TU CHIAMALE SE VUOI, EVASIONI - APPLE RADDOPPIA LE VENDITE IN ITALIA, MA SU 2 MILIARDI DI FATTURATO PAGA 3 MILIONI DI TASSE (LO 0,15%!)

1. APPLE RADDOPPIA LE VENDITE IN ITALIA MA È IN ROSSO: AL FISCO SOLO 3 MILIONI
Ettore Livini per "la Repubblica"

Il "paradiso fiscale" irlandese (alla faccia dell'Europa unita) consente alla Apple anche nel 2012 di dribblare il fisco italiano. Le attività tricolori del colosso di Cupertino, come raccontano i conti di Apple Retail Italia svelati da Radiocor, ha festeggiato lo scorso anno un bilancio da sogno. Volano le vendite di I-Pad, c'è sempre coda per comprarsi un I-Phone e il giro d'affari della società è raddoppiato a 250 milioni.

L'unica cosa rimasta al palo sono le tasse. Anzi. Grazie a un'acrobatica transazione per le forniture di merci con le "cugine" irlandesi, l'esercizio è finito in rosso per 11,5 milioni. E la "povera" Apple ha addirittura maturato un credito di 2,5 milioni nei confronti dell'erario. L'Agenzia delle entrate si è dovuta accontentare così delle briciole della mela: 5,5 milioni versati a Roma dalla Apple Italia, la cassaforte che fornisce «supporto alle vendite e servizi di maketing» alla Apple distribution di Dublino i cui conti si sono chiusi con 10 milioni di utile dopo aver girato una cedola di 31 milioni alla casa madre.

Le tasse, insomma, non sono uguali per tutti. I cittadini italiani (almeno una buona parte di loro) è schiacciata da una pressione fiscale pari ormai al 45% delle entrate. La multinazionale hi-tech Usa, il cui giro d'affari nel nostro paese è stimato in circa 2 miliardi, viaggia invece allo 0,15%. Qual è il suo segreto? Semplice: il "Double Irish" e il "Dutch Sandwich", non due cocktail da happy hour come si direbbe dal nome, ma la complessa triangolazione fiscale che avrebbe consentito alla Apple, secondo un rapporto del Congresso Usa, di risparmiare 74 miliardi di tasse.

I conti della controllata italiana sono una fotografia bonsai di questo meccanismo. A pesare sui conti sono i 196 milioni di euro pagati dai punti vendita del Belpaese alle Apple irlandesi per acquistare i prodotti che poi vengono venduti nella penisola. Una partita di giro che consente di spostare verso Dublino i profitti generati dal boom di richieste per I-Pad & C.. Il vantaggio è chiaro: gli utili societari vengono tassati nell'isola solo il 12,5%.

Non solo. Basta allungare il viaggio di questi profitti verso Amsterdam (magari con destinazione finale le Bermuda o le Isole Vergini) per abbassare ulteriormente le tasse. Tim Cook, il numero uno di Apple, ha detto in una testimonianza al Senato che la società «non si affida ad acrobazie fiscali». Ma l'inchiesta aperta dal Parlamento Usa ha già rivelato che il tax-rate di Apple in Irlanda è «a una sola cifra».

Cupertino (tornata ieri a quota 500 dollari a Wall Street dopo l'ingresso nel capitale di Carl Icahn) non è la sola a ricorrere a quella che i commercialisti chiamano con un eufemismo "ottimizzazione fiscale". L'Agenzia delle Entrate italiana ha incassato nel 2012 da Google, Amazon, Apple e Facebook solo 6 milioni. E il gioco delle tre tavolette fatto di «arbitraggi, deduzioni multiple e utili non tassati», come ha rivelato un rapporto recente del Parlamento europeo, costa ogni anno al Vecchio continente qualcosa come mille miliardi, più o meno il valore dell'intera spesa sanitaria Ue.

