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1. LA ROMA A BERGAMO BUTTA VIA L’ENORME OCCASIONE DI RIACCHIAPPARE IL SECONDO POSTO 2. COS’È QUESTO SUICIDIO, INUTILMENTE EXTRALARGE, CHIAMATO DZEKO? COS’È ARRIVATO A FIUMICINO QUEL GIORNO, UN ANNO FA, NEL TRIPUDIO CHE OGGI RISULTA GROTTESCO DI FOLLA? 3. E, TANTO PER CONCLAMARE LA FOLLIA GIALLOROSSA, CHI LA SALVA DALLA SCONFITTA? PROPRIO LUI, FRANCESCO TOTTI

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Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia

 

Partita folle ancora prima che bella. Follia tutta giallo e rossa. E canoni millenari da storia romanista tutti rispettati, a cominciare dai gol dell’ex, inesorabili, tre stavolta, D’Alessandro e Borriello che, ora, fatta l’impresa, torneranno felici e sazi a galleggiare nel loro modesto destino. Ma, prima di tutto, prima di ogni altra questione, una domanda secca, brutale: ma cos’è questa cosa, inutilmente extralarge, chiamata Dzeko?

 

Cos’è arrivato a Fiumicino quel giorno, un anno fa, nel tripudio che oggi risulta grottesco di folla? Se una cospirazione planetaria antiromanista  avesse voluto iniettare un nemico mortale nella pancia di Trigoria non avrebbe saputo fare di meglio e di peggio. Anche stavolta una collezione di molli spropositi, di cui due da horror, che se ne fai uno in una stagione è già troppo, ma lui, l’Indecifrabile, di queste fotte ne ha collezionate una decina. Insomma, con uno così ci si suicida.  

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Detto questo, se vai sul 2 a 0 in trasferta, è game over. Non può essere altro. Se poi ti chiami Juve, gli altri possono andarsene a casa. Non c’è spago. Ma, se ti chiami Roma, il corto circuito è sempre lì, incombente. Lo strano, sotterraneo, presidio di un’emotività malata. Due gol subiti in quattro minuti, di cui il primo in contropiede! Manolas, proprio lui, Zukanovic e amici incomprensibilmente spaventati a morte, quando si trattava di sentirsi padroni. 

 

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La grandezza della Juventus sta anche in questo, le avversarie scendono in campo già sconfitte, arrese. Se non è, quasi sempre, la cifra tecnica, sarà l’imbellicità arbitrale. Se di là e la Roma, sarà il nome in sé, tutto quanto si porta dietro nei millenni, la voglia matta è quella di romperti il culo. Se poi hai sulla panca uno avvelenato come Edy Reja. Uno che, già non è una bellezza di suo con quel muso cupo e buio come un sasso della Carnia, scusami sasso, quando incontra la Roma s’imbruttisce per via dell’odio.

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Dopo averla stravinta, la Roma rischia di perderla e, tanto per conclamare la follia, chi la salva? Proprio lui, Francesco Totti.

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A proposito di Totti. Il ragazzo, alla soglia dei quaranta, dovrebbe smetterla qui solo per quante inutili tensioni e beghe e guerre di religione semina di questi tempi nell’ambiente.

 

Vediamo bel dopo follia anche Big Spalla pericolosamente provato da questa incedente orda di pensieri gregari nel nome di Totti, nome che affiora nella glottide di chiunque abbia un microfono o una tastiera. Questo è mortale per la Roma.

 

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Se Totti fosse davvero romanista e non tottista (legittimo per carità, ma non spacciatelo per quello che non è), farebbe il nobile gesto, farsi da parte, solo per mettere fine a questo scempio. E invece insiste, come un veleno silenzioso. Ora poi, che ha segnato anche il gol del 3 a 3, non ci sarà pace, prepariamoci a una bollente recrudescenza dei missionari pupoidi.

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Replicando il suicidio con il Bologna (anche loro partita all’arma bianca e successivo flop in casa col Torino!), la Roma butta via l’enorme occasione di riacchiappare il fondamentalissimo secondo posto, soffiando sul collo del Napoli. Peccato, nel giorno in cui abbiamo visto una delle più impressionanti partite di un giocatore giallorosso. E quel giallorosso si chiama Perotti. 

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