FOSSATI E MAZZIATI - IL CDA TELECOM NON SALTA MA PER TELCO È VITTORIA A METÀ: I SUOI CANDIDATI “INDIPENDENTI” BOCCIATI DALL’ASSEMBLEA, INSIEME A TUTTI GLI ALTRI NOMI

Sara Bennewitz per "la Repubblica"

Un'assemblea calda, con un'affluenza record, densa di scontri e di colpi di scena, quella che si è tenuta ieri a Rozzano per Telecom Italia. Dopo dieci ore di discussione viene approvato il bond convertendo da 1,3 miliardi e l'eliminazione del valore nominale, mentre non passa - invece la revoca dell'attuale board come richiesto dal socio Marco Fossati ma neppure la nomina dei due consiglieri indipendenti in sostituzione di Franco Bernabè e Elio Catania.

I candidati indipendenti di Telco, Stefania Bariatti e Angelo Tantazzi, non riescono a conquistare la maggioranza dei voti dell'assemblea, ma anche tutti i nomi proposti dalle altre liste vengono bocciati uno a uno. Risultato: il numero dei consiglieri scende a 11 e questo board orfano di quattro posti resterà in carica fino alla prossima primavera.

Ma è sul tema del conflitto d'interessi dell'attuale cda, composto per quattro quinti da consiglieri in quota Telco, di cui Telefonica è il principale azionista, che fa scoppiare in assemblea la polemica dei piccoli azionisti che si uniscono a Fossati. «Telefonica
non ha la maggioranza dei voti di Telco - spiega il vice presidente Aldo Minucci in risposta a un socio - e Telco ha più volte dichiarato di non controllare Telecom».

Insomma, a detta di Minucci non ci sarebbero gli estremi del conflitto d'interessi, tanto più ora che Cesar Alierta e Julio Linares avrebbero rassegnato le dimissioni. Non la pensano così tutti gli altri soci intervenuti a parlare, ma dopo sette ore di dissertazioni sui conflitti in Argentina e Brasile, la maggioranza del 54% del capitale di Telecom presente in assemblea vota contro la revoca dell'attuale board.

Tuttavia il fronte di Fossati coagula il 22,9% del capitale, ovvero una quota di azionisti che se rimanesse compatta conterebbe più del 22,4% in mano a Telco. I contrari alla revoca sono il 50,3% dei presenti (o il 27,3% del capitale) il 42,3% ha votato a favore della mozione di Fossati mentre il 7,4% (4% del capitale) si è astenuto. E' quindi probabile che il fondo anglosassone Blackrock (socio con circa il 10% ma presente in assemblea con il 5,15%) abbia votato in maniera difforme, o quantomeno una parte delle azioni non si è astenuta.

Questo risultato getta le premesse per costruire una nuova maggioranza all'assemblea che ad aprile insieme al bilancio dovrà approvare il rinnovo del consiglio. «Dobbiamo immaginare una governance diversa - ammette l'ad Marco Pautano - non deve essere il cda solo di alcuni azionisti».

Gli fa eco Fossati che del gruppo ha il 5%: «E' stato un voto importante, di cambiamento - spiega il finanziere -. Siamo andati molto vicini alla revoca, l'espressione dei fondi anglosassoni è stata pesante e violenta, in quanto hanno espresso che c'è sicuramente un conflitto di interesse in seno a questo consiglio». Ad ogni modo, secondo Fossati, il messaggio emerso «non è di contrasto, non ci sono né vinti né vincitori».

2 - FOSSATI ORA PUNTA ALL'ASSEMBLEA DI APRILE E PATUANO "APRE" AL CAMBIO DI STATUTO
Giovanni Pons per "la Repubblica"

Il 22,95%, cioè quasi un quarto del capitale di Telecom Italia, considera l'attuale consiglio di amministrazione in conflitto di interessi. È questo il principale risultato scaturito dall'assemblea di ieri ed è un dato difficile da ignorare nel prosieguo della vita dell'azienda. Inoltre, il socio di riferimento Telco che controlla il 22,4% del capitale non è riuscito a far eleggere due suoi candidati per il cda, Angelo Tantazzi e Stefania Bariatti, i quali hanno raccolto consensi soltanto dal 25% del capitale presente su un totale del 54%. Uno smacco non da poco per un socio, Telco, che nei suoi sei anni di vita in Telecom ha sempre agito da protagonista.