Tutto, tra l'altro, nell'ambito della legalità grazie ai "buchi" fiscali aperti nelle singole legislazioni nazionali. Amsterdam e Dublino, per dire, rivendicano la correttezza del loro operato. Peccato che il "Double Irish" e il "Dutch Sandwich" abbiano appena consentito a Google di spostare 8 miliardi di utili da Londra alle Bermuda senza pagare un penny di tasse. «Non è evasione fiscale, è il capitalismo - ha detto Eric Schmidt, numero uno del motore di ricerca - e noi siamo orgogliosamente capitalisti».


2. PRESSING DEI MILIARDARI USA SU APPLE - SECONDO IL «WALL STREET JOURNAL», CARL ICAHN AVREBBE INVESTITO OLTRE UN MILIARDO DI DOLLARI (LO 0,2-0,3 % CIRCA DEL CAPITALE DI CUPERTINO)
Fausta Chiesa per "Corriere.it"


Prima Carl Icahn, poi George Soros. I miliardari americani muovono su Apple. Martedì scorso lo "squalo" Icahn, noto negli ambienti per la sua aggressività nell'entrare fra gli azionisti di una società per stravolgere i piani del management quando crede che sia possibile "mungere la mucca" in modo più efficace, ha dichiarato su Twitter di aver acquisito una quota, non precisata (ma secondo il Wall Street Journal avrebbe investito oltre un miliardo di dollari pari allo 0,2-0-3 % circa del capitale di Cupertino), e ha chiesto al Ceo Tim Cook di lavorare per aumentare il valore dei titoli.

Dai file della Sec è emerso che Icahn nel secondo trimestre non aveva azioni Apple, quindi lo squalo si è mosso di recente. Ebbene anche George Soros ora prende una posizione più forte sulla casa produttrice degli iphone: in base ai file della Sec pubblicati mercoledì 14 agosto, nei mesi scorsi il miliardario americano di origini ungheresi ha più che raddoppiato la sua partecipazione.

UN PIANO DA 150 MILIARDI - A Wall Street il titolo ringrazia: le azioni di Apple hanno sfondato la soglia dei 500 dollari, portandosi ai massimi dallo scorso gennaio. Lo scorso anno le avevano raggiunto un valore massimo di 705,07 dollari. Prima di Apple, Icahn ha ingaggiato una battaglia per il controllo di Dell, che il fondatore Michael Dell vorrebbe portare via dalla Borsa. Nel caso di Apple, invece, Icahn vorrebbe che fosse lanciato piano di buyback da almeno 150 miliardi di dollari contro i 60 miliardi attuali. L'obiettivo è la liquidità posseduta da Apple, che il management vorrebbe tenere di riserva per finanziare lo sviluppo, mentre sempre più azionisti chiedono che il tesoretto sia diviso con loro.

CUPERTINO RALLENTA - - Cook e Icahn hanno avuto una conversazione, che Apple ha definito "amichevole", ma è difficile credere che Icahn non ingaggerà una battaglia affinché Apple abbandoni la sua tradizionale prudenza. Gli analisti ritengono che il ritmo di innovazione della società di Cupertino stia rallentando dopo la morte di Steve Jobs.

E su questo è d'accordo anche il boss di Oracle, Larry Ellison,il quale ha ricordato che Apple è già stata orfana del suo fondatore in passato e non è stato un bel periodo. Tornando a Dell, il caso sembrava chiuso, ma Icahn ha portato il produttore di computer davanti a un tribunale del Delaware (che dovrebbe tenere una conferenza stampa venerdì 17 agosto) per questioni di governance.

AZIONI - In base agli ultimi investimenti, il raider crede ancora di poterla avere vinta: sempre dai documenti della Sec pubblicati mercoledì 14 agosto si vede che Icahn possiede 152 milioni di azioni Dell (pari a oltre due miliardi di dollari) rispetto ai 7 milioni detenuti al 31 marzo, un balzo che lo ha portato a essere azionista con il 9 per cento.

 

 

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