berlusconi milan 9

GIANCARLO DOTTO RACCONTA I 30 ANNI DI MILAN BERLUSCONIANO, DALL’INIZIO, DA QUANDO SCENDE IN ELICOTTERO DAL CIELO E TRASFORMA UN BIDONE IN UNA SQUADRA (QUASI) PERFETTA - A UN PASSO DAL COMPRARE L'INTER - 'SUA INTERFERENZA': QUANDO VOLEVA FARE L'ALLENATORE AL POSTO DI SACCHI E ANCELOTTI - 8 PUNTATE DI UNA STORIA CHE RIGUARDA TUTTI

“Avrebbero giocato a palla divinamente nel mio giardino.

Modestia a parte, sono uno che se ne intende di perfezione”.

Dio (in persona)

 

SONNY WU MILAN BERLUSCONI STEVEN ZHENGSONNY WU MILAN BERLUSCONI STEVEN ZHENG

Trent’anni non sono uno scherzo. Sono meno di un respiro, meno di un colpo di tosse, ma non sono uno scherzo. Sono il tempo che corre tra il sorriso maliardo di un seduttore alla conquista del mondo e il ghigno apatico di un pornomane alla sua ultima stazione. Ma la lacrima che scende sul volto di un pornomane stanco vale più dell’intera valle di lacrime.

 

MILAN BERLUSCONIMILAN BERLUSCONI

Silvio Berlusconi che lascia il Milan non è uno scherzo. Che lo lascia, per di più, a una misteriosa, indecifrabile company di cinesi. Niente sorrisi, né ghigni. Nessuna onnipotenza infantile o senile. Solo il rumore ottuso dei soldi. Per trent’anni Berlusconi è stato il Milan, lui a San Siro, lui a Milanello che sbarca dai cieli o racconta storie infinite, lui che s’innamora di giocatori e allenatori, lui che li ripudia. Questa non è una svolta epocale. Questo è un lutto. Qualcosa muore e sarà così anche se arriverà Cristiano Ronaldo.

 

MILAN BERLUSCONIMILAN BERLUSCONI

E’ una storia che riguarda tutti, a prescindere dal colore della pelle, juventini, interisti, romanisti, napoletani, platiniani e maradoniani. Anche perché, dei tanti suoi trentennali Milan grandiosi, uno di sicuro, quello dei tre olandesi, di Baresi, Maldini, Ancelotti, Donadoni, Evani e Tassotti, è quello che più si è avvicinato nella seconda metà degli anni ’80 al concetto di “squadra perfetta”.

 

BERLUSCONI A MILANELLOBERLUSCONI A MILANELLO

Non lo è stato sempre e non sempre per novanta minuti (di sicuro, Milan-Real Madrid, 19 aprile 1989, 5 a 0 a San Siro), ma lo è stato per almeno cinque minuti in ogni partita giocata da che è stato al mondo, padrone del mondo.

 

Otto puntate per raccontare l’era di Berlusconi. Dall’inizio. Da quando scende in elicottero dal cielo e detta la missione: dalla Cavese al tetto del mondo. Un triplo salto mortale. Fino al suo apice. Che è anagramma di epica. Il suo primo, vero Milan, quello di Arrigo Sacchi. Il resto che segue è grandezza sparsa, a volte assoluta, trofei, copertine, sbornie, tutto quello che volete, ma non è epica.

 

 

Da “La squadra perfetta” di Giancarlo Dotto (ed. Mondadori)

L’epopea del Milan di Berlusconi

 

Prima puntata.

TIFOSI DEL MILAN CONTRO BERLUSCONI E GALLIANITIFOSI DEL MILAN CONTRO BERLUSCONI E GALLIANI

IN PRINCIPIO FU SILVIO BERLUSCONI

 

“….Era un frugolo svelto e allegro che scortava il padre Luigi la domenica a San Siro, mano nella mano, a patire e a gioire insieme. Era l’Italia del dopoguerra, era il Milan dei Puricelli, dei Carapellese e poi, alla fine degli anni ’40, il Milan del trio Gre-No-Li.

 

BERLUSCONI MILANBERLUSCONI MILAN

Quarant’anni dopo, domenica 23 marzo 1986, tutta San Siro invoca il nome di quel bambino, nel frattempo diventato adulto, telegenico e facoltoso. Il Milan perde in casa con la Roma di Eriksson. Al gol decisivo di Roberto Pruzzo, esplode la protesta e partono i cori. E’ la prima volta che il nome di Berlusconi viene invocato a San Siro. Tutti lo vogliono. E’ la volontà popolare. Berlusconi ama la volontà popolare. Adora i bagni di folla. Sa cosa sono le chiamate del destino. Non si sottrae. Rompe gli indugi.

BERLUSCONI MILANBERLUSCONI MILAN

 

L’uomo che salverà il Milan dai tribunali è un imprenditore non ancora cinquantenne, che ha inventato il business della televisione commerciale, in attesa di reinventare il business del calcio e i rituali della politica. Un seduttore nato. E’ lui che rilancerà nel mondo il marchio Milan, rifondando l’azienda e risanando i conti.

