GOOGLAMI LA “MELA” - ERIC SCHMIDT, PATRON DEL CELEBRE MOTORE DI RICERCA E DI YOUTUBE, SI STRUGGE PER PAPPARSI LA APPLE DI JOBS (“È STATO IL MICHELANGELO DELLA NOSTRA ERA”) - E LANCIA LA SFIDA: “FRA SEI MESI IL NOSTRO TABLET DI ALTA QUALITÀ E GOOGLE TV NELLA PRIMA METÀ DEL 2012” - GLOBALIZZAZIONE, CHE FARE? “SE L'ITALIA CHE REALIZZA UN GRANDE PRODOTTO E POI I CINESI SI METTONO A FARLO MEGLIO DI TE, NON HAI ALTERNATIVE: DEVI CAMBIARE”…

Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

«Le gerarchie in azienda uccidono la creatività». Il presidente di Google, Eric Schmidt, racconta i piani segreti per vincere la concorrenza: «Fra sei mesi il nostro tablet di alta qualità e Google Tv nella prima metà del 2012». Poi ricorda il fondatore di Apple, Steve Jobs: «Steve Jobs è stato il Michelangelo della nostra era. Un mio amico e un personaggio unico, in grado di combinare creatività e genio visionario con una straordinaria capacità ingegneristica. A volte trovi persone che hanno una cosa o l'altra. Ma non le due insieme. Steve ha capito il potenziale rivoluzionario del tablet e ha creato un prodotto straordinario come l'iPad. Che è il futuro, ad esempio, della sua professione, il giornalismo. Ma le nostre aziende competono, si sfidano. Noi nei prossimi sei mesi contiamo di mettere sul mercato un tablet di altissima qualità. E nella comunicazione mobile, il mercato degli smartphone, vedrete una concorrenza brutale tra Apple e Android di Google. È il capitalismo».

Pomeriggio prenatalizio a Chelsea, il quartiere più trendy e giovanile di New York, a parlare di innovazione, delle gioie e dei dolori della rivoluzione digitale, col presidente di Google, Eric Schmidt. Circondati dall'archeologia industriale di un ex biscottificio della Nabisco. È qui che l'azienda californiana che ci ha cambiato la vita col suo motore di ricerca, ha costruito la sua base newyorchese: due edifici affacciati sulla Nona Avenue nei quali lavorano tremila ingegneri, computer scientists, esperti di marketing, manager della pubblicità.

Entrando al numero 75 ti ritrovi nel fiume dei clienti del Chelsea Market, mecca dello shopping, che occupa tutto il pian terreno. Ma, attraversando una porta laterale di acciaio grezzo, finisci in un ascensore che sale negli uffici di Google. «Era una fabbrica della National Biscuit Company. Qui si sfornavano cracker e Oreo», racconta Ellen West, la vice president di Google che mi guida da Schmidt pattinando su un parquet antico e un po' bruciacchiato, tra vecchi tubi di ghisa e arredi ultramoderni.

L'innovazione ci dà opportunità straordinarie, ma crea anche problemi: dalla privacy, ai posti di lavoro che scompaiono con l'automazione. Prima erano rimpiazzati dalla crescita di nuovi servizi, nuovi mestieri. Un recente studio del Mit di Boston dice che non è più così. Non vede limiti al processo schumpeteriano di «distruzione creatrice»?
«La sua - risponde Schmidt - è una buona domanda, anche se basata su un pregiudizio negativo. Le rispondo partendo, invece, da un pregiudizio positivo: il capitalismo è l'unico meccanismo che si è dimostrato capace di migliorare il tenore di vita delle società. Ma è un processo che causa anche sofferenze. La società cerca di attenuarle con strumenti come i sussidi di disoccupazione. Sono le regole del mercato globale e sono ineludibili. Le difficoltà dell'Europa vengono anche dalla difficoltà di adattarsi alla nuova realtà».

Noi vediamo soprattutto un problema di euro e di debito pubblico.
«Secondo me la politica in Italia, in Europa, e in una certa misura anche negli Usa, non è riuscita a mettere a fuoco la sfida che ha davanti. Si fanno soprattutto scelte tattiche, anche se importanti: le pensioni, i sostegni dell'euro. Ma il vero problema è quello della competizione globale, dalla quale non ci possiamo ritirare. Puoi avere questo desiderio, ma se sei l'Italia che realizza un grande prodotto e poi i cinesi si mettono a farlo meglio di te, non hai alternative: devi cambiare. La gente, da voi come da noi, è molto arrabbiata per questo: ho fatto uno studio su questo per conto della Casa Bianca».

Lei viaggia spesso nelle capitali europee, discute di tutto questo con premier e ministri. Come reagiscono?
«Annuiscono col capo, mostrano di comprendere la natura dei problemi. Conosco molto bene Mario Monti. Vediamo se lui ce la fa».

