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IN AMOR VINCE CHI LEGGE OVIDIO – L’EROS, LA SEDUZIONE, IL SESSO: UNA MOSTRA ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE CELEBRA IL POETA DI SULMONA A 2000 ANNI DALLA MORTE – EVA CANTARELLA: AMAVA (ANCHE) LE DONNE E FU IL PRIMO A PARLARE DI ORGASMO SIMULTANEO NEI VERSI DELL'ARS AMATORIA: “SOLO ALLORA/ QUANDO UGUALMENTE VINTI GIACCIONO/ LA DONNA E L' UOMO, PIENO È IL PIACERE” - VIDEO

 

EVA CANTARELLA per il Corriere della Sera

 

ovidio

Con le donne Ovidio aveva un rapporto speciale, per alcuni aspetti molto diverso da quello dei suoi concittadini. Da un canto, infatti, come tutti i maschi romani, egli riteneva normale avere rapporti sessuali con altri uomini - sempre che, quantomeno teoricamente, questi non fossero uomini liberi: il maschio romano, per definizione dominatore, doveva essere il partner attivo del rapporto, il partner passivo doveva essere schiavo.

E Ovidio dichiara di subire anche il fascino maschile: a ispirare la sua poesia, scrive infatti, poteva essere tanto una donna quanto un ragazzo (Amores I, 1, 20). Sin qui, dunque, era come gli altri. Ma a differenza di questi preferiva le donne. E ce ne spiega la ragione: il piacere doveva essere reciproco, e le donne, per lui, provavano maggior piacere degli uomini, soprattutto se assecondate nei loro desideri (cosa che non manca di raccomandare caldamente ai suoi concittadini di fare). In un mondo nel quale il rapporto tra generi era fondamentalmente predatorio per lui, dunque, dell' amore dovevano godere anche le donne, e scriveva: «il piacere concesso per dovere non mi è grato/ compiacenza di donna non la voglio» (Ars amatoria II, 687-688).

 

OVIDIO MOSTRA SCUDERIE QUIRINALE

Cosa addirittura impensabile all' epoca, poi, assicurava che il piacere era maggiore se l' uomo e la donna raggiungevano contemporaneamente l' orgasmo, ammonendo: «non sorpassarla, con le tue vele al vento/ e non lasciarla andare innanzi a te./ Guadagnatela insieme, quella meta: solo allora/ quando ugualmente vinti giacciono/ la donna e l' uomo, pieno è il piacere» (Ars amatoria II, 724-728). Ma come raggiungerlo questo piacere, come sedurre?

 

Per Ovidio l' amore era un gioco che allietava la vita, ma quel gioco era un' arte: quella di godere solo degli aspetti positivi del rapporto, eliminando le inutili sofferenze che questo spesso comportava. Risultato non facile, raggiunto grazie a una guerra spietata in cui il fine giustificava i mezzi, consentendo menzogne e simulazioni, nel corso della quale ciascuno dei combattenti usava le armi tipiche del proprio sesso.

ovidio

 

E poiché come tutte le arti anche quella di amare richiedeva un' educazione, nell' Ars amatoria (la più celebre delle sue opere) Ovidio assume il ruolo del precettore, insegnandola ai suoi concittadini (nei primi due libri dell' opera alle donne, e nel terzo agli uomini).

 

Insegnamenti diversi, ovviamente, a seconda dei sessi (che hanno peraltro in comune l' idea che la conquista fosse affidata all' inganno), descritti ricorrendo a metafore, tra le quali quella della caccia: come il cacciatore, chi ama deve studiare la preda, deve conoscerne i gusti e le abitudini, perché solo così potrà tendere trappole efficaci e sfruttare ogni possibile occasione. Ma attenzione, la vittoria, l' oggetto della conquista non è l' amore, è il piacere sessuale. L' allievo-amante non deve mai farsi coinvolgere sentimentalmente, se vuol continuare a reggere le redini del gioco e dopo aver vinto la prima battaglia della conquista vincere la guerra. A questo punto, ce n' è quanto basta per capire come la sua poesia (purtroppo per lui) fosse in contrasto con la politica di Augusto, in quegli anni impegnato in una grande opera di moralizzazione (peraltro destinata a fallire) contro quella che egli riteneva una generale dissolutezza causata dalla perdita dei valori familiari.

ovidio e corinna

 

Caduto in disgrazia nell' 8 d.C., Ovidio venne relegato nella lontana Tomi (oggi Costanza), sulle coste del Mar Nero, e ivi morrà, nel 17 o 18 d.C. A nulla valsero i tentativi degli amici e della moglie, rimasta a Roma, per ottenere che il bando venisse revocato. Nei Tristia, l' opera scritta negli anni dell' esilio, Ovidio scriverà che a causare la sua disgrazia erano stati un errore e un carmen.

