F-IOR F-IOR DI MISTERI - FRA TUTTI GLI SCANDALI CHE HANNO AFFLITTO IL PAPA, C’È SOPRATTUTTO UNA VICENDA CHE L’HA CONSUMATO E DA CUI È USCITO SCONFITTO: LO IOR, CON TUTTI I SUOI MISTERI - DALLA CACCIATA DI GOTTI TEDESCHI ALLA VICENDA DEL SAN RAFFAELE FINO ALLA BLACK LIST DI MONEYVAL, BENEDETTO XVI HA CERCATO DI RENDERE PIÙ TRASPARENTE L’ISTITUTO, MA IL CASO DELLA PRESUNTA TANGENTE SANTANDER-MPS DIMOSTRA CHE NON C’È RIUSCITO...

Antonio Vanuzzo per "Linkiesta.it"

Sono passati quasi otto anni dall'omelia di inizio pontificato di Benedetto XVI, ma le mura del Torrione Niccolò V, sede dello Ior, l'Istituto per le opere di religione, rimangono impenetrabili. Spesso chi vuole nascondere dei capitali sceglie di depositarli nei forzieri della banca vaticana. Fino a un paio di anni fa, racconta un testimone oculare a Linkiesta, i funzionari dello Ior adducevano ogni scusa possibile (la stampante che non funziona, la linea telefonica in riparazione) per non fornire alle autorità italiane i dati sui movimenti sospetti. Né la gendarmeria vaticana è stata particolarmente attenta a richiedere la dichiarazione doganale di esportazione di denaro all'estero per importi superiori a 10mila euro, in alcuni casi compilata in matita.

Proprio nei giorni scorsi un supertestimone ha raccontato ai pm Nello Rossi, Stefano Fava e Stefano Pesci l'apertura, nel 2009, di quattro conti riferibili a dirigenti del Monte dei paschi presso la filiale Ior della Banca del Fucino di via Tomacelli a Roma, attraverso i quali sarebbe transitata parte dei soldi dell'acquisizione di Antonveneta. Un'eventualità smentita seccamente dal portavoce della sala stampa vaticana, Padre Federico Lombardi.

Più difficile da dissipare l'alone di mistero che avvolge la banca vaticana dai tempi del crac del Banco Ambrosiano e del conto "Omissis" di Giulio Andreotti. Ci aveva provato due anni fa l'ex presidente Ettore Gotti Tedeschi, che da vent'anni cura gli interessi del Santander in Italia - la banca spagnola che cedette per 9,3 miliardi l'istituto padovano a Mps - con l'introduzione dell'Aif, l'autorità di vigilanza finanziaria presieduta dal cardinal Attilio Nicora, già presidente dell'Amministrazione del patrimonio della Santa Sede. Lo scatto in avanti che avrebbe consentito allo Stato della Città del Vaticano di entrare nella white list dei Paesi Ocse in materia di norme antiriciclaggio.

Il percorso era iniziato il 17 dicembre 2009, quando il presidente della Commissione Europea Joaquin Almunia, allora Commissario agli Affari economici e l'arcivescovo André Dupuy, nunzio apostolico presso l'Unione europea, siglarono l'intesa con cui il Vaticano adottava l'euro, concordando l'impegno, da parte del Vaticano, a conformarsi alla normativa comunitaria antiriciclaggio. Il nuovo corso subì un'accelerazione per volontà dello stesso Ratzinger, che firmò la legge 127 Motu Proprio del 2010. Ma poi arrivò una progressiva frenata, fino a quando, il 26 maggio 2012, Gotti Tedeschi venne sfiduciato dal Consiglio di sovrintendenza, l'organo di gestione dello Ior.

L'uscita forzata del banchiere piacentino - «Tutto è cominciato quando ho chiesto di avere notizie sui conti che non erano intestati ai prelati» ha scritto Gotti Tedeschi nel suo memoriale - va letta anche alla luce della ridefinizione degli equilibri all'interno della Curia romana, in seguito allo scandalo Vatileaks, che portò all'arresto dell'ex maggiordomo Paolo Gabriele, poi graziato.

L'inchiesta della Procura di Milano sul crac dell'Ospedale San Raffaele aggiunge un altro scossone. Alla fine del 2010, don Luigi Verzè, fondatore e padre-padrone del San Raffaele e grande amico di Silvio Berlusconi, è ormai vecchio e malato. E non sa più come sostenere il peso dei debiti accumulati con mirabolanti piani di espansione (e sprechi). Il San Raffaele ha accumulato un miliardo e mezzo di debiti, i creditori cominciano a spazientirsi. Si scopre che nel quinquennio 2005-2010 don Verzè ha varato investimenti per 600 milioni a fronte di un business ospedaliero che genera 379 milioni di liquidità.

Una mala gestione che polverizza ben 3,3 miliardi erogati dal pubblico, Regione Lombardia in testa, alla struttura ospedaliera di via Olgettina. Due uomini vicini vicini al movimento di Comunione e Liberazione, l'ex assessore alla Sanità lombarda Antonio Simone e il faccendiere Pierangelo Daccò finiscono nei guai. Si scopre che si sono spartiti, come ricostruito dall'Espresso, 30 milioni di euro in consulenze al San Raffaele, alla Fondazione Maugeri e al Fatebenefratelli.

