telecom italia tim amos genish pietro labriola roberto colaninno tronchetti provera luigi gubitosi

TIM, STORIA DI UN GRANDE ORRORE/1 – LA VENDITA DELLA RETE AL FONDO USA KKR È L’ULTIMO ATTO DI UN DISASTRO LUNGO 25 ANNI: NEL 1997, QUANDO VIENE PRIVATIZZATA, TELECOM È LA QUARTA AZIENDA IN ITALIA, HA UNA “FORTE CAPACITÀ INNOVATIVA” E OCCUPA 120MILA PERSONE. DA ALLORA, HA BRUCIATO QUALCOSA COME 70-80 MILIARDI, ED È COSTRETTA A VENDERE L’INFRASTRUTTURA STRATEGICA, CON L’AIUTO DEI SOLDI DEI CONTRIBUENTI PER RISANARE IL DEBITO – I “CAPITANI CORAGGIOSI” DI D’ALEMA, LA STRANA COPPIA ELLIOTT-CDP E LE MOSSE DI VIVENDI

Estratto dell’articolo di Marco Palombi per “il Fatto quotidiano”

 

I PRINCIPALI AZIONISTI DI TIM - PIETRO LABRIOLA

Ella fu. Tim continuerà ancora formalmente a vivere per un po’, almeno fino alla vendita pezzo dopo pezzo di quel che rimane, ma la lunga storia della società iniziata nel 1933 con la fondazione della Stet è finita ieri ed è, per i suoi ultimi trent’anni, una storia ingloriosa in cui convergono l’insipienza dolosa o colposa della classe dirigente politica e il cialtronismo straccione della cosiddetta “grande impresa” italiana, ché “il cretinismo degli industriali” di cui Antonio Gramsci non può coprire tutta la vicenda.

 

[…] L’ultimo atto […] l’ha scritto ieri pomeriggio il cda […]: vendere entro l’estate […] la rete telefonica al fondo Kkr, che grazie a Meloni&giorgetti si ritroverà come soci di minoranza il Tesoro e Cdp. […]

 

CARLO AZEGLIO CIAMPI E MARIO DRAGHI

Questo disastro inizia però trent’anni fa, quando “la madre di tutte le privatizzazioni” fu necessaria all’italia per rispettare i parametri di Maastricht: nessun piano industriale, solo il bisogno di fare cassa. È la prima delle molte scelte finanziarie che hanno portato all’inferno un colosso industriale.

 

Tim nel suo perimetro attuale nasce tra il 1994 e il 1997 dalla fusione della Sip con la Stet dell’iri. L’azienda, citiamo dal recente Illusioni perdute di Marco Onado e Pietro Modiano (Il Mulino), nel 1998 è “la quarta in Italia per fatturato e la prima per valore aggiunto, aveva una elevata redditività (l’utile superava l’11% del fatturato) e praticamente non aveva debiti”. A non dire che occupava 120mila persone contro le 40mila di oggi e aveva “una forte capacità innovativa” garantita da consociate all’avanguardia come la Cselt.

roberto colaninno

 

A Palazzo Chigi c’è Romano Prodi e la privatizzazione è gestita a livello politico dal ministro dell’economia Carlo Azeglio Ciampi e a livello tecnico dal dg del Tesoro Mario Draghi: si decide di venderla tutta, ma spingendo a investire un gruppo di azionisti italiani, il “nocciolo duro”.

 

Lo Stato incasserà 26mila miliardi di lire e Telecom finirà a un “nocciolino” che ha meno del 7% del capitale ed è guidato dalla Fiat con un misero 0,6%. Si butta un anno e più tra incertezze e litigi, con gli Agnelli che impongono un vertice digiuno di competenze nel settore, finché (febbraio 1999) non arriva l’opa di Roberto Colaninno, frontman di una cordata basata in Lussemburgo a cui partecipano Enrico Gnutti ,i Lonati e altri.

 

matteo colaninno massimo dalema

Sono “i capitani coraggiosi” benedetti dal premier dell’epoca, Massimo D’alema, che prendono il controllo di Telecom via scatole cinesi e leva finanziaria. Tradotto: il controllo della società passa in una finanziaria estera, la Bell, che controlla Olivetti che controlla Telecom; la gran parte dell’opa viene finanziata a debito, […] che […] viene poi scaricato sulla stessa Telecom, che in sostanza paga per farsi comprare.

 

Passano due anni, a Palazzo Chigi torna Silvio Berlusconi ed è il turno di Marco Tronchetti Provera di Pirelli: stavolta non c’è nessuna Opa perché per prendersi Telecom basta prendersi Bell.

 

marco tronchetti provera telecom

[…]  La società s’avvia ormai moribonda alla rivoluzione delle tlc: non la salveranno “l’operazione di sistema” tra le banche e la spagnola Telefonica (2007), che pure consentì di andarsene felice pure al buon Tronchetti, né l’ingresso “ostile” dei francesi di Vivendi (2018) o la reazione della strana coppia tra il fondo britannico Elliott e Cdp, oggi secondo azionista di Tim col 9% circa.

 

È stato calcolato che questo rutilante avvicendarsi di azionisti sia costato a Tim tra debito e dividendi qualcosa come 70-80 miliardi.

 

E così si arriva all’ennesima operazione finanziaria: la vendita della rete al prezzo di 20-22 miliardi, che Kkr pagherà per metà a debito. […] un’infrastruttura strategica e monopolista del mercato, viene venduta a Kkr con la contrarietà del primo azionista e il non voto del secondo (è in conflitto di interessi: controlla Open Fiber), ma con la benedizione di Meloni e i soldi dei contribuenti (ma ce ne vorranno di più: il cda di Tim chiede un prezzo migliore per i cavi sottomarini di Sparkle, destinati appunto al Mef ). Non si sa se la rete avrà gli investimenti di cui necessita: quello che si sa è che il fondo Usa avrà il solito rendimento del 10% sul capitale investito.

pietro labriola a Italian Tech Week

vincent bollorevincent bollore al telefono

 

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO