joe biden giorgia meloni tim fibra kkr usa stati uniti

WASHINGTON HA ORDINATO: L'OPERAZIONE KKR-MEF PER LA RETE TIM S’HA DA FARE. A DISPETTO DEI COSTI PER IL TESORO – BIDEN, NELL'INCONTRO DI LUGLIO CON LA MELONI, È STATO CHIARO: IL FONDO STATUNITENSE IN QUESTO MODO DIVENTA IL TUTORE DEGLI INTERESSI DELLA CASA BIANCA IN ITALIA – L'INTERA OPERAZIONE È STATA COSTRUITA SILENZIOSAMENTE DA QUELL'IMPALPABILE PARTITO DI DRAGHI CHE ANCORA GUIDA LE SCELTE DI FONDO DELLA POLITICA ECONOMICA ITALIANA – IL GOVERNO SGANCIA DUE MILIARDI DI EURO PER COPRIRSI LE SPALLE CON LO ZIO SAM...

Estratto dell’articolo di Ghost Dog per www.ilgiornaleditalia.it

 

kkr

L'operazione KKR a dispetto dei costi per l'Italia "s'ha da fare". Questo vuole Washington e questo è quello che accadrà costi quel che costi. Con buona pace di chi in Francia non ne vuol sapere dell'operazione. Ma sotto la pressione statunitense dovrà capitolare.

 

[…] continuano infatti senza sosta le telefonate di Washington (adesso poi che il nuovo ambasciatore è arrivato...) verso palazzo Chigi con la richiesta di fare presto. Anche Joe Biden, nell'incontro di luglio con Giorgia Meloni era stato molto chiaro sulla questione. Kkr in questo modo diventa il tutore degli interessi statunitensi in Italia. Il paese a stelle e strisce vuole tutelarsi da eventuali sbandate future del bel paese. Anche Matteo Salvini, il capitano leghista, per paura di mettersi contro gli Stati Uniti non ha più detto una parola contro la dispendiosissima operazione.

 

giorgia meloni con joe biden allo studio ovale

[…]  l'intera operazione è stata costruita silenziosamente a partire da novembre dello scorso anno. Chi se ne è occupato siede a Palazzo Chigi ed è uno dei più stretti collaboratori di Giorgia Meloni (lasciando ai margini chi aveva specifiche competenze si settore ovvero Urso e Butti) insieme al Ministro Giorgetti. Si tratta di quell'impalpabile Partito di Draghi che di fatto guida ancora, con buona pace di Giorgia Meloni (che comunque acconsente), le scelte di fondo della politica economica italiana.

 

La Meloni che aveva fatto una intera campagna elettorale puntando sul controllo pubblico della rete, che è il dossier più importante del governo italiano si ritrova con un risultato del tutto differente, costoso ed irto di ostacoli ma soprattutto cede chiavi in mano la rete telefonica italiana agli Stati Uniti ovvero coloro i quali stanno tenendo in piedi il governo della leader di Fratelli d'Italia (almeno fino a quando ci sarà bisogno per la guerra in Ucraina).

 

joe biden giorgia meloni

E proprio a questo serve l'operazione: alla sopravvivenza del governo. Cedere la rete ad una società Usa significa assicurarsi la benevolenza della Casa Bianca. Il MEF si impegna a mettere dei soldi, due miliardi scarsi, ma gli importi per il pubblico non si fermano lì.

 

Non a caso si sta costruendo in aggiunta al 20% che finirebbe in mano al MEF, una presenza di F2i per un ulteriore 10% (F2i è già partita alla ricerca di finanziatori), infine un ulteriore 5% potrebbe finire in mano a CDP. Il tutto per una quota pubblica di circa il 35%, mentre il 65% rimarrebbe in capo al fondo americano KKR. Quindi nessun controllo pubblico della rete. Ma un modo per coprirsi le spalle politicamente con lo zio Sam.

 

KKR non rinuncerà mai alla nomina di un proprio AD. Tutt'al più può lasciare a Giorgetti la scelta del presidente, che rientrerà nell'orbita del Partito di Draghi (trasversale e con propri uomini in tutti i partiti dello schieramento italiano, in maggioranza e all'opposizione).

 

meloni giorgetti

 Qualcuno ha messo in giro la voce nelle scorse settimane che i francesi fossero d'accordo con l'operazione ed avessero accettato l'offerta di MEF e KKR. Ma non è così. I francesi intendono fare battaglia e lo faranno in sede di assemblea straordinaria, dove potrebbero fermare agevolmente l'intera operazione.

 

Poi ci sono ragioni antitrust. Qualcuno aveva pensato di coinvolgere CDP al posto del MEF poi si sono ricordati che CDP ha il 10% di TIM e il 60% di Open Fiber, principale competitor di TIM. Ma se rimane il MEF come interlocutore, la musica non cambia: il MEF controlla comunque con l'83% CDP che ha quei conflitti di interesse antitrust appena detti.

 

vincent bollore

Il punto è che l'operazione andava completata ad ogni costo e non per ragioni di merito che riguardano il settore TLC da troppo tempo bloccato. Il bel paese ha ben poco da guadagnare dall'intera operazione: la società americana incasserà soldi certi ogni anno, potrebbe uscire tra qualche anno con una decina di miliardi e lascerà allo stato italiano il debito che viene ceduto da TIM al MEF/KKR in caso di cessione della rete. […]

PIETRO LABRIOLA TIM giorgia meloni e joe biden - g20 new delhi

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO