COME PAGARE MENO TASSE E GARANTIRE UN FUTURO SERENO AL PUPO - TUTTE LE SOLUZIONI ADOTTATE DAGLI AGNELLI, PIRELLI, BERLUSCONI, DE BENEDETTI, BOROLI (DE AGOSTINI), DEL VECCHIO, MORATTI, POLEGATO (GEOX) PER METTERE IN SICUREZZA LA RICCHEZZA DI FAMIGLIA - LA STRADA TRACCIATA DAI FORD: COMANDARE IN AZIENDA SENZA LA MAGGIORANZA

Stefano Cingolani per “Il Foglio

 

Giovanni Agnelli e famiglia Giovanni Agnelli e famiglia

Quando la società fece il suo debutto a Wall Street, il 17 gennaio 1956, nove anni dopo la morte di Henry Ford che aveva sempre rifiutato di quotarla in borsa (cioè di "metterla nelle mani degli speculatori ebrei") la già numerosa famiglia decise di riservare per sé una quota di azioni di "classe B" che incorporano uno speciale diritto pari a sedici voti per ogni cedola.

 

In termini assoluti il pacchetto oggi posseduto dai Ford è un' esigua minoranza (si stima circa il due per cento), però equivale al 40 per cento dei diritti di voto, quindi al controllo reale del gruppo multinazionale. Le azioni si pesano e non si contano soltanto. Per aver enunciato questo truismo, Enrico Cuccia è stato bollato come nemico numero uno della democrazia economica. In realtà, il conflitto tra peso specifico e quantità è vero sempre e ovunque, sia pure in forme diverse.

 

John Elkann con Gianni Agnelli allo stadio John Elkann con Gianni Agnelli allo stadio

Il modello Ford sembra aver conquistato anche gli eredi Agnelli. Il progetto nasce da lontano, ma è stato messo a punto nell' ultimo mese. Il 25 luglio John Elkann che il nonno, Gianni detto l' Avvocato, aveva cooptato al vertice della piramide, ha informato che dopo la Fiat Industrial, confluita nella Case New Holland, la Fiat -Chrysler e la Ferrari, emigrano in Olanda anche Exor, cioè la holding finanziaria dell' intero gruppo e la Giovanni Agnelli & C, società in accomandita per azioni, in breve la cassaforte di famiglia.

 

Exor diventa una spa olandese e l' altra una BV, Besloten Ven notschap, cioè l' equivalente di una nostrana srl, società a responsabilità limitata. Resta in Italia la Dicembre dei due fratelli John e Lapo Elkann, che detiene il 33 per cento della nuova BV. Intanto, la Giovanni Agnelli & C. cambia anche statuto. La nuova carta prevede che per l' approvazione di una delibera del consiglio di amministrazione su qualsiasi atto di vendita o trasferimento di azioni Exor, non sia più necessario avere almeno il 51 per cento del capitale.

 

henry fordhenry ford

Dunque, perdere la maggioranza delle azioni non è tabù a patto di continuare a mantenere la maggioranza dei diritti di voto. Exor Nv adotterà in Olanda, dove ciò è consentito, un meccanismo speciale, attribuendo cinque diritti di voto per ogni azione posseduta da quei soci che deterranno le quote per almeno cinque anni; e 10 diritti di voto per chi le terrà più a lungo. Per vie diverse e più tortuose, insomma, si arriva allo stesso obiettivo dei Ford: il massimo del comando con il minimo esborso di denaro.

 

Gli Agnelli, a partire soprattutto dagli anni Settanta, hanno controllato la Fiat con un grande effetto leva: in media un euro di capitale proprio ogni 13 euro conferiti dagli azionisti di minoranza.

 

Ma non sono gli unici. Tutte le grandi famiglie del capitalismo italiano hanno fatto lo stesso attraverso una struttura talvolta barocca, riconducibile alle scatole cinesi. Le cose stanno cambiando? E come? Per capirlo gettiamo uno sguardo nei piani alti, anzi altissimi del potere economico, addirittura dentro i caveau più protetti e, talvolta, persino segreti. Sarà pur vero che non conta chi possiede il capitale e dove, eppure l' alfa e l' omega della società borghese, anzi di mercato, sta sempre lì, nelle relazioni di scambio tra liberi proprietari.

silvano boroli lapsilvano boroli lap

 

La famiglia, o meglio le due famiglie (Boroli e Drago) che controllano il gruppo De Agostini, hanno seguito le orme degli Agnelli. Dieci anni fa hanno creato una spa dove raggruppare le azioni dei circa 40 parenti, ma nel momento in cui la vecchia casa editrice, resa famosa dagli atlanti, è diventata una multi nazionale diversificata tra giochi, tv, finanza, è stato necessario rivedere almeno altre due volte l' intero castello di carta.

 

L' ultimo rimescolamento, il più importante, è avvenuto un anno fa quando, per chi nella famiglia aveva quote nella holding De Agostini scadeva la possibilità di svincolare parte di questi titoli. A comprare le azioni è stata l' accomandita che già controlla la De Agostini con il 72 per cento: la B&D Holding, dove i discendenti di Giuliana Boroli Drago detengono il 34,6 per cento, il ramo di Anna Boroli Drago il 20, quello di Adolfo Boroli il 22,6 e quello di Achille Boroli il 22,69.

marco dragomarco drago

 

Questa soluzione ha permesso di liquidare una parte delle azioni senza alterare il controllo del gruppo che nel frattempo ha cambiato indirizzo (sede a Londra, quotazione a Wall Street e sede operativa a Las Vegas) e mestiere. Dopo l' acquisizione dell' americana Igt, dai giochi proviene un fatturato di 4,2 miliardi di euro su un totale di 5 miliardi dell' intero gruppo, secondo i dati del 2015. La De Agostini, come la ex Fiat, ormai è l' appendice di una realtà industriale sempre più americana.

 

La proprietà della Pirelli, invece, è diventata cinese, anche se la vendita alla China National Chemical Corporation (ChemChina) posseduta dallo Stato, cioè dal Partito comunista, ha lasciato al vertice Marco Tronchetti Provera (vicepresidente operativo) fino al 2021 e la società resta in Italia, quotata alla borsa di Milano.

 

marco tronchetti provera e afefmarco tronchetti provera e afef

Il controllo è in capo alla società Marco Polo, due terzi della quale è in mano a ChemChina e il resto a Tronchetti attraverso la finanziaria Camfin che condivide con i russi di Rosneft. La cassaforte di famiglia si chiama Mgpm e controlla la Mtp spa la quale possiede il 55 per cento di Nuove partecipazioni che, attraverso Coinv (dove sono presenti anche Banca Intesa e Unicredit) ha il 50 per cento di Camfin.

 

Finora la Mgpm era divisa equamente con i figli i figli Giada, Ilaria e Giovanni avuti con la seconda moglie Cecilia Pirelli, ma ai primi di luglio è entrata anche Afef Jnifen sposata nel 2001.

 

Tronchetti ha ceduto la nuda proprietà che a questo punto è divisa in quattro parti uguali, ma ha l' usufrutto vita natural durante. Il lungo addio alla Pirelli durerà ancora cinque anni, c' è tempo per trovare un nuovo nocciolo duro nel mondo degli affari.

 

E i Moratti amici, partner, soci di lunga data? Sono anch' essi al centro del triangolo con russi e cinesi. Tre anni fa la Angelo Moratti spa alla quale fa capo la Saras (la compagnia petrolifera di famiglia nella quale sono entrati i russi di Rosneft con il 20 per cento ) è stata divisa in due società: la prima fa capo a Gian Marco che guida le attività industriali, l' altra a Massimo alle prese con i colpi di coda della sua avventura calcistica finita con la vendita dell' Inter, sponsorizzata da Pirelli, prima all' indonesiano Tohir poi ai cinesi del Suning Commerce Group.

