UN MONTE DI GUAI - DOPO L’USCITA DI CALTARICCONE (VOLATO VERSO UNICREDIT), MPS DEVE AFFRONTARE DUE MESI DI FUOCO - L’EBA PRETENDE UNA RICAPITALIZZAZIONE DA 3,2 MLD € E SERVE SOSTITUIRE MUSSARI (CON PROFUMO?) - CON GLI 11 CREDITORI CHE VOGLIONO RIENTRARE DEL MILIARDO DI ESPOSIZIONE, SIENA DOVRÀ CEDERE PARTECIPAZIONI NON STRATEGICHE COME IL 2,5% DI CASSA DEPOSITI E ALMENO UN 15% DEL PACCHETTO MPS…

1 - MPS NELLA "TEMPESTA PERFETTA" IN GIOCO CI SONO PATRIMONIO E AZIONARIATO
Andrea Greco per "Affari & Finanza - la Repubblica"

Sulla Siena bancaria piove la tempesta perfetta. Il forfait di Francesco Gaetano Caltagirone è l'ultimo degli scrosci, e non fa che acuire l'isolamento di uomini e istituti che campano sulla banca cittadina. Entro due mesi va deciso l'assetto del futuro Monte dei Paschi, a ogni livello: patrimonio, strategie, management, azionariato, ognuno dei quali inestricabilmente connesso. L'unica certezza ex ante è che la banca più antica del mondo, e una tra le più tranquille e paludate, ne entra scossa e ne uscirà cambiata. Vediamo i nodi.

Patrimonio: lo scacco dell'Eba
Da quattro anni - da quando si lanciò nell'acquisizione di Banca Antonveneta pagando 9 miliardi di euro in contanti, poco prima dell'inizio della crisi dei subprime che ha provocato - la banca vive una storia patrimoniale difficile. Fatta di aumenti di capitale (due), emissioni di prestiti convertendi, crollo dell'azione quotata e sconquasso dei forzieri del primo azionista, la fondazione locale.

Sul quadro ha infierito l'Eba, che ha chiesto 3,2 miliardi di euro di rafforzamento patrimoniale entro giugno, per rientrare nei criteri temporanei di stabilità. Un assunto aspramente criticato, non solo con le parole dure del presidente Giuseppe Mussari (difensore di parte anche nella sua veste di presidente dell'Abi) ma anche dalla maggior parte degli analisti che coprono il titolo, data la natura spiccatamente "tradizionale" dei business senesi, e il fatto che quasi 1,5 miliardi di carenze patrimoniali imputate a Mps sono legati non tanto al mark to market dei titoli sovrani (criterio che già esorbita dalla contabilità internazionale vigente) ma a perdite teoriche su forme di copertura dei tassi di interesse.

«Senza la trovata dell'Eba, non credo che Mps avrebbe avuto bisogno di altro capitale», spiega Matteo Ramenghi, analista di Ubs che giorni fa ha ospitato le 16 principali istituzioni finanziarie italiane e ne ha tratto «messaggi più positivi delle previsioni, e molta più fiducia rispetto a un anno fa».

La risoluzione imbelle del nodo Eba, è noto, sta ora nelle mani del "sistema Europa": se il Consiglio Europeo odierno darà slancio al Fondo salvastati, e gli spread sui debiti periferici proseguiranno nella loro discesa, sarà possibile che l'Autorità bancaria europea (il supervisory board si riunisce l'8 febbraio) attenui la severità dei suoi giudizi. Per ora Siena ha dovuto prepararsi al peggio, e ha inviato il 20 gennaio un piano in Bankitalia in cui spiega come colmare il deficit stabilito dall'Eba.

Il piano, strutturato dal nuovo dg Fabrizio Viola, è coperto dal segreto. Ma il mercato ha aspettative chiare sui provvedimenti: conversione dei bond Fresh con beneficio di 1,1 miliardi, passaggio integrale ai modelli interni sugli asset ponderati al rischio per 5700 milioni, deconsolidamento di società prodotto (a partire da Consum.it) per 5600 milioni, messa a riserva di utili fino a 200 milioni (con possibile, ulteriore "dieta" per il dividendo 2012), cessioni di immobili per 500 milioni, altre cessioni per 500 milioni.

Tuttavia analisti e investitori ritengono che un quarto di quei 3,2 miliardi siano di incerto conseguimento, quindi la ricapitalizzazione potrebbe tornare nell'agenda. Fin qui Mps ha escluso più volte e risolutamente un nuovo aumento, soprattutto perché demolirebbe il pacchetto di controllo della fondazione, che non ha più soldi da investire.

Strategie: comprare tempo o vendere asset?
I banchieri senesi sperano che il contesto migliori, e levi le castagne dal fuoco. In ogni caso, Viola e il suo staff sono pronti a tutte le opzioni e già lavorano al nuovo piano industriale, che dovrebbero presentare in primavera. Non dipenderà da loro quanto discostarlo dal precedente di metà 2011, che stimava un miliardo di utile operativo in più previo allineamento della produttività di alcune filiali poco efficienti (400 milioni), sviluppo di prodotti bancassicurativi (177 milioni), nuovi business bancari e immobiliari (100 milioni), tagli di costi per il ridisegno organizzativo (466 milioni, questi già realizzati nell'esercizio 2011). Dipenderà dal contesto normativo, e di mercato, se i senesi dovranno calare uno o più assi, che comunque andrebbero individuati in cessioni di rami d'azienda, più che in richieste di denaro ai soci.

