maria elena boschi pier luigi stefania madre fratello emanuele

ETRURIA, COME PUO’ UNA BANCHETTA DI PROVINCIA METTERE IN CRISI IL SISTEMA – FINANZA ALLEGRA E PRESTITI AI SOLITI NOTI: 185 MILIONI L’ESPOSIZIONE DEI MEMBRI DEL CDA – CHI CONTROLLAVA I RISCHI? EMANUELE BOSCHI, FIGLIO DEL VICE PRESIDENTE E FRATELLO DI MARIA ELENA – PRESIDENTE PER 30 ANNI E’ STATO ELIO FARALLI, MASSONE. HA LASCIATO A 87 ANNI

 

Andrea Greco per Affari&Finanza – la Repubblica

 

protesta dei risparmiatori davanti banca etruria  11protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 11

Una storia molto italiana, Banca Etruria. Piccola, ma capace di scuotere a fondo il governo, il Pd, il sistema creditizio e i suoi controllori Bankitalia e Consob. Un caso tipico di "paziente zero", in cui consorterie locali (anche in versione massonica perché Arezzo è la città in cui è vissuto tranquillo Licio Gelli), controlli collusi o impotenti, politica interessata o distratta, concorrono a rovinare l' istituto da cui tutto cominciò, nella circolarità quasi assoluta dei comportamenti e degli interessi. Nessuno è terzo, tutti sono coinvolti, con piccoli o grandi cure da sostenere.

 

E' l' allegra finanza della provincia italiana, il paese in cui - come avevano ragione i saggi del passato! - «la rivoluzione non si farà mai, perché alla fine ci conosciamo tutti». L' epilogo della Banca popolare dell' Etruria e del Lazio, nata nella "città dell' oro" nel 1882 e terminata mercoledì scorso con l' onta del cambio di nome - i nuovi padroni di Ubi, che l' hanno pagata un euro, la incorporano con insegna "Banca tirrenica spa" - e le polemiche politiche che rinfocolano, sono un' occasione preziosa per analizzarne gli aspetti critici, comuni a una decina di crisi creditizie del paese che «aveva un sistema bancario solido», come hanno ripetuto a disco rotto negli ultimi dieci anni tutti i presidenti del Consiglio, i ministri, i banchieri centrali e non centrali di turno.

 

LICIO GELLI LICIO GELLI

Non era vero per troppi istituti: come Monte dei Paschi, le tre banche messe in risoluzione con Etruria, Carige, le ex popolari di Vicenza, Montebelluna, Marostica, svariate piccole Bcc. E il credito è quel particolare settore in cui, vivendo gli intermediari di fiducia reciproca e dei depositanti, la moneta cattiva scaccia la buona: basta una piccola crisi per fare danni a tutti.

 

Lo si è visto il 22 novembre 2015, quando la risoluzione coatta - negoziata con Bruxelles - proprio di Banca Etruria (insieme a Banca Marche, Carichieti e Cariferrara), oltre ad azzerare il capitale dei loro azionisti e 788 milioni di loro obbligazionisti subordinati, ha sprofondato le banche quotate a Piazza Affari ai minimi del periodo, causando gravi fughe di depositi a Siena, Vicenza, Montebelluna, che proprio allora hanno iniziato a sbandare, forse senza ritorno, verso il salvataggio a spese dello Stato in vista nelle prossime settimane.

 

elio farallielio faralli

Ebbe un bel dire Fabio Panetta, vice direttore generale di Bankitalia e ufficiale di collegamento con l' Eurosistema, che le quattro banche ponte rappresentavano «solo l' 1% degli attivi bancari italiani». Erano, invece, una storia di tutti, "una storia italiana": e ci sono voluti due anni di patimenti e 6 miliardi di euro, versati dagli istituti concorrenti, per tamponare la falla fino alla vendita attuale senza corrispettivo.

