vialli zeman

“LE ACCUSE DI DOPING DI ZEMAN? COGLIONATE DI UN TERRORISTA” - NEGLI ANNI DELLE POLEMICHE CHE COLPIRONO LA JUVE DI LIPPI, CON IL PREPARATORE VENTRONE CHE AMMISE DI IMBOTTIRE I CALCIATORI DI CREATINA, VIALLI SPARO’ A PALLE INCATENATE CONTRO IL BOEMO – IL NO A BERLUSCONI: “NON ME NE VADO DALLA SAMPDORIA FINCHE’ NON VINCO LO SCUDETTO”, LE LACRIME PER IL COMPAGNO DELLA JUVENTUS ANDREA FORTUNATO, MORTO DI LEUCEMIA A 24 ANNI E LA DELICATEZZA DI RIVELARE IL MALE ALLE FIGLIE A SANTO STEFANO “PER NON..."

Estratto dell’articolo di Giorgio Gandola per la Verità

gianluca vialli vittoria champions league con la juventus 1996

 

(…) Quando ha chiuso gli occhi nella clinica di Londra aveva accanto la mamma Maria Teresa (87 anni), la moglie Cathryn White Cooper, ex modella sudafricana oggi arredatrice, le due figlie Olivia e Sofia. E tutto il mondo del calcio. È andato verso l'eternità accompagnato da una foto: l'abbraccio in lacrime con Roberto Mancini, suo gemello negli stadi, a Wembley subito dopo il trionfo agli Europei del 2021.

 

Allora era gioia, oggi è tristezza anche per il ct della Nazionale, che dopo aver portato a spalla il feretro di Sinisa Mihajlovic perde un altro amico.

 

gianluca vialli

Di «Stradivialli» si sa tutto. Lo battezza così Gianni Brera quando è ancora junior, per sintetizzare le acrobazie da virtuoso violinista padano del pallone. È ricco e scapigliato, impara le rovesciate nell'erba alta del parco di villa Affaitati di Belgioioso, magione di famiglia acquistata dal papà imprenditore edile. Non ha ancora 20 anni quando con 10 gol (partendo dal ruolo di tornante) porta in Serie A la Cremonese guidata da un altro bohémien silenzioso, Emiliano Mondonico.

 

Già allora è un principino riservato, un po' altero, che sceglie gli amici e tiene lontani i giornalisti. Lo ingaggia la Sampdoria del petroliere Paolo Mantovani e in riva al mare diventa Vialli il bomber. Mancini mette gli assist, lui i gol. Nel gioco doriano dei sette nani l'altro è Cucciolo, lui è Pisolo con il culto del ritardo.

 

Vialli con la moglie Cathryn White-Cooper 2

All'inizio degli anni Novanta quella Samp allenata dal mago Vujadin Boskov rivoluziona le gerarchie del pallone, detronizza le metropoli, gioca un calcio stellare in Italia e in Europa. «Non me ne vado di qui finché non vinco lo scudetto», dice Vialli a Silvio Berlusconi che lo vorrebbe al Milan.

Stringe un patto con Mancini e Pietro Vierchowod, porta in dote il tricolore nel 1991 con 19 gol (capocannoniere). La galoppata è raccontata del docufilm di Marco Ponti La bella stagione.

Perde la Champions in finale contro il Barcellona a Wembley, luogo iconico delle lacrime liberatorie 29 anni dopo da dirigente della Nazionale. Per vincerla dovrà passare alla Juventus per 40 miliardi di lire.

 

zenga vialli

Fuori dal campo è già meglio di molti commentatori televisivi, di lui non si ricordano un congiuntivo sbagliato, un'iperbole da terza elementare.

Il ragazzo è misurato al punto da sembrare scostante e cambia il calcio più di quanto il calcio non riesca a cambiare lui: oggi nelle punte «che fanno reparto da sole», negli scatti di Kylian Mbappé e nelle veroniche di Erling Haaland c'è un po' di quel Vialli.