Competizione dura tra Occidente e Asia, ma anche, qui in America, tra voi e la Apple, la creatura del suo amico Steve Jobs. Lei dice che tra Android e iPhone lo scontro sarà brutale.
«Sono le regole del mercato, e vanno a tutto vantaggio del consumatore. Non so da voi in Europa, ma qui negli Usa, grazie alla lotta già in atto, si possono ormai avere i migliori cellulari smart con 100 dollari».

Android si accingerebbe a introdurre un assistente vocale capace di rispondere alle domande dell'utente simile al Siri dell'ultima versione dell'iPhone. Voci fondate?
«La sua domanda è un po' strana, visto che noi abbiamo, e da molto tempo, il miglior software di traduzione vocale. Possiamo sempre usarlo per fare cose simili al Siri. Ovviamente non parlo di prodotti futuri, non ancora annunciati. Ma la tecnologia l'abbiamo già, non dobbiamo svilupparla. Vedremo. Dipende, come dicevo, dal mercato e da un'innovazione che ha ritmi sempre più incalzanti. La gente rimane sorpresa perché siamo abituati a pensare che ogni anno le cose saranno le stesse. Succede anche a me. Tempo fa, in visita nel suo Paese, sono andato a Bologna a vedere la casa della mia infanzia».

Come mai ha vissuto in Italia?
«Mio padre era a Bologna alla John Hopkins University, io andavo a una scuola Montessori. Tornando lì, volevo ritrovare l'atmosfera di 50 anni fa e invece ho visto tutto modernizzato. Ripetitori, un perfetto segnale 3G. Me ne sono andato un po' deluso. Poi, però, se metti da parte la nostalgia, ti rendi conto che in un'Italia immutabile nelle sue bellezze e ricchezze culturali, ma anche nel caos del traffico a Roma o nel suo teatro della politica, la tecnologia è l'unico vero agente di cambiamento. L'Italia ha una penetrazione della telefonia mobile del 130 per cento: 1,3 cellulari a testa, un record. Oggetti arrivati tra noi appena vent'anni fa, nel 1990. Eppure credo che oggi gli italiani non si ricordino nemmeno di com'era il loro Paese senza telefonini».

Innovazione senza limiti modello Google. Proprio ieri lei ha detto che uno dei punti di forza della sua azienda è la mancanza di un indirizzo predefinito nella ricerca.
«Con l'anarchia, ovviamente, non vai da nessuna parte, ma se pianifichi centralmente non creerai mai nulla di nuovo. Da noi c'è più libertà d'iniziativa, le gerarchie contano poco. Le imprese dell'Europa, un continente più legato a vecchi modelli di management, tendono invece a scegliere il modello top down: "il presidente, il presidente" (in italiano, ndr) senti sempre dire in queste aziende. Ma se conta solo la gerarchia irrigidisci tutto, uccidi la creatività».

Cosa possiamo aspettarci da Google X, il laboratorio segreto di Google, quello dei «sogni proibiti», di cui ha parlato di recente il New York Times?
«Quell'articolo è basato su fughe di notizie e noi non commentiamo le indiscrezioni. Comunque la cosa più rilevante sulla quale si lavora a Google X è l'auto che si guida da sola».

La vedremo presto sul mercato?
«Ci vorrà tempo prima che lei possa trasferirsi sul sedile posteriore di un'auto che va avanti da sola. Anni, forse addirittura un decennio: ci sono molti problemi regolamentari e di responsabilità. Per adesso mi aspetterei l'equivalente di un pilota automatico. Lei sarà al posto di guida e l'auto le dirà quello che intende fare».

Internet sta cambiando la televisione. E YouTube, con gli aggiornamenti recenti, sembra cavalcare il fenomeno con un'impostazione più televisiva e commerciale. È la nuova strategia della vostra società?
«YouTube sarà più redditizia perché avrà più pubblicità. Ma non sarà più televisiva. Quello con la tv è un confronto che non amo perché il modello di business di YouTube è diverso: aiutare la gente a fare soldi coi contenuti che vengono prodotti e distribuiti autonomamente, ma su Internet. Anche i nuovi canali che stiamo creando riguardano il web. Poi, certo, è vero che spesso la gente preferisce seguire questi canali in Rete anziché guardare la televisione. Ma sono due cose diverse. Abbiamo anche una strategia per consentire all'utente di combinarle insieme, ma è affidata a Google TV. Arriverà in Europa nella prima metà del 2012».

 

 

ANDROID CONTRO APPLEANDROID CONTRO APPLEgoogle vs apple ERIC SCHMIDT Tim CookIpad Apple

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