima lista di 222 messaggi sui benefici per la salute ammessi nell'informazione pubblicitaria dei prodotti alimentari. È una prima mossa contro la prassi della pubblicità ingannevole ma riguarda solo il settore alimentare ed è poca cosa rispetto al potere di tutela dei consumatori che hanno in Usa le organizzazioni dei consumatori e la Federal Trade Commission.

La prima grande azienda italiana a fare le spese del divario culturale e regolamentare in tema di pubblicità negli Usa è stata la Ferrero.
«Il lancio di Nutella in Usa - spiega l'ultimo bilancio consolidato - ci ha permesso di raddoppiare la misura dell'azienda locale, creando una base di clientela di sedici milioni di casalinghe, seconda solo al mercato italiano».

Ma è stata proprio una di queste casalinghe, Athena Hohenberg, che dopo aver scoperto che Nutella è grassa ha promosso una class action contro il gruppo piemontese. Con Athena, Ferrero ha preferito scendere a patti sborsando un risarcimento di 3 milioni di dollari. «Ferrero - precisa l'azienda - ha raggiunto negli Stati Uniti un accordo transattivo con i promotori della class action; non si tratta quindi di multa. Questo accordo è relativo alla pubblicità trasmessa negli Stati Uniti ed alla conformità di quest'ultima alle esigenze della legislazione americana».

In Nord America le sanzioni milionarie per pubblicità ingannevole sono all'ordine del giorno. Oltre a Ferrero ne hanno fatto le spese diverse multinazionali del largo consumo: Danone ha sborsato 21 milioni di dollari per Activia, la Reebok 25 milioni, Kellogg's 3 milioni, le case farmaceutiche Bayer e Walgreen, rispettivamente 3 e 6 milioni.

Nonostante il contesto diverso, la vicenda americana, per la reputazione del gruppo di Alba è stata pesante. «Noi non promuoviamo i nostri prodotti come salutari ma come apportatori di emozioni uniche - precisa Ferrero - Inoltre, benché non sia mai stata provata l'esistenza di un legame diretto tra la pubblicità e i comportamenti alimentari dei bambini l'azienda si impegna a livello globale a non pubblicizzare i propri prodotti a un pubblico costituito prevalentemente da bambini di età inferiore ai 12 anni (per più del 50% dal 2012 e per più del 35% dal 2013)».

Il potere di intervento dei consumatori e delle autorità sulle campagne pubblicitarie nel Vecchio Continente è limitato, dicono gli esperti, e le regole differiscono da paese a paese, creando confusione. I cosiddetti big spender solo in qualche caso hanno dovuto correggere il tiro e le sanzioni sono talmente ridotte che spesso vengono computate in anticipo nel budget delle campagne.

In Italia tutti i principali gestori di telefonia (Tim, Wind, Vodafone, Poste Mobile) sono finiti sotto il maglio dell'Antitrust più volte senza particolari danni d'immagine. Come Ferrarelle, Bioscalin, Kilokal ed Eminflex. Dercos de l'Oreal in Gran Bretagna è stata multata per 200 mila euro per le esagerazioni sulla cura della calvizie.

Ferrero ha cambiato etichetta della Nutella in Germania dopo una sentenza dell'Alta corte di Francoforte. Anche Barilla di recente ha dovuto cambiare l'etichetta di un prodotto. È accaduto sui pacchetti della linea Piccolini, la pastina e i sughi per i bambini, che era stata messa sotto accusa dalla Plasmon in una pubblicità comparativa perché non adatta alla prima infanzia. Barilla ha vinto il ricorso contro la campagna della Plasmon ma ha corretto l'etichetta specificando che i Piccolini sono adatti «dai tre anni in su».

«Era una decisione che avevamo preso prima dell'intervento di Plasmon - commenta l'azienda - e lo abbiamo dimostrato anche in tribunale». Lo scorso anno invece l'Antitrust ha comminato al gruppo emiliano una multa da 120 mila euro per la campagna ingannevole dei prodotti Alixir propagandati per le loro qualità antiossidanti come elisir di lunga vita.

«Abbiamo riformulato l'etichetta - spiega un portavoce - anche se eravamo e restiamo convinti di avere ragione». Il gruppo aveva investito molto nel 2007 per il lancio di Alixir ma pochi mesi fa ha dovuto alzare bandiera bianca: la linea dei prodotti antiossidanti con la tipica confezione tutta nera è stata ritirata dal mercato. Non è facile difendere una brand identity costruita sul concetto di dieta mediterranea, di salute e corretta nutrizione, ma è lo scopo di Barilla. «Per noi la reputazione è tutto - spiega il portavoce - i marchi passano la reputazione resta, Barilla ritiene che la correttezza e la trasparenza della comunicazione facciano parte del modo di fare impresa e della storia del gruppo».

Sia Ferrero sia Barilla salutano come benvenuta la regolamentazione Ue sulle etichette. «Ci fa piacere che ci sia una sensibilità maggiore a diffondere una informazione corretta e un livello di controllo adeguato - dicono in Barilla - riteniamo giusto che tutti gli operatori rispettino i consumatori». «Abbiamo accolto con soddisfazione le norme europee per l'etichettatura dei prodotti alimentari - fanno eco dalla Ferrero - siamo favorevoli a dare al consumatore tutte le informazioni atte a compiere scelte consapevoli».

 

Michele FerreronutellaBARILLADanone

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