GIAN MARCO E MASSIMO MORATTI jpegGIAN MARCO E MASSIMO MORATTI jpeg

 

I due fratelli non si sono separati, ma hanno viaggiato su strade parallele. Per la prima volta dal 2009 la Saras ha prodotto un dividendo fino a 90 milioni di euro diviso in parti uguali. La raffinazione, si sa, è ballerina.

 

L' incertezza sui mercati ha spinto un esponente della nuova generazione di capitalisti familiari a non cercare avventure. Mario Moretti Polegato, il patron di Geox, ha trasferito davanti al Duomo di Treviso la sede della sua spa, la Lir della quale sono azionisti anche la moglie Licia Balzano e il figlio Enrico, vicepresidente della società che oltre a Geox controlla anche Diadora.

 

MARIO MORETTI POLEGATO 2MARIO MORETTI POLEGATO 2

"Avrei potuto andare a Milano, o meglio ancora a Londra - ha detto Moretti Polegato non senza polemica - Ma ho voluto dare un segnale al nostro territorio. Non andiamo via da qui".

 

Il vero dilemma non è geografico, bensì generazionale. Figli colpiti dalla sindrome dei Buddenbrook, figli ribelli e figli dilapidatori, figli innovatori e padri conservatori. Molti si sono arresi, come la famiglia Merloni. Vittorio che aveva portato l' azienda di elettrodomestici da Fabriano a Londra, si è spento nel giugno scorso, ma i suoi eredi due anni fa avevano già venduto la Indesit alla Whirlpool. Anche i Marzotto da tempo hanno lasciato il gruppo tessile, dilaniati da conflitti intestini.

 

L' elenco è lungo, noto e deprimente anche per i sacerdoti schumpeteriani della "distruzione creatrice": raramente è emerso, al passaggio di consegne, un nuovo capitalista -imprenditore.

 

carlo e giampiero pesenticarlo e giampiero pesenti

I Pesenti, da sempre consustanziali al cemento e a Bergamo, dopo aver cercato fortuna in Francia, hanno venduto Italcementi ai tedeschi di Heidelberg Cement perché questo oggi è un mestiere da giganti internazionali e da grandi opere mentre in Italia non si fanno nemmeno quelle piccole. Carlo, al quale il padre Giampiero ha lasciato il testimone, giura che si tratta di una metamorfosi non di un addio: continuerà a investire in Italia, sia pur da finanziere, attraverso il fondo Clessidra rimasto senza timoniere dopo la morte di Claudio Sposito.

 

Anche i Benetton hanno cambiato pelle: dai maglioncini agli autogrill, dall' industria ai servizi regolati come autostrade e aeroporti, da Ponzano Veneto agli Stati Uniti. Chiusa l' èra degli United Colors e del flamboyant Luciano, la guida è passata nelle mani di Gilberto.

 

Con il radicale cambiamento del core business anche la catena di controllo si era fatta lunga e tortuosa, un complicato reticolo che faceva capo a Ragione l' accomandita dei quattro fondatori: Luciano, Giuliana, Gilberto e Carlo. Dal 2009 la piramide è diventata via via più semplice e corta: Ragione ha assorbito le altre società cambiando nome e adottando quello di Edizione srl alla quale fanno capo le diverse attività con un giro d' affari che supera gli 11 miliardi di euro.

FAMIGLIA BENETTON FAMIGLIA BENETTON

 

I Benetton si sono affidati a manager di grande esperienza, come Gianni Mion e adesso hanno deciso di aprire all' esterno anche la cassaforte. La nuova governance prevede che Edizione abbia un consiglio di amministrazione formato non più da otto membri della famiglia, ma soltanto da quattro. Dei fondatori restano Gilberto e Carlo, Giuliana sarà rappresentata dalla secondogenita Franca e Luciano dal figlio Alessandro.

