giorgio emanuela perinetti

“NON RIESCO A CAPIRE, NON RIESCO A FARMENE UNA RAGIONE, NON È POSSIBILE ANDARSENE COSÌ GIOVANI” – GIORGIO PERINETTI, EX DS DI ROMA E NAPOLI, NON SI DA’ PACE DOPO LA MORTE PER ANORESSIA DELLA FIGLIA 34ENNE MANUELA, UNA STIMATISSIMA MANAGER DELLO SPORT - “È STRAZIANTE. COM’È POSSIBILE LASCIARSI SPEGNERE COSÌ?” - LA SORELLA: “SCUSA PER NON AVER CAPITO” – MICHELA MARZANO: “SO QUANTO E’ FATICOSO TENERE A BADA IL MOSTRO. SFIDO CHIUNQUE ABBIA SOFFERTO DI ANORESSIA A DIRMI CHE…”

Viola Giannoli per la Repubblica - Estratti

 

EMANUELA PERINETTI

«Non riesco a capire, non riesco a farmene una ragione, non è possibile andarsene così giovani». Il dolore di un padre che ha appena perso una figlia morta d’anoressia a 34 anni è il dolore di Giorgio Perinetti, ds storico della Roma, ora responsabile dell’area tecnica dell’Avellino.

 

Emanuela Perinetti era una marketing manager, un’appassionata di sport, una delle italiane più influenti del digital italiano e una donna che da tempo soffriva di anoressia.

Nonostante questo “Manu”, così la chiamava il padre, aveva creato «un mondo di affetto e un tesoro di stima», espresso in decine di messaggi privati e di ricordi in rete: «Parole che si riferivano alla sua gentilezza, al suo spirito innovativo, alla sua voglia di fare». «Le avevo detto — ha raccontato alla Gazzetta papà Giorgio — di una promessa fatta alla mamma (morta nel 2015 per un tumore al seno) di vederla guarire, mi diceva che ce l’avrebbe fatta. Invece l’altro giorno, quando mi ha detto che aveva “parlato” con lei, ho capito che non c’era più nulla da fare».

giorgio perinetti e la figlia emanuela

 

Era in cura, Emanuela, «i medici hanno fatto il possibile, sono stati bravissimi, lei mi diceva che andava tutto bene per tranquillizzarmi», ha detto il padre. Ma una decina di giorni fa la manager è stata ricoverata per una caduta. Il suo corpo era troppo debole. Giovedì è morta.

 

E ora che non c’è più restano le parole laceranti del padre, ieri al funerale nella basilica di Sant’Eustorgio: «È un momento straziante, non abbiamo capito quanto fosse grave la situazione, non ce ne siamo resi conto. Com’è possibile lasciarsi spegnere così? ». Domande dannate e senza risposta: «Non sapremo mai le ombre che hanno creato un disagio così grande che non abbiamo saputo e potuto contrastare». «Ti chiedo scusa — ha detto, rivolgendosi a Emanuela, anche la sorella Chiara — per non aver capito che il modo giusto di starti vicino era quello degli ultimi tempi, prendersi cura e non respingere. E voglio dirti grazie perché anche oggi mi lasci con qualcosa: questa rete di protezione di persone fantastiche. Il freddo di dicembre, di questo in particolare, non mi farà sentire sola». 

giorgio emanuela perinetti

 

(...)

 

 

SO QUANTO È FATICOSO TENERE A BADA IL MOSTRO

Michela Marzano per la Repubblica - Estratti

 

Com’è possibile spegnersi così, senza nessun problema economico, professionale o sentimentale? Giorgio Perinetti non si dà pace. Ha perso sua figlia, Emanuela. Che aveva 34 anni, era una manager dello sport e, apparentemente, aveva tutto. Apparentemente, appunto. Visto che soffriva di anoressia e, quando si scivola nella spirale infernale dei Dca , non c’è ragione che tenga, non c’è motivo razionale, non ci sono spiegazioni né giustificazioni né colpe né vergogne.

 

(...) C’è un mostro dentro che divora e che obbliga ad affamarsi – se mangi ti anniento! urla il mostro, sebbene sia lui ad annientare; la fame non perdona, la fame consuma, la fame uccide. Chi soffre di anoressia muore di fame, sì, anche se il cibo è lì, a disposizione, basterebbe aprire la bocca e inghiottire, ma come si fa a buttare giù quella roba se dentro c’è una voce che intima di non farlo: dai, forza, resisti, ce la puoi fare, ancora uno sforzo, l’ultimo, domani, forse! anche se domani è di nuovo la stessa identica storia. Non. Puoi.

giorgio Perinetti

 

Anzi, peggio: non devi. Ma perché non devo? Si chiede chi precipita nell’abisso dell’anoressia. Peccato che le risposte tardino e che, pure quando arrivano, siano parziali, bucate, fallaci, approssimative. Poi, per carità, ci sono mille strade che si possono seguire per guarire, come si dice oggi, sebbene non sia affatto chiaro cosa significhi guarire.

 

Quand’è che si guarisce? quando si riprende peso? quando papà e mamma smettono di soffrire per causa nostra? quando si riesce a ricominciare a studiare o lavorare? quando ci si fidanza o ci sposa? quando si diventa madri? Per carità, c’è la psicoterapia, c’è la psicanalisi, ci sono gli approcci integrati, cura del corpo e cura dell’anima, ci sono i gruppi di auto-mutuo-aiuto, ci sono i percorsi spirituali, e chi più ne ha più ne metta, ma si guarisce davvero? Una volta per tutte? Per sempre?

 

Emanuela Perinetti

 

(...) Sfido chiunque abbia sofferto di anoressia a dirmi che quel mostro non l’ha mai più sentito, sfido chiunque a dirmi che non si è più sentito in colpa per aver detto (o non detto) e fatto (o non fatto) qualcosa – anche se con il cibo le cose vanno bene, mi giuri che hai smesso di controllare il resto: la pulizia della casa, i conti, il numero di passi, le vasche in piscina, gli articoli che scrivi, le mail cui rispondi, le parole, i pensieri, le opere o le omissioni? Vorrei consolare papà Giorgio, ma faccio fatica.

 

È come se avessi di fronte mio padre che, in fondo, non l’ha mai capito come fosse possibile che la sua bambina, che aveva tutto, avesse tutto tranne la gioia di vivere. Dall’esterno non si capisce. E anche dall’interno, ve l’assicuro, non è facile. Perché razionalmente quel tutto c’è. Ma il mostro pretende il contrario. E quella bambina indifesa e triste che sono stata, talvolta cede ancora al mostro e crede a lui, piuttosto che all’oggettività delle cose e a sé stessa, nonostante abbia pian piano (e faticosamente) imparato ad ascoltarmi.

MICHELA MARZANOEmanuela Perinetti

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