alessandro profumo

CHE BOTTA D'IMMAGINE ALLUCINANTE: ALESSANDRO PROFUMO HA LO STIPENDIO PIGNORATO - L'AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA PRIMA INDUSTRIA MILITARE ITALIANA SUBISCE IL PROVVEDIMENTO GIUDIZIARIO INSIEME AD ALTRI EX COLLEGHI BANCHIERI DI UNICREDIT (A LORO SEQUESTRATE ANCHE LE CASE) NELL'INCHIESTA PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA PER L'USO SPREGIUDICATO DEI DERIVATI, APPIOPPATI ALLE SOCIETÀ CHE CHIEDEVANO PRESTITI

Paolo Biondani per https://espresso.repubblica.it/

ALESSANDRO PROFUMO

 

L'amministratore delegato della prima industria militare italiana Alessandro Profumo ha lo stipendio pignorato. E i suoi ex colleghi banchieri hanno pure le case sotto sequestro.

 

L'inatteso provvedimento giudiziario ha colpito quattordici manager che guidavano Unicredit negli anni del boom dei derivati: prodotti finanziari ad alto rischio, che prima della crisi venivano venduti dalle più importanti banche italiane e straniere per cifre imponenti. Contratti molto complessi, paragonabili a scommesse economiche, che hanno minato i conti di migliaia di imprese private e amministrazioni pubbliche di tutta Italia. In uno dei casi più gravi, il proprietario di un'industria pugliese rovinata dai derivati ha reagito con una denuncia penale, dopo aver video-registrato di nascosto i suoi incontri cruciali con i funzionari di Unicredit.

 

L'indagine della Guardia di Finanza, coordinata dal pm Isabella Ginefra, ha superato il primo esame nel febbraio scorso: il giudice dell'udienza preliminare ha rinviato a giudizio i dirigenti di Unicredit in carica all'epoca dei fatti, tra cui spiccano l'ex amministratore delegato Federico Ghizzoni e il suo predecessore Alessandro Profumo, che dal 2017 guida il gruppo Leonardo (l'ex Finmeccanica), il colosso nazionale delle armi, elicotteri e tecnologie per la difesa.

 

ALESSANDRO PROFUMO CON GHIZZONI

Ora i banchieri si ritrovano così imputati di bancarotta fraudolenta davanti al tribunale di Bari, dove aveva sede Divania, che prima della crisi dava lavoro a più di 400 operai, vendeva i suoi divani in pelle anche all'estero, soprattutto negli Stati Uniti, e non aveva mai avuto problemi di liquidità. Secondo l'accusa, i guai sono cominciati proprio con l'esecuzione dei derivati: una successione di oltre duecento contratti-fotocopia siglati dal 2000 al 2005, con rinnovi continui ad ogni scadenza per rinviare l'emersione delle perdite, che intanto diventavano sempre più gravi.

 

L'accusa di bancarotta è legata alla scoperta che la banca avrebbe «manipolato e falsificato» i contratti, truccando le date e i contenuti di molti atti, di cui risultano scomparsi gli originali. Il titolare di Divania, inoltre, sarebbe stato «ingannato» sulla struttura stessa dei derivati, che gli venivano presentati come «strumenti di copertura contro i rischi di cambio del dollaro», mentre in realtà erano complicatissime «combinazioni di contratti di opzione», occultandone così «la natura speculativa», come scrivono i giudici: in altre parole, si trattava di pericolose scommesse finanziarie, proposte e gestite dalla stessa banca che poi incamerava commissioni e profitti a danno del cliente.

ALESSANDRO PROFUMO

 

Tutti gli imputati respingono le accuse. In particolare i legali di Unicredit sostengono, anche nelle parallele cause civili in corso da anni, che il fallimento dell'azienda pugliese non sarebbe stato provocato dai derivati, ma da una contemporanea crisi di mercato. E giustificano le date non vere e i contratti mancanti come «mere incongruenze documentali», dovute a «deprecabili imprecisioni e reiterate disattenzioni» dei funzionari della banca: «errori» che non proverebbero nulla di illecito, in quanto lo stesso cliente, cioè Divania, avrebbe «tollerato tale prassi», accettando l'esecuzione dei derivati «imprecisi».

