luchino revelli beaumont

L'UOMO DEI MISTERI CHE ACCUSA LA FIAT DA MORTO - DURISSIMO IL NECROLOGIO DI LUCHINO REVELLI BEAUMONT: ''PER 20 A RISCHIO DELLA PROPRIA VITA AL SERVIZIO DELLA FIAT, POI IMMEMORE E INSENSIBILE AL GRAVISSIMO DANNO ESISTENZIALE DA LUI SOFFERTO'' - LA STORIA INCREDIBILE DEL 'MINISTRO DEGLI ESTERI' DI AGNELLI CHE PORTÒ L'AZIENDA IN RUSSIA E CINA, FECE INVESTIRE GHEDDAFI E ORGANIZZÒ IL RITORNO DI PERON IN ARGENTINA. RAPITO A PARIGI DAI TERRORISTI, FU 'PENSIONATO' IN FRETTA E FURIA...

 

Giorgio Arnaboldi per “la Verità

il necrologio di luchino revelli beaumont il necrologio di luchino revelli beaumont

 

«Una notizia può nascondersi ovunque, anche dietro un annuncio funebre». L’insegnamento dei vecchi giornalisti con le mani sporche d’inchiostro ha un riscontro modernissimo: fra i necrologi del Corriere della Sera di sabato scorso ce n'è uno che non può passare inosservato. «Con la speranza cristiana di riunirsi alla sua Maria Elda si è conclusa a 97 anni la lunga, intensa, travagliata esistenza dell’Avvocato Luchino Revelli Beaumont, volontario di guerra, sottotenente di artiglieria. Per vent' anni anche a rischio della propria vita al servizio della Fiat, poi immemore e insensibile al gravissimo danno esistenziale da lui sofferto».

 

Immemore e insensibile, come dire che l' azienda simbolo del nostro Paese gli ha voltato le spalle almeno pubblicamente e non ha più voluto sentir parlare di lui. Di lui che era una leggenda. Di lui che era il Marchionne degli anni Settanta. Di lui che era il ministro degli Esteri di Gianni Agnelli e aprì la strada allo sbarco in Unione Sovietica, in Argentina, in Brasile superando ostacoli politici e ambientali grandi come l' Everest e favorendo il periodo di massima espansione del marchio italiano nel mondo.

luchino  revelli   beaumontluchino revelli beaumont

 

Di lui che partecipò al ritorno di Peron in Argentina dall' esilio a Madrid. Di lui che fu rapito a Parigi da un commando di guerriglieri mentre rivestiva la carica di direttore generale di Fiat Francia e per 89 giorni fu in bilico fra la vita e la morte, prima di essere rilasciato in cambio di un riscatto di due milioni di dollari. Come si usa dire oggi: tanta roba. La vita di Luchino Revelli Beaumont non si può nascondere o sottostimare. È come un airbag, al primo urto si libera e riempie tutto lo spazio possibile.

 

Nasce a Genova nel 1919 da un' antica famiglia piemontese che ha dato il cognome a filosofi, letterati, politici, giureconsulti. Il padre è un geografo, socio dell' Accademia dei Lincei e amico di Papa Pio XI. Nel dopoguerra Luchino è un giovane avvocato che entra nell' orbita Fiat e fa carriera in fretta accanto a Gianni e Umberto Agnelli. Nel 1968 viene nominato responsabile dell' ufficio di Parigi e gli viene affidato un compito che potrebbe trasformarsi nella prima, grande fusione fra produttori d' auto: un accordo operativo tra Fiat e Citroen.

 

luchino  revelli beaumontluchino revelli beaumont

La casa francese è in difficoltà ma conta sul miglior settore «tecnologia e ricerca» d' Europa, quella italiana è in espansione e vorrebbe accelerare sull' innovazione. Matrimonio perfetto, la famiglia Agnelli spinge per farlo, Francois Michelin (proprietario di Citroen) e André Bettencourt (ministro francese dell' Industria) sono d' accordo. Il veto arriva direttamente da Charles de Gaulle con la frase: «Impossibile, la Citroen è la Francia».

 

All' inizio degli anni Settanta Luchino diventa ministro degli Esteri degli Agnelli, coordina le operazioni diplomatiche che portano all' apertura della fabbrica Fiat a Togliattigrad (un calco di Mirafiori), poi lo sbarco in Argentina a Cordoba e quello in Brasile. Sono anni in cui le multinazionali americane fanno fatica a conquistare l' Est europeo e l' America Latina per via delle forti tensioni politiche e la diplomazia della Fiat ha buon gioco.

 

gianni agnelligianni agnelli

Revelli Beaumont è in prima fila anche nello sbarco in Cina con il marchio Iveco, più avanti parteciperà ai negoziati per l' ingresso di Gheddafi con capitale libico nella Fiat. La sua abilità lo porta a diventare consigliere del presidente egiziano Nasser nell' operazione di nazionalizzazione del Canale di Suez. È un Marchionne degli anni Settanta, forse anche di più. E la similitudine diventa del tutto calzante quando Revelli Beaumont riesce a vendere la Simca (che faceva parte del gruppo Fiat) alla Chrysler.

 

Il suo posto nella piramide del potere a Torino è molto in alto, ma la stagione dei guai sta per cominciare. Tutto parte dall' Argentina, dove le tensioni sociali sono fortissime. Nel 1971 un commando dell' Esercito rivoluzionario del popolo (una cellula trotzkista) sequestra e uccide Oberdan Sallustro, presidente di Fiat Argentina e uomo molto duro con gli operai.

