'aeroporto di zurigo per davos jet privati

PREPARIAMOCI ANCHE QUEST'ANNO PER DAVOS E LE SUE BANALITÀ. UNA RAPPRESENTAZIONE TEATRALE BASATA NON SU COSA SI DICE, E CIOÈ NIENTE, MA SU CHI C'È, E CIOÈ TUTTI - PORRO: ''L'UNICA DIFFERENZA È CHE PRIMA LA RICCA PLATEA ARRIVATA CON VOLI PRIVATI SI SCIROPPAVA I DANNI DELLA DISUGUAGLIANZA ECONOMICA, OGGI LA MEDESIMA PLATEA SI GUSTA IL TEMA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO'', DOPO XI CHE PARLA DI CAPITALISMO E ROUHANI DI DIRITTI DELL'UOMO

 

Nicola Porro per “il Giornale

 

davos jet privati ed elicotteri

Il piccolo gossip su Sankt Moritz, una località sciistica dove l' acqua in bottiglietta nei rifugi costa come minimo 5 franchi, vuole che gran parte del suo successo si debba alla famiglia di armatori greci Niarchos. Oltre a salvare alberghi in difficoltà negli anni '50, rilevare impianti dove in pochi risalivano, avrebbero migliorato la pista dell' aeroporto di Samedan, contribuendo ad allungarla e a riscaldarla. Atterrare in quell' aeroporto è davvero un incubo. È molto alto sopra al livello del mare, incastrato tra le montagne, e soggetto a venti pericolosi e che cambiano.

 

bono trudeau e spacey party privato di jack ma a davos

Chissà se gli organizzatori dell' annuale incontro di Davos sono a conoscenza del fatto che gran parte anche del loro successo derivi dall' estro di una famiglia di miliardari che ha aperto il portafoglio affinché ai propri amici fosse reso più semplice arrivare in aereo privato ai cocktail party. Chissà se i cerimonieri che da dieci anni ci affliggono sulla disuguaglianza dell' economia mondiale sono a conoscenza del fatto che i loro beniamini, da Bono a Di Caprio, da Xi Jinping a Rouhani, senza quell' aeroporto col cavolo che avrebbero impiegato tre giorni per chiacchierare di futuro in mezzo alle montagne innevate e irraggiungibili della Svizzera. Meglio un video registrato, no?

 

greta thunberg davos

E anche quest' anno, riparte la cinque giorni di Davos. Con un pizzico di ipocrisia in più: prima la ricca platea arrivata con voli privati si sciroppava i danni della disuguaglianza economica, oggi la medesima platea, oltre al mondo dei ricchi sempre più ricchi, si gusta il tema del cambiamento climatico.

 

Davos, per capirci tra di noi, è un gigantesco filtro della cattiva coscienza dei nostri ricconi globali. Un setaccio con il quale depurare il complesso di colpa dell' establishment globalizzato. Davos è il genius loci del pentimento, molto temporaneo, di una classe dirigente che deve spiegare al mondo i propri fallimenti, attribuendoli ovviamente ad altri. Ci spiegano cosa dobbiamo fare, noi che così ricchi non siamo.

 

i jet privati all'aeroporto di zurigo per davos

E dunque si vestono «alla Davos»: prendono una limousine, ovviamente elettrica, dalla propria penthouse in California o New York dotata di riciclo, vanno al terminal dei voli privati, si sdraiano sul loro jet dove la plastica è bandita, arrivano a Samedan, dove vengono forniti di badge color platino che dà accesso a tutti i party e a tutte le sale, e poi en passant vanno sul palco e ci dicono che ci sono troppe disuguaglianze e troppo inquinamento. E uno dovrebbe pensare: ma questi ci stanno a prendere per i fondelli?

 

Uno bello come Brad (Pitt) o Matt e uno ricco come Bill Gates o Sergey Brin che ci parlano di disuguaglianza e magari di inquinare di meno? E invece no, siamo lì che pendiamo dalle loro labbra.

 

Alcuni, in buona fede, vanno a Davos per capire dove va il mondo. Poi alla fine, anche se non lo dicono alle mogli (niente è più sessista, classista e razzista di Davos), l' unica cosa che occorre capire subito è dove si tengono i party migliori. Ma ritornando alle cose serie, si fa per dire, uno pensa di immergersi in un traffico di intelligenze da cui trarre qualche buona idea. Balle.

greta thunberg davos

Semmai l' unico traffico che si incontra è di influenze. Se metti Davigo a Davos, li arresta tutti.

