SOGNO O INCUBO? - GLI OCCHIALI ONNIPOTENTI DI GOOGLE CI RENDERANNO PIÙ LIBERI O PIÙ RINCOJONITI? (PER ORA FUNZIONANO SOLO PER RIMORCHIARE)

Federico Rampini per "la Repubblica"

In mezzo alla folla dei turisti, sono il mutante venuto dal futuro. Ho poteri extrasensoriali che non immaginate. Posso parafrasare l'androide di Blade Runner: «Vedo cose che voi umani...». Ma sono generoso: quello che osservo con i miei occhi diventa un video da condividere all'istante, basta che io mi accarezzi con la punta delle dita sopra la tempia e subito la mia esperienza sensoriale diventa vostra, parte via e-mail o per telefonino e arriva agli amici, ai parenti, ai colleghi.

Anche le vostre risposte scorrono veloci, in un angolo del mio cielo, la finestrella in alto a destra dove appaiono - in sovraimpressione sul paesaggio reale - le e-mail e gli sms in arrivo. So parlare tutte le lingue dei turisti che mi circondano, basta che attivi il traduttore istantaneo, una presenza invisibile, situata sopra le mie sopracciglia. Per non rischiare di perdermi qualche evento importante, ho chiesto al New York Times di avviarmi il servizio breaking news (lanci di notizie dell'ultim'ora) e anche queste mi appaiono in un angolo in alto a destra, come su un uno schermo personale che accendo all'orizzonte.

Se la notizia m'interessa, a domanda una voce femminile mi legge l'intero articolo. E ora ho voglia di trovare il ristorante sushi più vicino: mormoro la mia richiesta, il maggiordomo digitale che ho incorporato sopra la mia fronte mi fa apparire d'incanto la mappa del quartiere, gli indirizzi dei sushi-bar, le recensioni e le stelline che hanno sulle guide gastronomiche.

Sto provando Google Glass, gli occhiali che potrebbero aprire la prossima rivoluzione tecnologica. Il condizionale è d'obbligo, non voglio farmi manipolare dalla formidabile macchina di marketing del colosso californiano. Secondo alcuni degli inventori visionari che hanno partorito questo gadget, l'occhiale onnipotente potrebbe soppiantare tutto ciò che conosciamo: rendere inutili d'un sol colpo computer, tablet, smartphone. Tutte le loro funzioni vengono incorporate e smaterializzate in questo microsensore, diventano eteree, scorrono davanti ai miei occhi su un mini-schermo trasparente che solo io vedo.

Potrei essere liberato per sempre da ogni altro hardware, buttar via gli oggetti materiali. Ogni forma di comunicazione, d'informazione, di spettacolo, può apparire d'incanto
davanti ai miei occhi, occupare un angolino del mio orizzonte, a comando, per poi sparire dal mio campo visivo quando non ne ho più bisogno. Il mio test, un'anteprima esclusiva (Google Glass non esiste ancora in commercio), ho deciso di farlo non dentro un laboratorio ma nel mondo reale.

Passeggio in uno dei miei quartieri preferiti di Manhattan, sulla High Line. Ex ferrovia merci sopraelevata, un tempo serviva l'area industriale del Meatpacking District, dove c'erano mattatoi e fabbriche per l'inscatolamento della carne. Ora dell'archeologia industriale restano tracce eleganti in un quartiere divenuto ultramodaiolo: showroom, ristoranti e discoteche. La High Line si è trasformata in giardino pensile, lunga passeggiata panoramica con vedute su Soho e Chelsea da una parte, il fiume Hudson e il New Jersey dall'altra. Un luogo ideale per il mio "collaudo".

Uno degli usi più ovvii di Google Glass, e uno dei suoi punti di forza, è come sostituto di ogni videocamera compresa quella dello smartphone. Il vantaggio c'è. Non devo fermarmi a prendere un gadget, fissare l'immagine, e quindi distrarmi da quel che sto facendo. No, l'attività del filmare diventa un prolungamento naturale, spontaneo della mia visione.
Google Glass si declina al singolare non per una forzatura grammaticale; in effetti non è neppure un occhiale intero. È una montatura senza lenti.