 

fedele confalonierifedele confalonieri

La fumata bianca arriva la sera del 24 marzo, ventiquattro ore dopo il plebiscito di San Siro. A chiudere la trattativa sono il fratello Paolo, Fedele Confalonieri, Adriano Galliani e Giancarlo Foscale. E’ il più melassico telegenico dell’epoca, Cesare Cadeo, a dare la notizia ai giornali.

 

capello berlusconicapello berlusconi

“Da un punto di vista economico abbiamo fatto una puttanata, ma non potevo tirarmi indietro: abbiamo preso il Milan”, comunica il neopresidente ai suoi intimi. Fine di un incubo. Berlusconi eredita una società malata, un totem logoro, Nils Liedholm, e un mare di debiti.

 

Silvio Berlusconi irrompe a via Turati come il salvatore della patria. Si presenta da presidente in doppiopetto, ma si sarebbe presentato volentieri anche in tuta da allenatore. Sdoppiarsi, triplicarsi, quintuplicarsi gli riesce facile. S’intuisce quante volte, in più di vent’anni alla guida del Milan, abbia dovuto farsi violenza per impedirsi di alzare il telefono e dettare la formazione con tattica incorporata all’allenatore di turno. In qualche caso quel telefono lo ha alzato.

berlusconi sacchiberlusconi sacchi

 

Chiedere a Sacchi, Capello, Zaccheroni e allo stesso Ancelotti, per conferma, quando “Sua Emittenza” diventava “Sua Interferenza”. Gli era bastato da giovane allenare l’Edilnord, la squadra del suo passato immobiliarista, punta di diamante il fratello Paolo, per convincersi di saperla lunga in panchina.

 

berlusconiberlusconi

Convinzione, del resto, che gli veniva naturale di qualunque cosa si occupasse, dalla botanica alla cucina, di come sellare un cavallo o addomesticare un canguro. “Io allenatore del Milan? Perché no?...Ho una grande considerazione di me stesso. Non ci sono limiti a quello che posso fare. Potrei fare il giornalista, il parroco, mille altre cose, di sicuro l’allenatore”.

 

Testimoni sparsi giurano che, prima di prendersi il Milan, Berlusconi fu a un passo dal comprare l’Inter, quando Ivanhoe Fraizzoli era allo stremo delle forze e delle risorse. Sarebbe stato Sandro Mazzola a indurlo in tentazione…Fraizzoli gli propose il cinquanta per cento della società e Berlusconi ci pensò seriamente. Fu l’illuminato avvocato Peppino Prisco a sconsigliare Ivanhoe e fu un bene per tutti.

berlusconi riveraberlusconi rivera

 

Gli fece capire che con Berlusconi al fianco, anche al quarantanove per cento, non avrebbe più deciso nemmeno il colore delle sedie di Appiano Gentile. L’Inter finì a Ernesto Pellegrini e Berlusconi si riversò anema e core sul boccheggiante Milan, in totale sintonia con la sua storia e la storia di suo padre.

 

berlusconi gallianiberlusconi galliani

Il nuovo Milan riparte dalle fondamenta, rifondare la società e risanare i conti. Per la prima volta una squadra di calcio viene inquadrata secondo le logiche dell’impresa a cui applicare regole manageriali, studi di marketing e vincoli economici. La società e la squadra sono due realtà solidali ma distinte, la prima pianifica, la seconda vende emozioni. L’una non esiste senza l’altra. Berlusconi restituisce Milanello alla sua funzione storica, bunker inaccessibile di uomini che si addestrano per l’impresa: diventare in tempi brevi il club numero uno al mondo.

berlusconi galliani 7berlusconi galliani 7

 

Berlusconi si prende il Milan, immaginando di dover investire il primo anno una ventina di miliardi. Si sbaglia di grosso. Per difetto. Dentro il pacco Milan, Berlusconi e i suoi trovano una situazione molto, ma molto più pesante, come ricorda Galliani, costretto allora a inseguire panettiere, macellaio, farmacista di Carnago, decisi a sospendere le forniture per eccesso di crediti.

berlusconi 7berlusconi 7

 

Ma non è un Milan tutto da buttare. In quella squadra giocano già con alterne fortune Tassotti, Maldini, Baresi, Filippo Galli, Evani. E’ anche il Milan dei Paolo Rossi e dei due inglesi, Hateley e Wilkins. Il finale di campionato è disastroso, solo un punto nelle ultime cinque partite, salta anche il posto Uefa.

 

Peggio di così non poteva cominciare l’era Berlusconi. Uno che non si abbatte facile. Conferma senza troppa convinzione Liedholm in panchina per la nuova stagione, rinunciando senza particolari languori a un ruolo per Gianni Rivera. Prende Giovanni Galli e Massaro dalla Fiorentina, Bonetti dalla Roma, più Galderisi e Donadoni, il gioiellino dell’Atalanta.

ancelotti gallianiancelotti gallianiBERLUSCONI MILANBERLUSCONI MILANBERLUSCONI MILAN COPPEBERLUSCONI MILAN COPPESILVIO BERLUSCONI, 16 ANNI, PROVINO MILANSILVIO BERLUSCONI, 16 ANNI, PROVINO MILANancelotti baresiancelotti baresi

 

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...