 

Due mesi fa, quando si è aperto il processo penale, il titolare dell'azienda danneggiata, Francesco Saverio Parisi, che si è costituito parte civile con l'avvocato Maurizio Altomare, ha chiesto il «sequestro conservativo» dei beni degli imputati, per garantirsi i futuri risarcimenti in caso di condanna dei banchieri. E la seconda sezione penale del tribunale di Bari (presidente Mascolo, giudici a latere Moretti e Mastromatteo) ha accolto l'istanza di misura cautelare di tipo patrimoniale. Nel provvedimento intestato ai 14 banchieri, di cui l'Espresso ha ottenuto copia, si legge che il tribunale «dispone il sequestro conservativo dei beni immobili di proprietà degli imputati, cosi come risultanti dalle visure catastali allegate, nonché dei beni mobili e dei conti correnti postali o bancari intestati ai medesimi, ovunque accesi, nonché di eventuali depositi titoli e strumenti finanziari», fino a raggiungere «la complessiva somma di 40 milioni di euro».

 

Dagli atti del catasto, aggiungono i giudici, «si evince che il valore degli immobili di proprietà degli

DIVANIA BARI

 

imputati appare insufficiente a garantire l'adempimento» del totale dei risarcimenti rivendicati dalla parte civile. Di conseguenza, il tribunale «dispone altresì il sequestro conservativo, nella misura di un quinto, degli emolumenti» derivanti da «retribuzioni o pensioni» che verranno incassati durante tutto il processo dagli stessi imputati.

 

Il sequestro conservativo non è un esproprio e non presuppone un giudizio di colpevolezza: impedisce solo di vendere o donare i beni, per garantire gli eventuali risarcimenti alle vittime del reato, che diventeranno effettivi solo in caso di condanna. Le carte allegate mostrano che il provvedimento colpisce, in pratica, il 50 per cento di una villa in Versilia dell'ex banchiere Ghizzoni (non l'altra metà, intestata alla moglie) e numerosi appartamenti o quote di immobili, tra Milano, Liguria e Val d'Aosta, di proprietà di Luca Fornoni e Davide Mereghetti, i manager della finanza che dirigevano la cosiddetta “factory”, la fabbrica dei derivati del gruppo Unicredit. Casa congelata anche per gli altri imputati con cariche minori. Per Profumo, invece, il blocco giudiziario riguarda solo un quinto dello stipendio (il limite massimo consentito dalla legge) e i conti bancari che verranno via via identificati dalla parte civile: il top manager, infatti, non risulta proprietario di alcun immobile. Stando alle visure catastali, l'attuale numero uno di Leonardo non ha niente di intestato, neppure una prima casa o un box per auto.

 

unicredit

Nel decreto di rinvio a giudizio, Profumo è chiamato in causa come ex amministratore delegato di Unicredit e presidente della controllata Ubm: secondo l'accusa, era lui che «elaborava, dirigeva e coordinava le strategie di commercializzazione dei derivati alle imprese clienti della banca, tra cui Divania spa». L'accusa si fonda anche sui risultati di un'ispezione della Consob, che nel 2007 aveva multato l'intero vertice di Unicredit proprio per gli affari con i derivati, chiusi con perdite gravi a carico di un totale di 12.700 aziende italiane. L'ex banchiere Ghizzoni, invece, è fimito sotto accusa «per non aver adempiuto alla diffida, inviatagli nell'aprile 2011, a restituire le somme sottratte a Divania con i derivati». Per provare che il capo della banca sapeva del problema pugliese, l'imprenditore Parisi ha spedito quella raccomandata direttamente a lui.