 

PERCHÉ FINISCE NEI GUAI

La crisi di Banca Etruria è stata una sorpresa solo per chi guardava altrove, o non voleva vedere. L' istituto era arroccato e protetto tra le mura e il campanile di uno storico feudo Dc dai tempi di Amintore Fanfani (il nipote Giuseppe è stato sindaco con il Pd fino al dicembre 2014). Ma la "banca dell' oro", 186 sportelli, 1.800 dipendenti e una dozzina di miliardi di attivi, era al disopra delle fazioni politiche, in un sommo intreccio di poteri cattolico- agricoli e laico-massonici per un trentennio governati dal presidente massone Elio Faralli, che lasciò nel 2012 a 87 anni.

emanuele boschiemanuele boschi

 

 

Sotto il suo regno la crescita per acquisizioni aveva ingigantito anche i crediti, specie quelli ad amici e colleghi amministratori: al momento della risoluzione 13 ex amministratori e 5 ex sindaci dell' istituto erano affidati per 185 milioni, che si erano accordati senza lesinare, originando 198 posizioni di fido finite tra le sofferenze e gli incagli. I problemi del credito, già notevoli dal 2010, erano nelle cure di Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena assunto in banca a fine 2007 come analista e salito tra i dirigenti fino al marzo 2015, quando uscì poco prima del dissesto.

 

Insieme agli insider, i principali beneficiari dell' eccesso di generosità di Banca Etruria sono stati il gruppo Sacci, storica azienda cementiera esposta per 70 milioni; l' Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone (60 milioni); il cantiere Privilege Yard, che doveva costruire un panfilo da 127 metri, tra i più lussuosi al mondo e di cui fu costruito solo il modellino; realizzazioni e bonifiche del gruppo Uno a erre (10,6 milioni); immobiliare Cardinal Grimaldi (11,8 milioni).

 

ISPEZIONI, CRISI E GOVERNO

La situazione inizia a scappare di mano dall' inizio del 2012: Banca Etruria licenzia l' agenzia Fitch, che le ha assegnato un merito di credito BB+ ("spazzatura") proprio per le sofferenze «a un livello doppio rispetto alla media del sistema ». Anche la Banca d' Italia, da mesi in pressing, si fa sotto: a fine 2012 chiede al management, dopo un' altra ispezione, «adeguate misure correttive per sanare la gestione » e di «integrarsi in un gruppo più solido». Il bilancio 2012 porta i segni dell' emergenza, con crediti svalutati per oltre un miliardo.

lorenzo rosi pier luigi boschilorenzo rosi pier luigi boschi

 

Gli organi sociali cercano rimedi (benché la vigilanza poi li sanzionerà anche per la loro «sostanziale inerzia »). A metà 2013 Etruria aumenta il capitale per 100 milioni, ed emette con il beneplacito della Consob bond subordinati per 120, rifilati alla clientela minuta; una fetta dei 275 milioni che due anni dopo saranno azzerati dal bail in. Il governo Renzi, che ad Arezzo è di casa, inizia ad affannarsi per la mina Etruria, con cauti sondaggi istituzionali.

 

Come risulta da diverse ricostruzioni e fonti, i problemi dell' Etruria, che è banca popolare, sono anche uno degli sproni perché Renzi acceleri nel progetto di riforma del credito cooperativo, che viaggia in parallelo e passerà per decreto nel gennaio 2015: ma la moral suasion aveva indotto Etruria a portarsi avanti, trasformandosi in spa sei mesi prima. Togliere di mezzo il principio "una testa, un voto" avrebbe facilitato la vendita dell' istituto, ormai necessaria. E proprio tramite ambienti del governo s' era cercato un abboccamento tra Arezzo e il fondo del Qatar, poi chiamato in causa due anni dopo per investire nel Monte dei Paschi (sempre invano).

 

TENTATIVI DISPERATI DI FUSIONE

Nel 2014 la situazione patrimoniale degenera: Bankitalia forza al cambio dei vertici e di metà del cda Etruria (è il passaggio in cui Lorenzo Rosi diventa presidente e Pier Luigi Boschi suo vice, senza deleghe). Mediobanca e il legale Paolo Gualtieri sono nominati dei consulenti per trovare compratori. La banca d' affari si occupa solo dei rapporti con tre fondi stranieri: si parla degli israeliani Hapoalim e Bank Leumi, ma nulla si muove. Più concreto il dialogo con Bper, altra popolare in storici rapporti con Arezzo, e con la popolare di Vicenza. Solo la vicentina entra nella "data room", che presuppone lo scambio di informazioni confidenziali.

boschi ghizzoniboschi ghizzoni

 

Ma ad Arezzo prevale ancora il principio "padroni a casa nostra: e nel maggio 2014 il cda dell' Etruria rigetta l' Opa a 1 euro proposta da Vicenza. Una mossa che irrita ulteriormente la vigilanza, che nel novembre avvia l' ispezione decisiva, quella che tre mesi dopo condurrà al commissariamento. E' la fase più drammatica: il management Etruria guarda a 360°.