Leggera, serve solo a sorreggere quel micro- visore (micro-sensore, micro-schermo) che racchiude in sé tutte le funzioni, e mi si "apre" come una finestrella, un minuscolo televisore che solo io vedo: in alto a destra, devo guardare un po' all'insù, eccolo in sovraimpressione sull'orizzonte, quasi alla periferia del mio campo visivo.

Un bambino di 10 anni imparerebbe a usarlo in due minuti, presumo; a me ne servono venti per impratichirmi. I comandi sono semplici, a base di colpetti leggeri con la punta delle dita, o strisciatine, carezze: il polpastrello del mio indice destro sfiora l'asticella della montatura per spegnere, accendere, selezionare le funzioni, attivare ogni operazione che desidero. Tra le opzioni più usate, le prime che lo schermo mi propone appena lo accendo, ci sono ovviamente i software di casa Google, il motore di ricerca, le mappe, You-Tube, il traduttore automatico.

Dal Chelsea Market (dove un turista italiano mi osserva stupefatto) gli ordino: «Portami alla High Line». Una volta sopra la passeggiata pensile, comincio a filmare il paesaggio oltre il fiume Hudson. Filmo, mi accarezzo la tempia e lui capisce: voglio spedire quell'immagine. Mi offre le opzioni di mandare il video come allegato a un sms o a una email. Ben presto Glass - appena 40 minuti e siamo passati a chiamarci col nome di battesimo - memorizza le mie abitudini, la carrellata di opzioni che sfilano sullo schermo sono le operazioni che io faccio più spesso.

Vista la folla di italiani che passeggiano sulla High Line collaudo il traduttore con un esercizio semplice: «Say Hello in Italian». «Ciao», mi suggerisce. Avremo il tempo per esercizi complicati, trabocchetti e tranelli. Comincio da cose facili, muovendomi nella mia città, ma intuisco quanto più prezioso potrebbe essere questo gadget se stessi cercando di orientarmi in una metropoli che non conosco, Buenos Aires o Lagos. Sogno di viaggiare
nel Sichuan e parlare il dialetto locale grazie a quel minuscolo "trapianto" sulla mia fronte, che mi suggerisce le parole giuste, i toni, la pronuncia.

Sogno, o incubo? Google Glass ci renderà tutti più liberi o ancora più schiavi? Gli strateghi di Googleplex a Mountain View (California) hanno pronta la risposta. Questo occhiale è l'esatto contrario di una tecnologia intrusiva, dicono. Oggi, per consultare le nostre email o sms ci estraniamo continuamente, derubiamo della nostra attenzione gli amici e i familiari, incolliamo lo sguardo al display del telefonino.

Diventiamo maleducati, distratti, egocentrici, solipsisti. Google Glass rappresenta l'esatto contrario, proseguono i suoi creatori: ti libera. Torni ad essere il padrone della tua attenzione. Passeggi, guardi, ti concentri sul tuo interlocutore, lo ascolti fissandolo negli occhi. Quando proprio senti il bisogno di controllare le ultime email, ti accarezzi quell'asticella, compaiono e poi scompaiono. La distrazione è minima, torni ad essere il padrone del tuo tempo. Non devi trasportare apparecchi, l'intero cyber-spazio, la "nuvola" digitale dello scibile umano (Wikipedia, moderne biblioteche di Alessandria, giornali e tv) è pronta ad apparire davanti al tuo sguardo quando la chiami tu.

Ecco, il suo fascino vero: l'idea che l'intero universo di Internet diventa portatile al punto da essere una finestra, anzi una serie di finestre, che apri e chiudi in un angolo dei tuoi occhi, chiamando in tuo aiuto la potenza del cyberspazio ogni volta che devi consultare lo scibile umano.