 

Il provvedimento di sequestro conservativo ha una particolarità anche giuridica: i beni bloccati vengono destinati non alla società fallita, ma personalmente a Parisi, che era titolare del 99,5 per cento di Divania spa, per compensare «il depauperamento del proprio patrimonio» derivante dalla perdita di valore delle sue azioni dopo il dissesto aziendale collegato ai derivati.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - COME DESTABILIZZARE IL NEMICO PIÙ INTIMO? SEGUITE IL METODO MELONI: AD OGNI INTRALCIO CHE SI INVENTA QUEL GUASTAFESTE DI SALVINI, LA MINACCIA DELLA DUCETTA È SEMPRE LA STESSA: ANDIAMO AL VOTO ANTICIPATO E VEDIAMO QUANTO VALE NELLE URNE ‘STO CARROCCIO - QUESTO RITORNELLO MELONIANO DI ANTICIPARE DI UN ANNO LE POLITICHE 2027, PERCHÉ NON LO FA SUO ANCHE ELLY SCHLEIN? ANZICHÉ STAR LÌ A PIAGNUCOLARE DI “SALARIO MINIMO”, DI “POLITICA INDUSTRIALE CHE NON C’È” E DI “CETO MEDIO IMPOVERITO”, SE L’ITALIA VA A PUTTANE, METTA L'ARMATA BRANCA-MELONI IN DIFFICOLTÀ: SI TOLGA L’ESKIMO DA GRUPPETTARA E LANCI LEI A GRAN VOCE UNA BELLA CAMPAGNA FATTA DI SLOGAN E FRASI AD EFFETTO PER CHIEDERE LO SFRATTO DEL GOVERNO, LANCEREBBE COSI' UN GUANTO DI SFIDA ALL’ARROGANZA DELLA DUCETTA, METTENDOLA IN DIFFICOLTÀ E NELLO STESSO TEMPO RIUSCIREBBE A TRASMETTERE AL POPOLO DISUNITO DELL’OPPOSIZIONE UN SENTIMENTO FORTE, AFFINCHE' IL SOGNO DI MANDARE A CASA GIORGIA MELONI POSSA DIVENTARE REALTÀ - SE OGGI, LA STORIA DEI NUOVI MOSTRI POLITICI SI FONDA SULL’IMMAGINARIO, COSA ASPETTA ELLY SCHLEIN A CAMBIARE MUSICA?

orazio schillaci marcello gemmato paolo bellavite ed eugenio serravalle

DAGOREPORT – I DUE NO-VAX NOMINATI NEL COMITATO TECNICO SUI VACCINI SPACCANO FRATELLI D'ITALIA: MONTA IL PRESSING PER FAR DIMETTERE EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE DALL’ORGANISMO – IN MOLTI RITENGONO CHE IL RESPONSABILE POLITICO DELL’IMPROVVIDA DECISIONE SIA MARCELLO GEMMATO, FARMACISTA E POTENTE SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MELONIANO – IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI CHE LO PONGONO DI FRONTE A DECISIONI GIÀ PRESE: NON CONTA NULLA E TUTTI PRENDONO DECISIONI SULLA SUA TESTA. ORA SAREBBE INTENZIONATO A REVOCARE L’INTERO GRUPPO DI LAVORO SE I NO-VAX NON SLOGGIANO. ENTRO 48 ORE…