 

Proprio a novembre, il 4, Maria Elena Boschi presenzia a una ricorrenza di Unicredit a Milano, in cui c' è anche l' ad del colosso Federico Ghizzoni. Pochi giorni dopo, Ghizzoni vede anche il presidente dell' Etruria, Rosi, e si parla di una possibile acquisizione. Ghizzoni prende tempo e passa il dossier a Marina Natale allora vice dg ed esperta di fusioni. Si vocifera di una strategia che possa unire i punti bancari critici di Vicenza, Veneto Banca ed Etruria, con Unicredit a fare da pivot.

 

Fabio panettaFabio panetta

Ma la banca di Ghizzoni, che ha problemi propri come attesta la ricapitalizzazione da 13 miliardi cui sarà costretta nel 2016, declina e non s' impegna. Intanto l' ispezione di vigilanza attesta che il patrimonio ad Arezzo non c' è più e commina un giudizio «sfavorevole » di 6/6, dopo aver preso atto di una situazione che, a microfoni spenti, gli ispettori di Via Nazionale raccontano di non avere mai visto da decenni. La banca viene commissariata, ma neanche questo basta, anzi le cose peggiorano: nove mesi dopo Etruria è in risoluzione coatta.

 

EPILOGO

Siamo al presente. Mentre le macerie ad Arezzo fumano, il credito nazionale cerca di riprendersi con una terapia di tagli, fusioni e smaltimento dei tanti crediti mal concessi. L' esecutivo traccheggia, in attesa che l' ex presidente del consiglio Matteo Renzi ritrovi la leadership: e il "caso Boschi", per cui il sottosegretario dovrà zittire le accuse di conflitto di interesse e di bugia detta al Parlamento («Non mi sono mai occupata di Banca Etruria», dicembre 2015) è un test rilevante.

 

Il carisma dei vigilanti ha traballato, così come le poltrone di Ignazio Visco alla Banca d' Italia e di Giuseppe Vegas alla Consob; entrambi in scadenza e solo il primo confermabile, anche se lo stato dei rapporti con chi governa e i cortei di cittadini sotto le finestre di palazzo Koch complicano le previsioni. Il moncone vivo di Banca Etruria, Tirrenica spa, al primo giorno di vita ha annunciato qualche centinaio di esuberi.

fotomontaggi maria elena boschi e banca etruria  5fotomontaggi maria elena boschi e banca etruria 5

 

Ultimi Dagoreport

cdp cassa depositi e prestiti giovanbattista fazzolari fabio barchiesi giorgia meloni giancarlo giorgetti dario scannapieco francesco soro

DAGOREPORT - QUALCOSA DEVE ESSERE SUCCESSO IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE. CHE VIRUS HA COLPITO PALAZZO CHIGI PER PASSARE DA AMATO E LETTA A TALE GIOVAMBATTISTA FAZZOLARI, UN TIPINO CHE FINO AL 2018, RICOPRIVA IL RUOLO DI DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA ALLA REGIONE LAZIO? - CHE È SUCCESSO A CASSA DEPOSITI E PRESTITI (CDP), HOLDING PUBBLICA CHE GESTISCE I 300 MILIARDI DI RISPARMIO POSTALE DEGLI ITALIANI, PER RITROVARCI VICEDIRETTORE GENERALE, CON AMPIE DELEGHE, DAL PERSONALE E GLI INVESTIMENTI ALLA COMUNICAZIONE, IL 43ENNE FABIO BARCHIESI, CHE ORA ASSUME ANCHE LA CARICA DI AD DI CDP EQUITY, LA PIÙ IMPORTANTE SOCIETÀ DEL GRUPPO? - COME SI FA A RICOPRIRE DI RUOLI NEVRALGICI DI POTERE L’EX FISIOTERAPISTA DI MALAGO' CHE NON HA MAI RICOPERTO IL RUOLO DI AMMINISTRATORE NEMMENO NEL SUO CONDOMINIO, CHE BALBETTA UN INGLESE APPENA SCOLASTICO E HA ALLE SPALLE UNA LAUREA IN ECONOMIA OTTENUTA, PRESSO LA SELETTIVA UNIVERSITÀ TELEMATICA UNICUSANO, A CUI SI AGGIUNGE UNA CATTEDRA, A CONTRATTO, ALLA LINK, L’ILLUSTRISSIMA UNIVERSITÀ DI VINCENZO SCOTTI? - ALL’ANNUNCIO DELLA NUOVA CARICA DI BARCHIESI, LO SCONCERTO (EUFEMISMO) È PIOMBATO NELLE STANZE DEL MEF, PRIMO AZIONISTA DI CDP, MENTRE PER LE FONDAZIONI BANCARIE L’ULTIMA PRESA DI POTERE DEL DUPLEX FAZZO-BARCHIESI, IN SOLDONI, E' “IL PIÙ GROSSO SCANDALO POLITICO-FINANZIARIO MAI VISTO NEL BELPAESE...”