In questa vicenda si inserisce il cardinal Bertone, presidente della commissione cardinalizia dello Ior, che spinge perché la cordata composta dallo Ior e dalla famiglia genovese dei Malacalza - con la regia del bertoniano Giuseppe Profiti, presidente dell'Ospedale - intervenga nel salvataggio del San Raffaele, su cui c'è l'interesse dell'imprenditore della sanità privata Giuseppe Rotelli, proprietario di ospedali e cliniche. Si vagheggia un polo degli ospedali cattolici, e questo mentre molti ospedali cattolici versano in uno stato di crisi finanziaria da malagestione.

La Curia milanese, guidata dall'arcivescovo Angelo Scola, già patriarca di Venezia, e il mondo di Cl danno segno di non gradire l'espansione vaticana in terra ambrosiana. Ma anche Gotti Tedeschi, da presidente della banca vaticana, si oppone: non vuole che allo Ior si crei un pericoloso precedente in stile "banca d'affari". Così la cordata voluta da Bertone, che inizialmente aveva messo sul tavolo 250 milioni e ha gestito la transizione, è costretta a farsi da parte, senza rilanciare sull'offerta di 405 milioni avanzata da Rotelli.

A inizio 2012 è sempre Bertone, come rivelano i verbali interni pubblicati dal Fatto Quotidiano, a promuovere la linea non collaborazionista dell'Aif. Soprattutto sulla retroattività dei poteri ispettivi dell'organo di vigilanza. La presa di posizione del segretario di Stato vaticano snaturò l'impianto iniziale della normativa, scritta nell'aprile 2011 da Francesco De Pasquale avvocato cassazionista e da Marcello Condemi, docente all'Università Guglielmo Marconi di Roma. Ambedue sono o sono stati membri della delegazione italiana del Fatf, l'organismo internazionale che detta le linee guida in materia di antiriciclaggio. La nuova versione, che circoscrive i poteri ispettivi, viene criticata dal cardinal Nicora.

«La nuova versione riforma in toto l'assetto istituzionale del sistema antiriciclaggio, ridefinendo compiti e ruoli dell'Autorità. Dall'esterno, anche se erroneamente, potrebbe essere visto come un passo indietro», disse il capo dell'Aif. La mossa non piacque nemmeno agli ispettori di Moneyval, l'organismo comunitario che monitora il rispetto dei sistemi internazionali antiriciclaggio, che a luglio scorso aveva promosso gli sforzi del Vaticano, ma con riserva sull'effettività del sistema, e in particolare sulla «base legislativa della vigilanza».

Dal canto suo, il governatore della Bankitalia, Ignazio Visco, ha ingaggiato una vera e propria guerra per rendere trasparenti i conti della Santa Sede. È l'Unità di informazione finanziaria, l'intelligence finanziaria italiana che opera in forma autonoma sotto la Banca d'Italia, a individuare i 23 milioni depositati da anonimi su un conto aperto dallo Ior presso la sede romana del Credito Artigiano. I soldi erano diretti alla J.P. Morgan di Francoforte e alla Banca del Fucino.

Per questa vicenda sono stati indagati l'allora presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani. Alle rogatorie della Procura di Roma, che conduce l'inchiesta, il Vaticano non ha mai risposto. Dal canto suo, il governatore della Bankitalia, Ignazio Visco, ha ingaggiato una vera e propria guerra per rendere trasparenti i conti del Vaticano.

A inizio 2013 è sempre la Banca d'Italia a imporre uno stop a Deutsche Bank Italia (banca di diritto italiano controllata dal gruppo tedesco) ad operare all'interno del Stato del Vaticano attraverso un sistema di pagamenti elettronici (bancomat). L'autorizzazione, chiesta solo nel 2012, è stata negata da Bankitalia. Anche in questo caso il motivo sarebbe legato al possibile lavaggio di soldi sporchi.

Dallo Ior passarono anche le presunte tangenti pagate da Diego Anemone per lisciare l'allora capo della protezione civile, Guido Bertolaso, in cambio di una corsia preferenziale negli appalti per il G8. È la vicenda della "cricca", che coinvolge Don Evaldo Biasini, economo della Congregazione del Preziosissimo sangue. Biasini è risultato titolare di 13 conti allo Ior e faceva da cassiere informale di Anemone. Nel caso è stato coinvolto anche l'ex provveditore ai Lavori pubblici del Lazio Angelo Balducci, amico del cerimoniere pontificio monsignor Francesco Camaldo, per quindici anni segretario particolare del vicario di Roma, il cardinale Ugo Poletti.

Secondo gli inquirenti fu proprio Camaldo a fare da intermediario tra Balducci, Anemone e lo Ior. La vicenda, siamo nel 2010, si interseca con l'inchiesta aperta allora dalla Procura di Perugia sulla Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli (la Propaganda Fide), che gestice un patrimonio immobiliare significativo. E Balducci è anche membro del comitato saggi della Congregazione.

L'ultima tegola è la presunta tangente Mps, che sembra essere transitata su conti aperti allo Ior. Arriva a quattro mesi dalla nomina di René Bruelhart, quarantenne avvocato svizzero di Friburgo, a superconsulente vaticano «di tutte le questioni relative all'antiriciclaggio e per la lotta al finanziamento del terrorismo». Una figura strategica anche per un altro motivo. Bruelhart è a capo della Delegazione del Liechtenstein presso Moneyval. A parole, lo 007 elvetico ha promesso pulizia, ma finora, spiegano i ben informati, ha agito con estrema cautela. Forse troppa. La linea della trasparenza di papa Ratzinger è stata sconfitta sotto le mura del Torrione che ospita lo Ior. Il successore di Benedetto XVI dovrà passare anche da qui «per governare la barca di Pietro».

 

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