trump zelensky putin donald volodymyr vladimir

DAGOREPORT – ARMATI DI RIGHELLO, GLI SHERPA DI PUTIN E TRUMP SONO AL LAVORO PER TROVARE L’ACCORDO SULLA SPARTIZIONE DELL’UCRAINA: IL 15 AGOSTO IN ALASKA L’OBIETTIVO DEL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA È CONVINCERE PUTIN AD “ACCONTENTARSI”, OLTRE DELLA CRIMEA, DEL DONBASS, RITIRANDOSI PERO' DALLE REGIONI UCRAINE OCCUPATE DALL'ESERCITO RUSSO: KHERSON E ZAPORIZHZHIA (CON LA SUA CENTRALE NUCLEARE) - TRUMP POTREBBE AGGIUNGERE LO STOP ALLE SANZIONI E CHISSÀ CHE ALTRO – PRIMA DI UN INCONTRO PUTIN- ZELENSKY, TRUMP PORTERA' I TERMINI DELLA PACE ALL'ATTENZIONE DEGLI ALLEATI EUROPEI DI KIEV - PER GARANTIRE L'EX COMICO CHE MOSCA NON SGARRERA', MACRON, MERZ E COMPAGNI PROPORRANNO L'INGRESSO DELL'UCRAINA NELL'UNIONE EUROPEA (CHE FA SEMPRE PARTE DELLA NATO) - PER L’ADESIONE UE SERVE L’OK DEI FILO-PUTINIANI ORBAN E FICO (CI PENSERÀ LO ZAR A CONVINCERLI) - UNA VOLTA FIRMATA, DOPO 6 MESI DEVONO ESSERE APERTE LE URNE IN UCRAINA - LA GAFFE: "VENERDI' VEDRO' PUTIN IN RUSSIA...": TRUMP SULLA VIA SENILE DI BIDEN? OPPURE....

antonio decaro michele emiliano roberto fico giuseppe conte elly schlein vincenzo de luca

DAGOREPORT - SCHLEIN E CONTE FANNO CAMPOLARGO (MA SOLO PER LE REGIONALI, PER ORA): DOPO GIANI IN TOSCANA E RICCI NELLE MARCHE, E' FATTA ANCHE PER I 5STELLE ROBERTO FICO IN CAMPANIA E PASQUALE TRIDICO IN CALABRIA (DOVE NON CI SONO CHANCE DI VITTORIA) - L'ULTIMO OSTACOLO RESTA VINCENZO DE LUCA, CHE CHIEDE DI NOMINARE IL FIGLIO, PIERO, SEGRETARIO DEL PD REGIONALE. MA ELLY NON VUOLE FARE LA FIGURA DA PERACOTTARA: FU LEI A COMMISSARIARE IL PARTITO, COME ATTO OSTILE NEI CONFRONTI DEL "CACICCO" DE LUCA, E A FAR FUORI SUO FIGLIO DA VICECAPOGRUPPO ALLA CAMERA - IN PUGLIA, QUEL CROSTONE DI EMILIANO È INDIGESTO A ANTONIO DECARO PER LA VECCHIA STORIELLA DELL'INCONTRO CON LA SORELLA DEL BOSS CAPRIATI, "PADRINO" DI BARI VECCHIA, RACCONTATA DAL GOVERNATORE URBI ET ORBI - VIDEO!

matteo salvini luca zaia alberto stefani luca de carlo

DAGOREPORT - VIA COL VENETO: LISTA ZAIA? E GIORGIA MELONI S'INCAZZA! - SE IMPORRA' IL SUO CANDIDATO, IL FRATELLONE D'ITALIA LUCA DE CARLO, SI RITROVERÀ UN LISTONE "DOGE" CHE PORTEREBBE VIA UN FIUME DI VOTI (E AVREBBE LA MAGGIORANZA DEI SEGGI, COMMISSARIANDO DI FATTO IL GOVERNATORE MELONIANO) - MATTEO SALVINI SPINGE FORTE SUL GIOVANE ALBERTO STEFANI, MA LA DUCETTA NON MOLLA L'OSSO DI CONQUISTARE LA RICCA REGIONE VENETA - IN BARBA AL SUO GROSSO BOTTINO DI CONSENSI, LA FIAMMA NON HA IN TASCA ALCUNA REGIONE DEL NORD (IN LOMBARDIA NON TOCCA PALLA: E' ROBA DI LA RUSSA...)