Le prestazioni di Google Glass sono potenzialmente infinite. Non a caso le poche migliaia di prototipi in collaudo sono prestati soprattutto a inventori, che possono escogitare le applicazioni (app) da cui dipenderà il successo di questo apparecchio. Alcune
sono in collaudo presso utenti con esigenze particolari. Una neo-mamma, che può esplorare tutti i modi con cui l'occhiale le consente di essere al 100% attenta al suo neonato, senza perdere l'occasione di immortalarne le prime gesta su video, e mandarle istantaneamente ai nonni. Una disabile che ha perso l'uso delle mani. Un artista. Uno sportivo. Google sollecita critiche, suggerimenti, idee, da ogni bisogno umano, da ogni settore di attività.

Difetti? Tanti, anche se non so valutare se siano legati alla versione ancora iniziale. Dopo un paio d'ore, mi stufo di scrutare quell'angolo in alto a destra, alla lunga ho l'impressione di essere a un esame dall'oculista (ovviamente posso sempre togliermi l'occhiale, mica l'hanno trapiantato sottopelle: non ancora).

La luce abbagliante del sole estivo, ogni tanto "acceca" lo schermo, come accade peraltro al display di un cellulare. Il dialogo con Google è un po' rigido in termini di accenti, una mia accompagnatrice asiatica fa fatica a farsi capire. Infine, per ora Google Glass ha bisogno di uno smartphone come "centralina" nelle vicinanze, non ha potenza sufficiente da solo. Tutti problemi che immagino risolvibili, col tempo e con la creatività degli inventori di app.

Altre obiezioni sono più sostanziali. Molti temono un'ulteriore attacco alla privacy di ciascuno di noi. Soprattutto i Vip, ovviamente. Ve l'immaginate per un attore o un cantante o un politico, l'incubo di uscire la sera al ristorante nell'era di Google Glass? Quando al tavolo vicino tutti cominceranno a filmarlo e a mandare in giro i video? Altre possibilità per la pirateria: difficile sequestrarti un micro-sensore così discreto, all'ingresso di un concerto dei Rolling Stones.

Per un biglietto comprato, cento tuoi amici vedrebbero, in diretta, lo stesso spettacolo. Inoltre continuano a scarseggiare ricerche mediche conclusive e convincenti, sugli effetti di tutte queste onde elettromagnetiche. Tenere un sensore ubicato in semipermanenza sulla fronte, vicino al cervello, un giorno forse sarà considerato una pazzia. I film degli anni Cinquanta sono pieni di medici che consultano il paziente fumandogli una sigaretta in faccia. Oggi li guardi sbalordito e ti chiedi: ma erano davvero tutti incoscienti?

Per adesso, una certezza positiva. Google Glass allo stadio di prototipo funziona perfettamente per rimorchiare. In una metropoli sofisticata e scafata come Manhattan, che non si stupisce mai di nulla, dove una celebrity passeggia senza che nessuno la guardi, Google Glass ha il suo fascino sugli astanti. Molti ti fissano, ti fanno domande. Larry Ellison, padrone di Oracle, esibisce Glass passeggiando sulla Quinta Strada. Le top model di Diane von Furstenberg li hanno indossati all'ultima sfilata. Si aspetta la versione della montatura firmata Armani, Prada e Fendi.

 

 

GLI OCCHIALI DI GOOGLE GLASS GLI OCCHIALI DI GOOGLE GLASS FEDERICO RAMPINI CON I GOOGLE GLASS IL TEAM IZOD PROVA I GOOGLE GLASS GOOGLE GLASS APPSERGEY BRIN CON I GOOGLE GLASSIL PRIMO CINGUETTIO DA TWITTER FOR GLASSWILLIAM GIBSON INDOSSA I GOOGLE GLASS SERGEY BRIN CAPO DI GOOGLE COI GOOGLE GLASS project glass gli occhiali di google Google Project Glass gli occhiali per la realt aumentata x IL CO-FONDATORE DI GOOGLE SERGEY BRIN FOTOGRAFATO IN METROPOLITANA CON I GOOGLE GLASSES

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