 

Negli ultimi dieci anni l' incontro dei superfighetti ha scodellato tante di quelle banalità che Conte, nei suoi discorsi, sembra un brillante innovatore del linguaggio a colpi di calembour. Vediamone una breve carrellata. Anzi, partiamo da quest' anno. Come sempre avviene a Davos, l' idea del convegno non è mai originale: sembra che gli organizzatori vadano sulla pagina di ricerche di Google e cerchino di capire quali sono le parole più digitate dallo stupido della Rete. Il giochino così funziona: un club elitario che si finge democratico. E quasi quasi ti viene voglia di parlare come Lenin e ripensare al trattamento del reietto Kautsky.

 

E vada per il cambiamento climatico, ovviamente nella più perfetta ortodossia. Per fortuna che quest' anno ci sarà Trump, che speriamo dia un po' di brio.

Insomma, con Davos non sbagli mai: altro che leadership, è un monumento alla followership. Con qualche anno di ritardo parlano di ciò che a loro è sfuggito e di cui il pensiero più debole discute.

 

Per tre anni, dal 2008 al 2010, abbiamo avuto un Davos piagnucoloso, che non si capacitava di come non avesse previsto la crisi e di come essa avesse fatto male. Era l' epoca del «Luv»: la ripresa in America a forma di U, prima giù, poi pil piatto, poi in risalita; in Europa a L e in Asia, mai vista grande crisi, era a V. In quegli anni non si incontrava un banchiere americano manco a pagarlo: nel 2009 praticamente zero assoluto. E pensare che fino al 2008 erano loro le reginette.

greta thunberg davos

 

 Un triennio contraddistinto dal favoloso paradosso per cui si discuteva, in parole povere, del perché a Davos non avessero capito nulla negli anni precedenti. Nel frattempo le aziende e l' economia si attrezzavano: automazione, economia delle piattaforme, industria 4.0, intelligenza artificiale, e Asia che andava alla grande. Anche negli anni a seguire non c' è stata un' idea che sia stata una. La solita infatuazione per l' ultimo disuguaglionista, una spruzzata di verde mollata agli attori: roba che piace tanto al New York Times. Nel frattempo il mondo cambiava e i cosiddetti populisti - da Trump a Bolsonaro - lo conquistavano, sfilandolo ai radical da sotto il naso.

i ricconi di davos si fingono migranti per un giorno 1

 

Nel 2011 si vede ancora Clinton e soprattutto torna un po' di luce e riprendono i grandi party: i più ambiti quelli di Google e Kpmg: miliardari ed escort (sì avete capito bene, nonostante i badge) a go-go. D' altronde si può lasciare la correttezza politica in America e Trump non è ancora arrivato. Nel 2013 si inventano come titolo la «resilienza dinamica»: gli autori non furono arrestati per aver solo pensato un tema così assurdo, ma immaginate un po' voi l' interesse. L' anno dopo il Papa scrive una non fondamentale lettera che conquisterà le prime pagine di tutti i quotidiani e se la batte con le aperture agli affari del presidente iraniano Rouhani.

i ricconi di davos si fingono migranti per un giorno 3

 

Davos è così: si riempie la bocca di tutto: inclusività e parità di genere, ma mette sul palco il presidente iraniano; approccio dignitoso al lavoro che chiede il Papa, e palcoscenico per i grandi dell' economia delle piattaforme che cambiano le nostre città. Si tiene tutto, a Davos. Nel 2015 persino Renzi, che in genere diceva qualcosa, contagiato dalla platea e forse da Emma Watson che parlava di equità, fece un discorso da Corazzata Potemkin sulla leadership del cambiamento: traffico da bollino nero su Google per andare a rileggerselo, un po' come per il discorso dello stay foolish di Steve Jobs.

i ricconi di davos si fingono migranti per un giorno 5

 

Nel 2016 e 2017 Di Caprio e Matt Damon ci spiegano il mondo, ma il clou è il 2019, quando arriva il capo del più importante, diffuso, dittatoriale partito comunista al mondo, cioè Xi da Pechino, il quale ci spiega da Davos perché dobbiamo apprezzare l' economia di mercato. E vabbè, allora vale tutto: lezioni di liberalismo da Xi.

E così anche quest' anno ci riprendiamo Davos e le sue banalità. Una rappresentazione teatrale dove la drammaturgia si basa non su cosa si dice, e cioè niente, ma su chi c' è, e cioè tutti.

Bono a Davos per il World Economic Forum GIUSEPPE CONTE E JAIR BOLSONARO A DAVOS

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…