Gli altri quattro consiglieri sono manager di fiducia. Gilberto dice che prima o poi lascerà la presidenza a un esterno, perché "si apre un nuovo ciclo", magari insieme a un socio internazionale.

 

La cassaforte in casa Del Vecchio è chiusa a doppia mandata da Leonardo. Dopo il decennio segnato da un manager come Andrea Guerra, il fondatore ha ripreso in mano le redini, anche se molti dubitano che a 81 anni possa fare tutto da solo.

 

leonardo del vecchioleonardo del vecchio

Dopo l' uscita del figlio Claudio (ha imboccato la sua strada a New York comprando la Brooks Brothers), Del Vecchio deve ancora trovare due soluzioni, una per la catena della proprietà, l' altra per il comando in azienda. Negli anni Novanta il gruppo era controllato da due finanziarie: la Leonardo che deteneva il 56 per cento delle azioni e la Delfin con il 15 per cento nelle mani del delfino (nomen omen).

 

Restava incerta la posizione degli altri eredi avuti da mogli e compagne diverse. Il primo matrimonio con Luciana Negro è finito con un divorzio e tre figli: oltre a Claudio anche Marisa e Paola. Dalla seconda moglie Nicoletta Zampillo nasce Leonardo Maria. Ma anche questa relazione si scioglie in tribunale.

 

famiglia berlusconifamiglia berlusconi

Nella vita di Leonardo entra Sabina Grossi. Altri due figli, Luca e Clemente, con una separazione (niente nozze questa volta) quando torna in scena Nicoletta con la quale Leonardo si sposa di nuovo nel 2010. Per cambiare l' assetto proprietario, fonde in Delfin le due finanziarie al comando rafforzando così il proprio controllo. Ora pensa di costituire una fondazione divisa tra tutti i figli, restano irrisolti però i problemi legali legati alla quota legittima (un quarto spetta alla vedova).

 

Del Vecchio si trova di fronte al dilemma del capo carismatico che colpisce anche due altri grandi capitalisti italiani: Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti, gli eterni rivali. L' ex Cavaliere ha da tempo sistemato il pulviscolo di finanziarie dove aveva sparpagliato le sue proprietà.

marina berlusconi marina berlusconi

 

Oggi possiede il 61 per cento di Fininvest, il resto è diviso in parti praticamente uguali tra i figli, sia quelli di primo letto, Marina e Pier Silvio, sia i tre avuti con Veronica Lario: Barbara, Eleonora e Luigi. L' erede vera è Marina che si è conquistata i galloni sul campo per come ha rilanciato Mondadori e per la strenua difesa dell' azienda e del padre. L' ultima battaglia è ancora in corso, contro gli appetiti di Vincent Bolloré il quale, approfittando della grave crisi cardiaca di Berlusconi, ha svelato le sue mire su Mediaset.

 

Marina ha spinto fino all' ultimo per vendere il Milan dove Barbara ha cercato di svolgere un ruolo dirigenziale de facto. La malattia ha rimesso al centro il "consiglio di famiglia" con i cinque figli più Fedele Confalonieri, Gianni Letta e Nicolò Ghedini. L' Economist (primo azionista John Elkann) dubita che Silvio resterà al comando, ma il settimanale britannico si è sbagliato spesso.

rodolfo carlo edoardo de benedetti con il paadre rodolfo carlo edoardo de benedetti con il paadre

 

Carlo De Benedetti ha trasferito a titolo gratuito ai tre figli Rodolfo, Marco e Edoardo, avuti dalla prima moglie, la Carlo De Benedetti & Figli spa alla quale fa capo il gruppo Cir e di conseguenza anche l' Espresso.

 

Al capofamiglia resta Romed, cassaforte non quotata che utilizza per le proprie operazioni finanziarie. A Rodolfo è andata la guida, non facile in questi anni di crisi (l' azienda energetica Sorgenia è finita in mano alle banche creditrici).