Management: l'ora dei forestieri
A fine anno l'uscita di Antonio Vigni, capoazienda dopo un excursus decennale in Mps, ha portato alla ribalta l'ex Bpm e Bper Viola. Fortemente voluto, si dice, da Giuseppe Mussari, l'uomo forte del moderno Monte, e che ancora in grado di orientare le scelte apicali. Tuttavia Mussari è in uscita a sua volta dal Monte: così s'era ripromesso all'inizio del secondo mandato, e del resto i suoi rapporti con la fondazione si sono nel tempo logorati.

Proprio Mussari, in accordo con il sindaco Franco Ceccuzzi (l'altro uomo forte della galassia Mps) starebbe cercando il proprio successore. Potrebbe toccare anche in questo caso a un "forestiero": si cerca un banchiere esperto e di alto livello, e il profilo ben si attaglia alla figura di Alessandro Profumo, che secondo indiscrezioni attendibili è effettivamente un candidato. Anche se le turbolenze (specie di campanile), su di lui o su altri, non mancheranno.

Azionariato verso il big bang
Anche se destino e mosse della fondazione discenderanno da destino e mosse della banca, Palazzo Sansedoni ha problemi intrinseci, da affrontare. Entro metà marzo i suoi 11 creditori esigono di rientrare di parte dei 1.015 milioni di esposizione residui (la fondazione ne dichiara 900, per un diverso computo del valore delle garanzie sui bond fresh). Il gioco è condotto da Mediobanca e Credit Suisse, quali prestatori rispettivamente di 250 e 300 milioni all'ente.

Le banche, anche a tutela dei loro interessi, lavorano per una ristrutturazione soft, che permetta alla fondazione di restituire circa metà dei fidi e allungare la parte restante. Per farlo, occorrerà cedere tutte le partecipazioni non strategiche - valore massimo stimato 200 milioni, si è già cominciato con il 2,5% di Cassa depositi, spalmato su altre cinque fondazioni dell'orbita Acri - e almeno un 15% del pacchetto Mps. Il violento rimbalzo del titolo a Piazza Affari, che in tre settimane è risalito da 20 a 30 centesimi, dà una grossa mano. Ora la banca vale 3,3 miliardi, il 48% dell'ente circa 1,6 miliardi.

Un 15% vale mezzo miliardo, che potrebbe accrescersi se a comprarlo fosse un solo investitore privato, cui "vendere" anche la corrispettiva governance. Le speranze della fondazione erano che l'affare lo facesse proprio Caltagirone, socio storico e vicepresidente. Ma l'imprenditore romano si sta chiamando fuori e punta verso Unicredit. Una vera trattativa, si dice, non c'è mai stata, e nonostante i rumors sui giornali, Caltagirone non sarebbe mai stato contattato dal team del presidente e venditore Gabriello Mancini.

La fondazione guarda anche verso Axa, altro grande socio storico, ma finora da Parigi non giungono grandi segnali. In alternativa, e con incasso minore, gli advisor di Palazzo Sansedoni (ancora Mediobanca, più Rothschild) potrebbero cercare il collocamento a fermo, sminuzzando il 15% presso più investitori istituzionali. E se neanche questo funzionerà non resterebbe che alzare la posta e cedere un pacchetto più rotondo, magari addirittura l'intero 48%, e diventare un azionista finanziario che vive sulle cedole. «Ma non succederà, perché l'asset Mps garba molto», taglia corto un banchiere senese.

2 - TUTTO NASCE CON L'ACQUISTO DI ANTONVENETA
A.B. per "Affari & Finanza - la Repubblica"

I guai del Monte dei Paschi sono cominciati all'indomani dell'acquisto, nel 2008, per 9 miliardi, di Antonveneta, ceduta dall'abile Emilio Botin del Banco Santander. Lo tsunami finanziario che comincia in estate scompiglia subito le carte e fin dall'inizio i valori delle banche si ridimensionano drasticamente insieme alle prospettive di guadagno. Dal 2010 l'allora Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, insiste perché le banche accrescano il core Tier 1 almeno all'8 per cento (9-10 per le banche di sistema).

Bpm e Banco Popolare fanno un primo aumento di capitale, seguiti da Ubi, ma Mps resiste fino alla scorsa primavera e arriva subito dopo Intesa, obbligando la Fondazione a indebitarsi per sostenere l'aumento. Ma dall'estate comincia la crisi dei debiti sovrano, che porterà a settembre dello scorso anno Andrea Enria, presidente dell'Eba a chiedere altri aumenti per Unicredit (fatto all'inizio di gennaio e concluso nei giorni scorsi), Banco Popolare, Ubi e Mps. Quest'ultimo avrebbe la necessità di accrescere il suo capitale di 3,2 miliardi. Ma tutti e tre questi istituti puntano a risolvere i loro problemi con l'Eba in altri modi, o vendendo asset o utilizzando nuovi criteri contabili.

 

SEDE CENTRALE MONTE DEI PASCHI DI SIENAGIUSEPPE MUSSARI FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE Fabrizio ViolaANTONIO VIGNI FRANCO CECCUZZIALESSANDRO PROFUMOGabriello ManciniAndrea Enria

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?