VIA FAX IL "CONTRATTO" CON IL TRANSFUGA DE GREGORIO: I SOLDI SAREBBERO STATI VERSATI IN CAMBIO DEI VOTI CONTRARI AL GOVERNO PRODI - LA TELEFONATA INTERCETTATA TRA SILVIO E LE SIGNORINE.

Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"


Silvio Berlusconi sapeva bene che la Procura di Napoli stava conducendo un'inchiesta che lo riguardava. Almeno dalla scorsa settimana, quando un paio delle ragazze attrici o aspiranti tali, appena perquisite dalla Guardia di Finanza, lo chiamarono per avvisarlo di ciò che era accaduto. Gli apparecchi delle signorine erano sotto controllo, e nei colloqui intercettati l'ex presidente del Consiglio ha cercato di tranquillizzarle, spiegando che con tutta probabilità i magistrati ce l'avevano con lui e loro non avevano nulla da temere.

Ieri il leader di Forza Italia ha detto di non aver avuto notizia dell'indagine a suo carico, e se parlava di avvisi ufficiali è vero: a indagine in corso non è previsto che ricevesse alcuna comunicazione. Per altre vie però, sapeva di quell'inchiesta nata dal fascicolo riguardante la creazione della società di produzione televisiva Pegasus, che coinvolge il direttore di Raifiction Agostino Saccà. Il quale, attraverso il suo avvocato Marcello Melandri, ha fatto sapere ieri che nessuna delle attrici coinvolte nella presunta corruzione ha ottenuto contratti a viale Mazzini dopo le segnalazioni di Berlusconi.

Lo stesso Saccà, nel suo lungo interrogatorio, ha spiegato che Pegasus è un'idea mai concretizzata di Luca Cordero di Montezemolo e Corrado Passera, nata durante la missione italiana in India. Ascoltati come testimoni, i due imprenditori hanno confermato di aver proposto a Saccà di guidarla se fosse andato via dalla Rai, ma erano perplessi sul coinvolgimento della Mediaset di Berlusconi e dell'azienda di Stato, ritenendo che la società dovesse restare indipendente.

Nelle pieghe dell'indagine su questo progetto, per il quale Saccà cercava comunque di garantirsi almeno la non contrarietà di Berlusconi, sono saltate fuori le conversazioni sull'«Operazione libertà » che l'ex presidente del Consiglio stava conducendo per spostare dalla sua parte il numero di senatori sufficienti a far cadere il governo Prodi. Da lì è nata l'inchiesta per corruzione, accusa che il leader del centrodestra respinge sostenendo che i fatti contestati «non sono assolutamente di rilevo penale».

Ma alla Procura di Napoli la pensano diversamente. Ascoltando le telefonate i magistrati si sono convinti di trovarsi di fronte all'ipotesi di reato disegnata dagli articoli 318 e 320 del codice penale; e hanno ipotizzato a carico di Berlusconi l'istigazione nei confronti di parlamentari (assimilati ai pubblici ufficiali) a commettere azioni che possono rientrare nella categoria della corruzione. Anche se la materia di scambio è il voto in Parlamento, libero da ogni «vincolo di mandato» come stabilisce la Costituzione.



Ma quella «protezione» riguarda appunto l'esercizio del mandato degli eletti dal popolo, che nella visione degli inquirenti dev'essere libero anche da condizionamenti precedenti il momento del voto in aula. Il codice dice che la corruzione si verifica in presenza di «denaro, altra utilità o retribuzione non dovuta» versata o promessa «per compiere un atto d'ufficio»: nel caso individuato dai procuratori di Napoli, quell'«atto» sarebbe proprio il voto parlamentare.

Che con la «campagna acquisti», la segnalazione delle attrici da far lavorare perché segnalate da questo o quel senatore e le sovvenzioni a fronte del cambio di schieramento politico, avrebbe perso le sue prerogative di libertà. E lo stesso codice punisce anche chi «dà o promette il denaro o altra utilità »: nell'ipotesi avanzata dai magistrati, Silvio Berlusconi in persona.

Il quale, nel «contratto» fatto avere al senatore Sergio De Gregorio - presidente della commissione Difesa a palazzo Madama, eletto con l'Unione e poi passato all'opposizione, a sua volta inquisito in un altro procedimento per riciclaggio aggravato dall'agevolazione di un'associazione mafiosa - avrebbe fatto scrivere qualcosa che per gli inquirenti è una conferma della loro ipotesi. Nell'impegno al finanziamento con parecchie migliaia di euro del nuovo movimento del senatore transfuga, sancito nel maggio scorso, ci sarebbe scritto che i soldi sarebbero stati versati in cambio dei voti contrari al governo «fino alla caduta» dell'esecutivo guidato da Romano Prodi.

questo è scaturito da telefonate in cui casualmente è stata intercettata la voce dell'ex premier, e da un fax indirizzato a De Gregorio inquisito in una diversa indagine. Anche sull'utilizzo delle telefonate con i discorsi dell'onorevole Berlusconi nell'inchiesta a suo carico, gli inquirenti ritengono di essersi mossi nel rispetto delle regole. L'autorizzazione alla Camera per il loro impiego processuale, infatti, stando alle più recenti interpretazioni (compresa quella della Giunta per le autorizzazioni nel recente «caso D'Alema») dovrebbe essere richiesta solo per l'eventuale esercizio dell'azione penale, cioè la richiesta di rinvio a giudizio. Non prima.

Tutto regolare, quindi, secondo i magistrati. Ma proprio su questo punto si sono già concentrate le polemiche - oltre a quelle sulla presunta «armata rossa» in azione - che hanno già determinato un esposto al Csm e al ministero della Giustizia, firmato dallo stesso Berlusconi, e un paio di precisazioni governative. Lasciando immaginare nuove tensioni tra giustizia e politica.


Dagospia 13 Dicembre 2007