 

Ma la mossa a sorpresa di John Elkann ha rilanciato i De Benedetti. La fusione tra la Repubblica e la Stampa è stata gestita da Rodolfo che un tempo avrebbe voluto uscire dall' editoria. Eppure, sarà sempre CDB a tirare le fila, a pensionare e nominare i direttori, a determinare la linea politica. Ingegnere, finanziere, industriale, infine editore, il mestiere che più gli piace e, forse, più gli si addice.

violetta e bernardo caprottivioletta e bernardo caprotti

 

I figli saranno pure piezz' e core, ma per loro non c' è spazio nel futuro di Esselunga. La famiglia Caprotti è dilaniata da un conflitto tragico, mitologico persino. La lunga saga ha riempito le cronache giudiziarie. L' ultima puntata è che il novantenne Bernardo ha vinto un' altra causa contro i suoi rampolli Violetta e soprattutto Giuseppe allontanato nel 2005 dall' azienda di famiglia nella quale era amministratore delegato. Adesso si attende solo la Cassazione.

 

Il fondatore di Esselunga aveva tenuto per sé solo l' 8 per cento della proprietà assegnando il resto a una fiduciaria controllata in parti uguali dai due figli di primo letto più Marina nata dalla seconda moglie. Senonché, cinque anni fa Bernardo ci ripensa, annulla il contratto e poi annuncia che non lascerà l' azienda ai figli. Che fine farà la catena di supermercati che ha saputo tenere in scacco le Coop rosse e i giganti francesi alla Carrefour?

 

la famiglia di giorgio armani con la sorella rosanna e il nipote andrea camerana e le due nipoti silvana e roberta la famiglia di giorgio armani con la sorella rosanna e il nipote andrea camerana e le due nipoti silvana e roberta

Uno dei più importanti imprenditori italiani, Giorgio Armani, maestro di forbici e di stile, s' è interrogato per anni sulla sorte della sua azienda che non ha mai pensato di lasciare in famiglia, e non solo perché non ha figli. Ha respinto le mire della LVMH di Bernard Arnault che da tempo gli ronzava attorno.

 

E, giunto all' età di 82 anni, ha deciso di creare una fondazione alla quale affidare il futuro di un gruppo che produce oltre 2 miliardi e mezzo di euro. La più personale delle imprese, così, diventa istituzionale, il sarto di genio s' è ritagliato un capospalla un po' germanico. Forse non sarà il modello per tutte le occasioni, ma fa entrare aria fresca nel sistema italiano dove il mal sottile trasmesso da parenti serpenti e fratelli coltelli ha troppo spesso consumato il capitale.

 

 

 

 

 

 

Ultimi Dagoreport

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…

silvia toffanin francesca fialdini giorgia cardinaletti tommaso zorzi alessandro giuli pietro tatafiore barbara castorina

A LUME DI CANDELA - TOMMASINO ZORZI NON SARÀ OPINIONISTA AL “GRANDE FRATELLO”: NONOSTANTE LE SPINTE DI CASCHETTO, IL SUO NOME È STATO BOCCIATO – CI MANCAVA IL MINISTRO GIULI-VO IN VERSIONE OFFICIANTE: HA CELEBRATO IL MATRIMONIO DEL SUO CAPO UFFICIO STAMPA, PIERO TATAFIORE, CON BARBARA CASTORINA, TITOLARE DELL'AGENZIA VISVERBI CHE HA ASSISTITO IN PASSATO PROFESSIONALMENTE GIULI (AVRÀ RIFILATO UN ALTRO PIPPOZZO SUL “PENSIERO SOLARE”?) - BIANCA BERLINGUER E ILARIA D'AMICO (CHE LASCIA CASCHETTO) NELL'AGENZIA DI PRESTA - GIORGIA CARDINALETTI AL POSTO DI FRANCESCA FIALDINI - DOPO LA CHIUSURA DI TANGO, COSTAMAGNA OSPITE SU RETE 4 (NEL PROGRAMMA DOVE LAVORA IL SUO COMPAGNO) - LUI È UN POLITICO DI PRIMO PIANO, LEI È UNA BELLA GIORNALISTA. I DUE SONO STATI AMANTI E LUI HA FAVORITO LA SUA ASCESA. DURANTE UNA RECENTE INTERVISTA HANNO FATTO FINTA DI NON CONOSCERSI DANDOSI DEL LEI. DI CHI STIAMO PARLANDO?