maurizio landini giorgia meloni

IL SESSISMO È NELLA CONVENIENZA DI CHI GUARDA – LA SINISTRA DIFENDE LANDINI CHE HA DEFINITO “CORTIGIANA” GIORGIA MELONI: PENSATE COSA SAREBBE SUCCESSO NEL "CAMPO LARGO" E NEI GIORNALI D'AREA SE L’AVESSE DETTO SALVINI DI UNA BOLDRINI QUALSIASI. AVREMMO AVUTO PAGINATE SUL SESSISMO DEL BIFOLCO PADANO. MA IL SEGRETARIO DELLA CGIL È "UN COMPAGNO CHE SBAGLIA", E ALLORA VA DIFESO: “È SOLO UN EQUIVOCO” – NON CHE LA DESTRA DIFETTI DI IPOCRISIA: GIORGIA MELONI SI INDIGNA PER "CORTIGIANA" EPPURE E' LA MIGLIORE ALLEATA DI TRUMP, UNO CHE SI VANTAVA DI "AFFERRARE TUTTE LE DONNE PER LA FICA”

flavio cattaneo ignazio la russa giorgia meloni carlo calenda matteo salvini

DAGOREPORT - IL CONTESTO IN CUI È ESPLOSO LO SCONTRO-CON-SCAZZO TRA CARLO CALENDA, E L’AD DI ENEL, FLAVIO CATTANEO, HA COLPITO GLI HABITUÉ DEI PALAZZI ROMANI - IL DURO SCAMBIO NON È AVVENUTO IN UN TALK DE LA7, BENSÌ A UN GALLONATISSIMO CONVEGNO DI COLDIRETTI, LA FILO-GOVERNATIVA ASSOCIAZIONE CHE RAGGRUPPA 1,6 MILIONI DI IMPRENDITORI AGRICOLI (LA PRIMA USCITA PUBBLICA DI MELONI PREMIER FU A UN CONVEGNO COLDIRETTI) - L’INVITO AL CALENDA FURIOSO, DA MESI SMANIOSO DI ROMPERE LE OSSA A CATTANEO, È STATO “LETTO” NEI PALAZZI ROMANI COME UN SEGNO DI “DISTACCO” TRA LA STATISTA DELLA SGARBATELLA E L’AD DI ENEL, IL CUI MANDATO SCADE LA PROSSIMA PRIMAVERA DEL 2026 – E QUANDO IN UN SUCCESSIVO TWEET CALENDA COINVOLGE I GRAN MENTORI DELL'INARRESTABILE CARRIERA DI CATTANEO, LA RUSSA E SALVINI, SI ENTRA IN QUEL LUNGO E SOTTERRANEO CONFLITTO DI POTERE CHE FECE SBOTTARE ‘GNAZIO: “GIORGIA VUOLE CONTROLLARE TUTTO: PALAZZO CHIGI, IL SUO PARTITO, QUELLI DEGLI ALTRI, MA È IMPOSSIBILE’’ -  ORA IL DESTINO CINICO E BARO VUOLE CHE SUL CAPOCCIONE DI CATTANEO, OLTRE ALLA MANGANELLATA DI CALENDA, SIA ARRIVATO UNO SGRADITO OSPITE, UN NON IDENTIFICATO SPYWARE CHE L’HA SPIATO NOTTE E DÌ... - VIDEO - LA VIGNETTA ANTI-CALENDA DI "OSHO": "A PROPOSITO DE UTILI, VOLEMO PARLA' DELL'UTILITÀ DI AZIONE?"