 

Nelle quattro stagioni a Torino vince tutto (scudetto, Champions, coppa Uefa) ma perde l'innocenza. Nel senso che da stupendo purosangue bohémien si trasforma in un terminator con il cranio a palla da biliardo e il muscolo guizzante al comando di Marcello Lippi. Sono gli anni delle accuse di Zdenek Zeman - che Vialli definisce «coglionate di un terrorista» -, delle polemiche sul doping, di Giampiero Ventrone che ammette di imbottire i calciatori di creatina come integratore. Lui coglie l'essenza del grande club e spiega: «Alla Juventus nessun dirigente mi ha mai chiesto di giocare bene, tutti di vincere. Lì il successo è più un sollievo che una gioia». Quando scade il contratto accetta la sfida della Premier, al Chelsea. Ha 32 anni e ancora una volta fa la differenza: alza Fa Cup, Coppa delle Coppe, Coppa d'Inghilterra.

vialli cerezo

 

Da allenatore-giocatore mette in pratica la legge numero uno degli scacchi: «Devi sempre essere una mossa avanti all'avversario. Preparare un attacco è come preparare una partita. L'unica differenza è che in mano hai dei pezzi, non delle persone. Il mestiere di allenatore è ancora più difficile».

 

Se il Vialli dirigente della Federcalcio era autorevole e il Vialli commentatore di Mediaset e Sky inattaccabile, il Vialli giocatore aveva dentro di sé qualcosa di irrisolto, la malinconia profonda del numero due. Sembra incredibile, ma è sempre arrivato secondo dietro l'ombra di qualcun altro. Troppo Totò Schillaci in Italia 90, troppo Roberto Baggio e poi troppo Alex Del Piero nell'avventura juventina e in Nazionale, troppo egocentrismo di Arrigo Sacchi alla base della sua epurazione a Usa 94. Persino troppo Mancini nell'età dell'oro alla Sampdoria. Li chiamavano i gemelli del gol, erano inseparabili. Ma Mantovani un giorno disse al Mancio: «Tu resti la ragione per cui io vengo allo stadio». Nessuno se ne accorgeva, tranne Vialli. Così non si concedeva. Un lampo nel buio, un dribbling, un gol pazzesco.

 

greame souness e gianluca vialli sampdoria

Poi salutava, profondamente gaberiano, consapevole del valore estetico di «lasciare lì qualcosa e andare via». Con l'Italia giocò un grande Europeo nell'88 in Germania, ma fu eliminato in semifinale. Nessuna serie celebrativa, nessuna epica riflessa. Chi se lo ricorda? Era un fuoriclasse, oggi merita un assolo di violino come sottofondo. Oltre a Mancini, ha voluto bene a tre giocatori: ad Andrea Pirlo («Con lui a lanciarmi avrei segnato il doppio dei gol»), a Ray Wilkins amico vero negli anni piovosi della Swinging London. E al compagno della Juventus Andrea Fortunato, morto di leucemia a 24 anni. Il giorno del funerale fu quello delle sue lacrime pubbliche più intense, «perché ho visto con quale forza ha affrontato un dramma vero, non solo problemini legati a vittorie e sconfitte».

 

gianluca vialli roberto mancini sampdoria

Nel libro Goals uscito quattro anni fa c'è lo spirito di quelle parole, indossate a pelle dallo stesso Vialli aggredito dalla malattia. C'è la promessa ai genitori: «Non me ne andrò prima di voi». C'è la delicatezza di rivelare il male alle figlie a Santo Stefano «per non rovinare loro il Natale». Ci sono i maglioni sotto la camicia per dissimulare la magrezza «e impedire agli amici di scherzare con un tono diverso da quello di sempre».

 

C'è la domanda suprema: «Cosa ci sarà dall'altra parte quando si spegnerà la luce?». Dopo il trionfo di Wembley due estati fa, mentre tecnici e giocatori azzurri andavano in vacanza sulle spiagge esotiche inseguiti dai fotoreporter, lui postò una foto su Instagram davanti al santuario della Beata Vergine della Speranza, a Grumello, vicino a dove faceva acrobazie con il pallone da bambino. Scrisse: «È il tempo della gratitudine». Ora è arrivato quello del silenzio. Pisolo s' è addormentato per sempre.

zemangianluca vialli juventus abbraccio mancini vialli

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