luca zaia matteo salvini francesco acquaroli conte bonelli schlein fratoianni matteo ricci

DAGOREPORT - DALLA RIFORMA ELETTORALE AL RIMPASTO DI GOVERNO, IL FUTURO DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È APPESO COME UN CACIOCAVALLO AL SUO PRIMO TEST CRUCIALE: LE REGIONALI – SCATENEREBBE UNO SCONQUASSO NELLA LITIGIOSA COALIZIONE DI GOVERNO SE FRATELLI D'ITALIA DOVESSE PERDERE LE MARCHE, DOVE LA RICONFERMA DEL MELONIANO ACQUAROLI E' INCERTA - A QUEL PUNTO, A NOVEMBRE, LA MELONA VORRÀ ASSOLUTAMENTE IMPORRE UN CANDIDATO ALLA FIAMMA NEL VENETO LEGHISTA - LA DUCETTA HA BEN RAGIONE DI PRETENDERLO: MALGRADO IL SUO 28-29%, ATTUALMENTE FDI GOVERNA SOLO IN TRE REGIONI: MARCHE, ABRUZZO E LAZIO - PER FARCELA, LA DUCETTA DOVRA' CONVINCERE LUCA ZAIA AD APPOGGIARE, COL 40% DI CONSENSI DI CUI GODE LA SUA LISTA, IL SUO CANDIDATO ALLA PRESIDENZA - NEL CASO IN CUI IL "DOGE" NON ACCETTI LA PROPOSTA, A QUEL PUNTO, GIÀ TAGLIATO FUORI DA SALVINI, LE AMBIZIONI DI ZAIA DI RICOPRIRE UN DOMANI LA PRESIDENZA DELL'ENI O MAGARI LA CARICA DI MINISTRO DOVRA' RIPORLE NEL CASSETTO DEI SOGNI...

stefano belingardi clusoni belen rodriguez

DAGOREPORT - LA ''FARFALLINA'' DI BELEN È TORNATA A BATTERE. DOPO UN’ESTATE TURBOLENTA DI SCAZZI E POLEMICHE, PER LA "SCIO-GIRL" ARGENTINA È ARRIVATO UN NUOVO E AITANTE  BELLIMBUSTO - LUI È STEFANO BELINGARDI CLUSONI, ARCHITETTO MILANESE CHE, CON IL SUO STUDIO "BE.ST", NEGLI ULTIMI ANNI HA RIDISEGNATO LO SKYLINE DELLA CITTÀ MENEGHINA - GALEOTTO UN LOCALE IN SARDEGNA, DOVE I DUE SONO STATI PIZZICATI A BACIARSI CON PASSIONE, INCURANTI DEGLI SGUARDI INDISCRETI - A CONFERMARE LA LIASON È LA STESSA BELEN CON UN CAROSELLO DI FOTO SU INSTAGRAM SULLE SUE "HERMOSAS VACACIONES” -DALLO SCAZZO CON IL BENZINAIO ALLE PATATINE LANCIATE IN UN LOCALE: L’ESTATE IRREQUIETA DELL'EX DI CORONA E DE MARTINO - VIDEO