chiara appendino roberto fico giuseppe conte vincenzo de luca elly schlein

DAGOREPORT - GENTILE CHIARA APPENDINO, È CONSAPEVOLE CHE IN POLITICA, COME NELLA VITA, ‘’NON SI PUÒ AVERE LA SIRINGA PIENA E LA MOGLIE IN OVERDOSE”? MA E' DAVVERO CONVINTA CHE, CON UN M5S “PIÙ AUTONOMO DAL PD”, IL PARTITO DI CONTE SAREBBE RIUSCITO A SVENTOLARE LE CANDIDATURE DI TRIDICO IN CALABRIA E DI FICO IN CAMPANIA, DOVE NEL 2020 M5S HA PRESO IL 9,9% MENTRE DE LUCA INTASCÒ IL 69,4%? – OGGI LA VITTORIA DI FICO, FINO A IERI DATA PER SICURA, STA TROVANDO UNA STRADA ACCIDENTATA - A SALVARE LA BARACCA CI DOVRÀ PENSARE LO SCERIFFO DI SALERNO – COME ELLY, CHE DOPO AVERLO DISPREZZATO, E' SCESA A MITI CONSIGLI, ANCHE FICO DEVE ACCETTARE LE “PRIORITÀ” DI DE LUCA OPPURE VERRÀ ABBANDONATO AL SUO DESTINO DI PERDENTE, FACENDO FELICE IL CANDIDATO DI FRATELLI D’ITALIA, EDMONDO CIRIELLI...

elly schlein giuseppe conte roberto fico vincenzo de luca eugenio giani

DAGOREPORT - PARAFRASANDO NANNI MORETTI, CON LEADER DEL CALIBRO DI ELLY SCHLEIN E DI GIUSEPPE CONTE, ''IL CENTROSINISTRA NON VINCERA' MAI'' - IN TOSCANA, I DUE "GENI" HANNO TENTATO DI ESTROMETTERE IL “CACICCO” EUGENIO GIANI, REO DI SANO RIFORMISMO, CHE SI È DIMOSTRATO CAVALLO VINCENTE – IN CAMPANIA, INVECE, RISCHIANO DI ANDARE A SBATTERE CON IL CAVALLO SBAGLIATO, IL FICO DI GIUSEPPE CONTE, CHE TRABALLA NEI SONDAGGI: URGE UN FORTE IMPEGNO DI RACCOLTA VOTI DEL "CACICCO" TANTO DISPREZZATO DA ELLY: VINCENZO DE LUCA (CHE A SALERNO SE LA DEVE VEDERE CON IL CONCITTADINO E CANDIDATO DEL CENTRODESTRA, CIRIELLI) – CON L’INCONSISTENZA STORICA DEL M5S A LIVELLO LOCALE, IL “CAMPOLARGO” VA AL PIU' PRESTO ACCANTONATO: TROPPI "PRINCIPI" DIVERSI TRA PD E M5S PER UN'ALLEANZA, MEGLIO UNA COALIZIONE IN CUI OGNUNO CORRE COL SUO PROGRAMMA CERCANDO DI MASSIMIZZARE IL CONSENSO - SOLO DOPO IL VOTO, IN CASO DI VITTORIA, SI TROVA L'ACCORDO (E COME DIMOSTRA LA COALIZiONE DEL GOVERNO MELONI, LA GESTIONE DEL POTERE È IL MIGLIOR PROGRAMMA...) - VIDEO

giorgia meloni guido crosetto

IL "FRATELLASTRO" CROSETTO FA BALLARE GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI: “SE GLI STATI EUROPEI NON RINUNCIANO ALLA LORO SOVRANITÀ IN ALCUNI SETTORI, SONO MORTI. SULLA DIFESA DOBBIAMO METTERE ASSIEME I 27 PAESI UE IN UN SOLO PROGETTO COMUNE” – LA POSIZIONE DEL MINISTRO DELLA DIFESA È ALL’OPPOSTO DI QUELLA SOVRANISTA DELLA DUCETTA, CHE PIÙ VOLTE IN PASSATO HA REMATO CONTRO IL PROGETTO DI UN ESERCITO UNICO EUROPEO: “SAREBBE UNA INUTILE DUPLICAZIONE. IL SISTEMA DI DIFESA OCCIDENTALE È BASATO SULLA NATO, E NELLA NATO CI SONO ESERCITI NAZIONALI CHE COOPERANO TRA DI LORO. IO VOGLIO PIUTTOSTO UNA COLONNA EUROPEA DELLA NATO” – CHISSA' CHI ALLA FINE DIRA' L'ULTIMA PAROLA... - VIDEO