 

gianni agnelli fiat  gianni agnelli fiat

Luchino Revelli Beaumont viene mandato a Cordoba a trattare con i terroristi e a gestire l' esplosiva situazione. Racconta la figlia Laura in una lunga intervista al quotidiano spagnolo El Pais: «Mio padre stava a Cordoba, dove tentarono di rapirlo, ma nessuno allora lo rivelò. L' abbiamo saputo anni dopo, lui era molto utile alla Fiat. E questo fatto che tutti in azienda sapevano tranne noi, dimostra che la responsabilità della Fiat fu grande. Allora l' azienda era uno Stato nello Stato».

 

A Cordoba il contesto è esplosivo, in fabbrica non vi sono certezze di portare avanti la produzione, in tutta l' Argentina regna il caos. Allora Revelli Beaumont si fa venire un' idea pazzesca e affascinante per stabilizzare la situazione: favorire il ritorno di Juan Domingo Peron. Il Caudillo è in esilio a Madrid e Luchino, dopo aver cucito rapporti nel sottobosco del peronismo, gli parla alla Puerta De Hierro, la casa che in futuro sarà acquistata dal calciatore Jorge Valdano.

 

giovanni agnelligiovanni agnelli

Spiega la figlia Laura: «Il rientro di Peron avrebbe significato il ritorno a una calma sociale vera e la Fiat era molto interessata a questo. Più pace, un Paese più equilibrato, meno scioperi. Per questo la Fiat finanziò l' operazione. Anch' io conobbi Peron. Bisognava consegnargli una lettera a mano e io, che dovevo andare a Madrid, mi trovai nelle condizioni di farlo. Restai delusa, mi parlò della sua ammirazione per Mussolini. Però era galante, colse una rosa nel suo giardino e me la donò».

 

La missione riesce, Luchino Revelli Beaumont è sull' aereo che riporta il Caudillo a Buenos Aires il 20 giugno 1973. Il ministro degli Esteri della real casa sabauda sembra all' apice del successo, ma l' operazione «Ritorno» lo costringe a conoscere e a frequentare un mondo che segnerà il suo destino. Luchino vive a Parigi in rue de la Pompe, con il suo stile e la sua imponenza sembra non conoscere ostacoli.

 

i familiari luchino revelli beaumonti familiari luchino revelli beaumont

Ma la sera del 13 aprile 1977 viene sequestrato da un sedicente commando rivoluzionario del popolo argentino, in pratica peronisti di sinistra. Unico sequestro politico in Francia, unica azione rivendicata dai guerriglieri fuori dall' Argentina. Una prigionia di 89 giorni, un feuilleton mediatico che lascia i francesi incollati al televisore. I rapitori chiedono un riscatto di 30 milioni di dollari; per comprendere l' enormità basti ricordare che un lustro più tardi gli Stati Uniti metteranno una taglia di 25 milioni su Saddam Hussein.

 

Luchino viene rilasciato dopo tre mesi di prigionia in un luogo che la polizia francese sembra conoscere ma non prende d' assalto. Riscatto: solo due milioni. La cosa lascia presumere che dietro la patina politica ci sia una semplice estorsione. La figlia Laura, che nove anni fa decise di far riaprire il caso per illuminarne i punti oscuri, spiega così a El Pais l' intrigo internazionale: «Mio padre fu vittima di un insolito intreccio di interessi politici ed economici, ai quali si aggiunsero le relazioni che aveva con Peron».

 

luchino  revelli  beaumontluchino revelli beaumont

Il mandante sarebbe Hector Villalon, faccendiere argentino molto potente a quell' epoca, poi diventato un intoccabile in Brasile come grande elettore di Lula. Sarà lui a comprare a Buenos Aires la pizzeria Il Filo da una vecchia conoscenza del terrorismo italiano: Giovanni Ventura. Villalon si dichiara estraneo a una storia che la polizia francese ha sempre trattato con enorme discrezione. Lo stesso presidente Giscard d' Estaing liquida la faccenda con la frase: «È una storia fra italiani e argentini».

 

Luchino Revelli Beaumont esce distrutto da questa esperienza. Durante la prigionia subisce un processo politico ed è costretto a scrivere un libro nero della Fiat in Argentina; il manoscritto sarebbe nelle mani di Villalon. Almeno così sostiene Juan Gasparini, biografo di uno dei rapitori condannati in Francia otto anni dopo il sequestro. Quando viene rilasciato, Luchino è preda della sindrome di Stoccolma, inneggia a Bakunin, la sua vita è distrutta. Una commissione di psichiatri lo dichiara invalido mentale al 100% e la Fiat lo pensiona in fretta a 58 anni.

luchino revelli beaumont 2luchino revelli beaumont 2

 

Le Monde scrive che «la Fiat si rifiuta di pagare le spese sanitarie». Accantonato e dimenticato molto in fretta, non rivedrà più la famiglia Agnelli e trascorrerà il resto dell' esistenza a ricapitolare quegli anni e quegli eventi, protetto amorevolmente dalla famiglia. Il buen retiro dell' uomo che fu eminenza grigia dell' Avvocato diventa Courmayeur, ne sarà cittadino onorario.

 

Quando riceve l' onorificenza dice: «Ho 93 anni ma vengo qui da 94 perché la mamma mi portò per la prima volta quando ero nella sua pancia. Per me la montagna è una sola, il Bianco». Pur in quel paradiso, fino all' ultimo giorno i suoi fantasmi lo vengono a trovare. E lui non sa se temere quelli con il volto dei nemici o degli amici.

rapimento luchino revelli beaumontrapimento luchino revelli beaumont

 

 

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