stefano de martino striscia la notizia antonio ricci gerry scotti la ruota della fortuna pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - PIER SILVIO, QUESTA VOLTA, HA VINTO. PIAZZARE LA “RUOTA DELLA FORTUNA” NEL VUOTO PNEUMATICO DELLA PROGRAMMAZIONE ESTIVA, È STATA UNA MOSSA SCALTRA ALL’INSEGNA DI UN SOLO IMPERATIVO: FIDELIZZARE IL PUBBLICO DEI TELE-MORENTI - L’OPERAZIONE È RIUSCITA, IL PAZIENTE È ANCORA IN VITA, MA È SOLO IL PRIMO ROUND DI UNA GUERRA ANCORA MOLTO LUNGA: GIÀ IN SOVRAPPOSIZIONE, IERI SERA, “AFFARI TUOI” ERA LEGGERMENTE IN VANTAGGIO SUL PROGRAMMA DI GERRY SCOTTI, E LA SCELTA DI FAR RIPARTIRE LA TRASMISSIONE DI DE MARTINO DI MARTEDÌ, ANZICHE' DI LUNEDI', HA LASCIATO INTERDETTI GLI ADDETTI AI PALINSESTI - COMUNQUE VADA IL DUELLO NEI PROSSIMI DUE MESI, “PIER DUDI”, ALLA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, ERA STATO CATEGORICO: "'STRISCIA LA NOTIZIA' INIZIERÀ A NOVEMBRE. ANCHE SE CIÒ CHE VA IN ONDA, E NON SARÀ COSÌ, DOVESSE FARE UN TRILIONE DI ASCOLTI" - GLI ESORDI CON MARIA DE FILIPPI, IL FLOP ALL'''ISOLA DEI FAMOSI'' CONDOTTA DALLA MARCUZZI, PRESTA CHE LO SBOLOGNA E LA RISCOSSA CON CASCHETTO (E TANTI ''PACCHI'' A MO' DI CULO): L'IRRESISTIBILE ASCESA DI STEFANO DE MARTINO, ALFIERE DI RAI-MELONI, CHE SOGNA IL FESTIVAL DI SANREMO - VIDEO

vladimir putin kim jong un xi jinping donald trump

DAGOREPORT – L’UNICO RISULTATO REALE OTTENUTO DA TRUMP NEI PRIMI 8 MESI DEL SUO SECONDO MANDATO È STATO RIABILITARE PUTIN: APPLAUDENDOLO IN ALASKA, HA RILEGITTIMATO LA MALCONCIA RUSSIA COME POTENZA MONDIALE, RAFFORZANDO LA FIGURA DEL “MACELLAIO DI MOSCA” (COPYRIGHT BIDEN) - DOPO TANTO PENARE E PROMESSE SCRITTE SULLA SABBIA, TRUMP SPERAVA DI OTTENERE ALMENO UNA TREGUA AEREA SULL’UCRAINA. E INVECE “MAD VLAD” HA FATTO SPALLUCCE E, TUTTO GAUDENTE, SI E' SCAPICOLLATO IN CINA ALLA CORTE DEL SUO VERO PADRONE, XI JINPING  – DISPIACE PER TRAVAGLIO MA LA RUSSIA NON HA ANCORA VINTO LA GUERRA: L’AVANZATA IN UCRAINA È SOLO PROPAGANDA. TRANNE DUE REGIONI E QUALCHE VILLAGGIO CONQUISTATO IN DONBASS, IN REALTÀ IL FRONTE È IMMOBILE DA MESI (A MOSCA NON BASTANO LE TRUPPE NORDCOREANE, ORA E' COSTRETTA A RECLUTARE IN PATRIA, DOPO I GALEOTTI, ANCHE LE DONNE IN CARCERE) – LA PRESSIONE SU PUTIN DEL MEDIATORE ERDOGAN E DI MODI PER UNA TREGUA IN UCRAINA - IL LEADER INDIANO, INCAZZATO CON “MAD VLAD” CHE LODA E IMBRODA XI E GLI FA FARE LA FIGURA DELL’AMICO SFIGATO, FA PRESENTE CHE L'ALLEANZA DELLO SCO E' SOLO ''TATTICA MA NON STRATEGICA'. MA UN DOMANI CHISSA'...