Quale fosse l' errore è cosa discussa, quale il carmen è invece evidente: è l' Ars amatoria.

 

 

LA VENERE CALLIPIGIA E POUSSIN VIAGGIO NEL SUO IMMAGINARIO

Edoardo Sassi per il Corriere della Sera

 

OVIDIO

Dell' universalità del suo pensiero il primo a essere convinto fu l' autore stesso: «Ho ormai compiuto un' opera - ebbe a scrivere - che non potranno cancellare né l' ira di Giove, né il fuoco, né il ferro, né il tempo divoratore e il mio nome resterà: indelebile». Profezia avverata anche a distanza di duemila anni, come dimostra anche la mostra Ovidio. Amori, miti e altre storie, fino al 20 gennaio alle Scuderie del Quirinale.

 

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Un' esposizione dedicata all' opera del celebre poeta latino, nel Bimillenario della morte, e ai suoi infiniti rimandi nelle rappresentazioni antiche, moderne, contemporanee. Una mostra, curata da Francesca Ghedini, che attraversando i secoli fa dialogare poesia e arte, immagini e parole, mettendo in luce la fitta trama di connessioni e i reciproci rinvii tra diversi linguaggi.

 

Duecento gli esemplari selezionati tra statue, affreschi, vasi, rilievi, gemme, codici miniati e quadri. Un' antologia - con alcuni prestiti internazionali, dal Louvre di Parigi alla National Gallery di Londra - tesa a dimostrare il ruolo di eterna fonte d' ispirazione del cantore di Sulmona e della sua opera, soprattutto per pittori e scultori tra Rinascimento e Barocco. Tema dominante, l' amore, esemplificato anche da uno dei prestiti clou della mostra, la statua di Venere «Callipigia» in marmo bianco concessa dal Museo archeologico nazionale di Napoli, partner dell' esposizione, da cui provengono anche gli straordinari affreschi d' epoca romana ritrovati a Pompei.

VENERE CALLIPIGIA

 

Ovidio maestro di eros, bellezza, seduzione: sala dopo sala si svelano al visitatore i temi (divenuti veri e propri archetipi nel tempo) al centro dei suoi scritti, a partire dallo sguardo sul mondo femminile. Narciso, Pigmalione, Adono o detti quali «in amor vince chi fugge»: il contributo di Ovidio alla cultura tocca perfino il lessico comune, a riprova di una sempiterna fortuna che questa mostra consacra, proclamando idealmente il poeta vincitore nel conflitto con il princeps, che avrebbe voluto che l' oblio scendesse sul suo nome. La mostra racconta infatti anche il rapporto a dir poco contrastato di Ovidio con l' imperatore Augusto, che al poeta inflisse la pena di uno spietato esilio sulle rive del Mar Nero, in una regione ancora scarsamente romanizzata dove, solo e disperato, visse gli ultimi anni implorando un perdono che non arrivò mai.

 

E Augusto in mostra svetta nella monumentale statua in marmo che lo raffigura con il capo velato, in veste di Pontefice Massimo, in arrivo dal Museo di Aquileia.

bacco e arianna

Suggestiva la contrapposizione tra la dignitosa severità degli dei ufficiali del principato e le vivaci e sensuali figure che animano i versi delle Metamorfosi. Le divinità del Pantheon - Venere, Apollo, Diana, Giove - divengono nell' universo ovidiano vittime di amori tanto veementi quanto illegittimi o artefici di violenti vendette e atroci punizioni, come si vede nella tragica vicenda di Niobe, figlia di Tantalo, costretta a vedere uccisi i propri figli e rappresentata in mostra da sculture provenienti da un gruppo statuario di recente scoperta.

Per il visitatore, l' opportunità di ammirare capolavori celebri come la Venere pudica di Botticelli, oltre a raffigurazioni delle storie ovidiane a opera di artisti - dal Quattrocento al Settecento - quali Benvenuto Cellini, Tintoretto, Ribera, Poussin, Batoni; spingendosi fino a un' incursione nel contemporaneo con l' installazione al neon di Joseph Kosuth ispirata ai testi del poeta e che accoglie il visitatore in entrata.

AFFRESCO CON LEDA E IL CIGNO - ERCOLANO

 

Bacco o Narciso, fanciulle amate, abbandonate e rapite come Arianna e Proserpina, o giovani dai tragici destini, tra cui Meleagro e Icaro: la scelta delle opere costruisce anche una narrazione di tormentate vicende amorose che si concludono con una trasformazione, la più celebre Metamorfosi, quella di Ermafrodito, eternato nella celeberrima e splendida statua d' età romana proveniente da Palazzo Massimo.

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