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C’È UN TESORETTO IN ETRURIA E NELLE BANCHE ''SALVATE'': BANKITALIA AMMETTE DI AVER SBAGLIATO I CALCOLI PER LA VENDITA DELLE SOFFERENZE, CEDUTE A 1,5 E NON A 2 MILIARDI - I 500 MILIONI DI DIFFERENZA SARANNO USATI PER RIMBORSARE GLI OBBLIGAZIONISTI SPENNATI?

ignazio viscoignazio visco

Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

 

La colpa è dell' Europa e solo grazie a «esperti indipendenti» è stato possibile scoprire quello che è, di fatto, un errore clamoroso. La Banca d' Italia cerca di tirarsi fuori dal pasticcio. Ma le rivelazioni del governatore Ignazio Visco, che ieri ha parlato al Senato, corrono il rischio di trasformarsi in un boomerang su via Nazionale. Visco ha spiegato che il valore delle sofferenze delle quattro banche «salvate» a novembre (Carife, Chieti, Etruria e Marche) è stato «rivisto al rialzo nei giorni scorsi».

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Dunque, quel valore era stato fissato a un livello troppo basso con l' intervento di risoluzione di cinque mesi fa. Di che si tratta? Stiamo parlando dei circa 8 miliardi e mezzo di euro di sofferenze (prestiti non rimborsati) dei quattro istituti di credito sottoposti alla procedure di fallimento pilotato: quei crediti deteriorati vennero «prezzati» al 17,6% e oggi scopriamo che il prezzo giusto era al 22%: in termini assoluti si passa da 1,5 miliardi a 2 miliardi. La differenza è di circa mezzo miliardo di euro. Il governatore, in Parlamento, ha detto che l' asticella era stata fissata sulla base «delle comunicazioni al governo da parte delle Commissione Ue». Come dire: noi non c' entriamo nulla, un po' è colpa del governo di Matteo Renzi e un po' di Bruxelles.

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La responsabilità interessa fino a un certo punto; anche se, come riferito su Libero nelle scorse settimane, la stessa Bankitalia, quattro giorni prima del decreto con cui palazzo Chigi avviò l' intervento di risoluzione, anticipando l' entrata in vigore del bail in, si vantò di aver ceduto al 14,7% i crediti di banca Etruria, cioè a un valore ancor più basso rispetto a quello definito poco più tardi per tutti gli istituti da salvare.

 

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In ogni caso, meglio concentrarsi su altri aspetti. Dov' è quel tesoretto di 500 milioni di euro e di chi sono quei soldi? Facciamo un passo indietro: le sofferenze sono state comprate a 1,5 miliardi circa dalla bad bank (istituita da Bankitalia in linea con le regole europee) grazie a denaro anticipato dai grandi gruppi creditizi del Paese (Intesa, Unicredit, Ubibanca). I quali, nei fatti, hanno pagato un po' meno i crediti deteriorati di Carife, Chieti, Etruria e Marche.

 

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L' importo più allineato al valore di mercato sarebbe stato di 2 miliardi. In buona sostanza, oggi potrebbero portare a casa un guadagno extra sulla base di una spesa sottostimata ed errata. Ipotizzare, oggi, un' integrazione non è realistico. Tuttavia, potrebbero alzare il sopracciglio i 10.000 risparmiatori che nella notte tra il 22 e il 23 novembre 2015 si son visti azzerare il valore dei bond subordinati degli istituti «risolti» da Bankitalia.

 

L' azzeramento delle obbligazioni (e delle azioni) si era reso necessario per ripianare le perdite delle quattro banche e una delle «voci» principali era rappresentata proprio dalle perdite su crediti. Ora, scopriamo che quelle perdite relative a prestiti non rimborsati (determinate arbitrariamente ed erroneamente in 7 miliardi su 8,5 miliardi di sofferenze) avrebbero potuto essere limitate a 6,5 miliardi, magari dando una bastonata un po' meno violenta ai piccoli risparmiatori.

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La faccenda è complessa ed entrano in ballo anche alcuni paletti regolamentari. Di là dalla questione in punto di diritto, vale la pena ricordare che il salvataggio di Chieti, Etruria, Ferrara e Marche stato scaricato sulla testa (e nelle tasche) di 10mila risparmiatori. La procedura di risoluzione ha comportato, come accennato, l' azzeramento di obbligazioni subordinate pari a 768 milioni, 430 dei quali in mano a 2.500 clienti retail. Sulla carta, quei 500 milioni fanno la differenza.

 

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E se si volesse estendendo il discorso a tutti i 10mila risparmiatori traditi, si arriverebbe ad avere a disposizione, col tesoretto da mezzo miliardo, una «mancia» da 50mila euro a testa. Prospettiva nemmeno sfiorata da Visco che si è limitato ad attaccare il bail in, sostenendo che il meccanismo sia «da rivedere». Ancora una volta, tuttavia, una richiesta presentata fuori tempo massimo.

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