Mentre questa volta ha avuto bisogno dei voti del fondo Usa Blackrock (che in parte si è astenuto) per evitare una clamorosa revoca del cda. Ma soprattutto i soci di Telco, cioè Telefonica, Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo non immaginavano certo di scatenare una sollevazione del mercato quando lo scorso 24 settembre avevano siglato il passaggio in maggioranza del socio spagnolo.

«Quello di oggi è stato un voto importante, di cambiamento - ha detto Marco Fossati, il promotore dell'assemblea sulla revoca -. Andremo avanti fino al prossimo appuntamento di aprile, quando arriveremo con un progetto dettagliato e una squadra più professionale». Il percorso verso una Telecom Italia public company, dunque, pare iniziato ma non ancora concluso.

Se i due consiglieri Tantazzi e Bariatti non fossero stati bocciati, i rappresentanti di Telco nel cda Telecom, cioè Renato Pagliaro, Gabriele Galateri e Gaetano Miccichè erano addirittura pronti al passo indietro, come già hanno fatto la settimana scorsa Cesar Alierta e Julio Linares. E ciò per recepire in qualche modo il dissenso espresso in assemblea dal mercato e per assicurare ancora di più alle autorità antitrust brasiliane sulla non influenza nelle decisioni che contano di Telecom. Ma a questo punto, con il consiglio sceso a soli 11 componenti, eventuali altre dimissioni avrebbero l'effetto di immiserire oltremodo l'organo decisionale della società.

Resta comunque in sella l'ad Marco Patuano che però, nei discorsi effettuati prima e durante dell'assemblea, ha mostrato grande attenzione e apertura verso le istanze di Fossati e degli investitori istituzionali. «Per il futuro dobbiamo immaginare una governance corretta e che non lasci spazio ai dubbi - ha detto Patuano al termine dell'assemblea . Da domattina questo mi impegnerà, non deve essere il cda solo di alcuni azionisti, al parere di Fossati si è aggiunta una quota importante del capitale e questo non potrà essere ignorato».

Le future modifiche alla governance potrebbero riguardare lo statuto, che attualmente assegna i 4/5 quinti dei posti in consiglio alla lista che prende più voti, e solo 1/5 alle minoranze. Uno sbilanciamento tipico di una società privata e non di una public company, ma per modificare lo statuto occorreranno i due terzi dei voti presenti in assemblea straordinaria. «Proporremo un cambio dello statuto per mettere tutti gli azionisti in condizione di essere rappresentati proporzionalmente in cda», ha annunciato ancora Fossati.

Tuttavia, non si può escludere che ancor prima di aprile e già nelle prossime settimane il cda di Telecom possa essere messo ulteriormente alla prova. Le indiscrezioni che arrivano dal Brasile parlano di "veicoli" e azionisti di vario tipo che si stanno organizzando per presentare quanto prima un'offerta allettante per Tim Brasil, la controllata di Telecom. Se e quanto sarà allettante è tutto da vedere, poiché proiezioni su numeri e sinergie in questo momento abbondano.

Più che altro sembra più difficile per un cda "zoppo" (cioè ridotto a 11 membri) e con al suo interno 5 indipendenti su undici di cui due, Jean Paul Fitoussi e Mauro Sentinelli, eletti dalla lista Telco nel 2011, approvare una vendita di Tim Brasil a un prezzo non soddisfacente per tutti gli azionisti. Oppure cercare qualche aggregazione industriale con società del calibro di Mediaset, il cui significato non sarebbe soltanto di tipo industriale ma inevitabilmente anche politico.

 

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