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IL CLIMA IN TIM È SEMPRE SERENISSIMO - GUBITOSI: ''NON ESISTONO CATTIVE IMPRESE MA CATTIVI MANAGER. PER IL 2019 LA SFIDA È DIVENTARE UN'AZIENDA NORMALE'' - IL CDA FA QUADRATO INTORNO A FULVIO CONTI MENTRE UN FONDO CHIEDE LE DIMISSIONI DI YANNICK BOLLORÉ, CAPO DI VIVENDI E FIGLIO DI VINCENT

 

  1. TIM: GUBITOSI, SFIDA 2019? DIVENTARE UNA AZIENDA NORMALE

 (ANSA) - La sfida di Tim per il 2019 sará quella di "diventare una azienda normale". Lo ha ribadito l'amministratore delegato di Tim, Luigi Gubitosi, a margine a Milano di un evento del Corriere della Sera - L'Economia, rispondendo ad una domanda dei giornalisti all'indomani del cda sulla governance.

 

  1. GUBITOSI, NON ESISTONO CATTIVE IMPRESE MA CATTIVI MANAGER

LUIGI GUBITOSI

 (ANSA) - "Non esistono cattive aziende, esistono cattivi manager". Cosí l'amministratore delegato di Tim, Luigi Gubitosi, nel corso del suo intervento durante l'evento del Corriere della Sera - L'Economia. "La vera sfida - ha aggiunto - è sul capitale umano. Il Piano industriale è l'ossessione degli analisti e dei giornalisti ma è solo un insieme di idee, non c'è business plan che resista all'impatto con il mercato.

 

 La sfida é capire come crescere e sfruttare il capitale umano. Per crescere devi fare una buona squadra, portare dentro chi riesce a portare qualcosa. Si può crescere anche in momenti difficili, pensate cosa fareste in momenti facili. Le imprese italiane sono resilienti ma il sistema intorno, il governo dovrebbe aiutarle a lavorare meglio. Ci si renderà conto che quando cresce la ricchezza è più facile distribuirla. Per questo bisogna sostenere le imprese".

 

 

  1. TIM, IL CDA FA QUADRATO SU CONTI MENTRE UN FONDO ATTACCA VIVENDI

Francesco Spini per ''la Stampa''

 

YANNICK E VINCENT BOLLORE

Il cda di Tim, a maggioranza, difende il presidente Fulvio Conti. Respinge al mittente le accuse di Vivendi e le censure del collegio sindacale sul presunto mancato rispetto del principio di collegialità in occasione della preparazione della riunione che, il 13 novembre scorso, ha portato alla sfiducia di Amos Genish, a cui è successivamente subentrato come ad Luigi Gubitosi.

 

«Tutte le decisioni - scrive il consiglio a conclusione della relazione passata col voto dei 10 consiglieri espressione della lista Elliott e con il «no» dei 5 nominati dai francesi - sono state assunte in ambito collegiale, nel solo interesse della società e senza che possa ravvisarsi alcuna situazione di conflitto di interessi». Inoltre, si prosegue, «l' attività del presidente è stata conforme ai doveri di istruzione e guida dei lavori consiliari e non sussiste alcuna ragione che possa metterne in discussione l' indipendenza».

 

Il presidente resta saldo in carica così come viene confermata la fiducia a Gubitosi.

fulvio conti

Questo nonostante dietro le quinte continuino a circolare voci secondo cui il tema della presidenza potrebbe tornare d' attualità dopo l' assemblea e già ora sarebbero in corso manovre. Genish sarebbe felice.

 

Alla domanda dei cronisti su eventuali dimissioni di Conti risponde, sospirando: «Magari!». Non si è dimesso ieri, il presidente, difficilmente lo farà anche dopo l' assemblea.

E perché mai? Dopotutto nella relazione del consiglio si dice che il fatto che Conti abbia avuto consultazioni «con alcuni consiglieri» e non con tutti, e pure «con la partecipazione dei consulenti legali esterni» prima del fatidico cda è «fisiologico e appropriato rispetto ai doveri» che la carica di presidente comporta. Secondo il cda «è fuori luogo parlare di sedute ombra» ed è «falso che ad esse abbiano partecipato esponenti e consulenti di Elliott».

 

Casomai il consiglio stigmatizza come Vivendi abbia «ripetutamente» riportato «in maniera non fedele» in un suo comunicato stampa i rilevi dei sindaci «arrivando addirittura a modificarne, virgolettandole, le parole». Ora la battaglia di Vivendi si sposta dal cda all' assemblea, dove il 29 marzo le sue chance di vittoria sono in verità ridotte dopo che i tre principali consulenti dei fondi per il voto assembleare (ovvero Iss, Frontis e Glass Lewis), si sono tutti espressi in toni decisi contro la proposta di revoca di 5 consiglieri presentata dai francesi.

cyrill vincent e yannick bollore

 

 I quali, nel frattempo - ironia del destino - si trovano insidiati in casa loro. Non è Elliott a passare all' attacco (come da tempo teme Vincent Bolloré) ma un altro fondo attivista, tale Phitrust Active Investors France, azionista di minoranza di Vivendi. Il fondo ha chiesto di inserire all' ordine del giorno dell' assemblea del 15 aprile la revoca del presidente del consiglio di sorveglianza del gruppo francese, Yannick Bolloré, primogenito succeduto a Vincent, adducendo problemi di governance alla guida del gruppo. Nel mentre il patriarca dopo il passo indietro (più che altro formale, dicono) dalla guida di Vivendi, fa lo stesso in Bolloré Group, dove ha lasciato il timone nelle mani del figlio Cyrille.

 

 

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