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PIÙ CHE L'ESTATE, È GIÀ FINITA LA RIPRESA - UN QUINTO DELLE AZIENDE RISCHIA IL CRAC, MENTRE I SOLDI EUROPEI SONO ANCORA UN MIRAGGIO. IL RIMBALZINO ESTIVO DEL TURISMO SI È FERMATO APPENA I CASI SONO TORNATI A SALIRE, E ORA CHI LAVORA NELL'ACCOGLIENZA TORNA A VEDERE NERISSIMO. SE CONFERMATA LA TENDENZA ATTUALE, «I FATTURATI SI RIDURREBBERO IN UNA FORBICE COMPRESA FRA -6% NELLO SCENARIO OTTIMISTICO E -29% IN QUELLO PESSIMISTICO», SPIEGA IL FORUM AMBROSETTI

 

1 – CAPORETTO DELLE IMPRESE UN QUINTO DELLE AZIENDE ADESSO RISCHIA IL CRAC

Fabrizio Goria per “la Stampa

 

L'Italia va verso la terza peggiore contrazione economica dall'Unità a oggi. In calo i fatturati delle imprese, in aumento i possibili fallimenti, ma si stima una graduale ripresa degli investimenti nel corso del 2021, frutto del rimbalzo già in corso.

 

Ad affermarlo è uno studio di The European House - Ambrosetti, che oggi inaugura i lavori del 46esimo forum di Villa d'Este a Cernobbio. Meno 10,8% la flessione del Prodotto interno lordo (Pil) prevista per il 2020, assumendo che non vi siano altri lockdown. Il consueto appuntamento con il gotha economico-finanziario europeo sul Lago di Como si apre con uno scenario che più pesante è difficile immaginarlo.

COPERTINA THE ECONOMIST 4 APRILE 2020 - A GRIM CALCULUS

 

L'Italia si conferma come uno dei Paesi più colpiti dalla recessione, che è anche il frutto di un ventennio in apnea per il Paese. Come sottolinea l'analisi prodotta dall'Ambrosetti, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2019, «il tasso di crescita medio italiano è stato pari a 0,4%: un quarto del tasso medio europeo». Inoltre, «anche a inizio anno, prima dell'esplosione della pandemia, l'Italia era attesa (per il terzo anno consecutivo) alla crescita più contenuta in Europa, con un tasso di crescita stimato a 0,3 per cento»

 

Un contesto già difficile che è peggiorato con l'arrivo del nuovo coronavirus. La buona notizia che arriva da Cernobbio è che a partire dalla seconda metà del terzo trimestre i consumatori italiani hanno ripreso le loro abitudini di spesa. Un elemento che lascia intendere, al netto di nuove misure di confinamento, che nel corso del prossimo anno le attività economiche torneranno a regime. Nonostante ciò, ci sarà da faticare prima di tornare ai livelli pre-crisi, considerato che la crescita sarà «graduale e lenta per tutto il 2021».

 

Inoltre, se confermata la tendenza attuale, «i fatturati si ridurrebbero in una forbice compresa fra -6% nello scenario ottimistico e -29% in quello pessimistico», spiega l'Ambrosetti. Per ora si prevede una riduzione compresa nella forchetta più bassa dell'intervallo, tra lo scenario di base e quello più negativo. Vale a dire, si passerebbe da un fatturato complessivo di quasi 2.900 miliardi di euro registrati nel 2019 a poco più di 2.250 miliardi a fine anno.

 

Tuttavia, non preoccupa solo il Pil. In aumento, secondo l'Ambrosetti, c'è l'indice di Gini sulla distribuzione dei redditi, che misura le disuguaglianze economiche. Nel 2017, ultimo dato disponibile, era a quota 35,9 punti, il valore massimo dal 1998 e il più elevato nel confronto con i principali Paesi europei. Un fenomeno che potrebbe acuirsi a causa delle difficoltà delle compagnie. Il modello utilizzato dagli analisti di Ambrosetti, basato su un campione di 112mila società (grandi e Pmi), assume che il 30% delle imprese italiane sia esposto ad un rischio di liquidità.

chiusi per virus

 

E il 17% rischia il default. E potrebbe arrivare una ulteriore tegola. Il margine operativo lordo potrebbe essere negativo a fine anno, considerando lo scenario più buio, per la metà delle aziende intervistate. Alla luce di ciò sono impressionanti, evidenzia il think tank italiano, gli sforzi messi in campo da governi e banche centrali. Secondo i calcoli di The European House - Ambrosetti la somma degli stimoli, che siano sussidi, bonus, garanzie sui prestiti, incentivi e sgravi fiscali, è pari a 10mila miliardi di dollari su scala globale. Un quadro che per gli analisti dell'Ambrosetti «andrà a impattare sui conti pubblici di vari Paesi, con rapporti deficit/Pil destinati a crescere in tutte le economie coinvolte». Tra essi, anche l'Italia.

 

 

2. IN ITALIA LA RIPRESA È GIÀ FINITA TURISMO & C. IN RECESSIONE

Rodolfo Parietti per “il Giornale

 

Male le aziende del terziario. Fa paura anche il crollo di Apple alla Borsa Usa, Piazza Affari cede l'1,5%

E se un colpo mortale alla narrazione falsa e zuccherosa sulla ripresa a V, quella così energetica e muscolare da declassare il Covid-19 a rango di raffreddore, arrivasse proprio da Wall Street, lì dove è nata? Ieri le mille luci dei guadagni senza fine si sono improvvisamente spente. Soprattutto al Nasdaq. Dopo nove record consecutivi, il mercato hi-tech americano è crollato fino a un massimo del 5% trascinando in basso Apple, Amazon, Netflix e Microsoft, le sue regine. Per qualche analista si è trattato di un «momento Minsky», il crollo improvviso a seguito di una corsa al rialzo insostenibile alimentata da stimoli fiscali e monetari senza precedenti.

 

Gli scricchiolii che arrivano da New York hanno depresso l'Europa (-1,54% Piazza Affari), dove non si vede manco l'ombra di una ripresa economica. E dove nel terziario tira anzi aria di recessione nonostante il ricorso alla cassa integrazione, il rinvio dei rinnovi contrattuali e i licenziamenti. È una sofferenza condivisa dal Vecchio continente, ma è l'Italia a figurare come l'anello più debole di una catena già spezzata dal Covid-19 e difficile da rinsaldare ora che i contagi vanno crescendo.

 

recessione coronavirus

Ormai certo che gli aiuti da Bruxelles, via Recovery Fund, arriveranno non prima del prossimo giugno, si cerca conforto nelle capacità taumaturgiche della Bce. Chiedendosi se l'istituto guidato da Christine Lagarde deciderà nella riunione del 10 settembre di dare un altro colpo d'acceleratore al Pepp, il piano d'acquisti per l'emergenza pandemica, anche allo scopo di raffreddare l'euro e accorciare la divaricazione della politica monetaria dopo il nuovo corso sull'inflazione adottato dalla Federal Reserve di Jerome Powell.

 

Speranze che vengono tuttavia inchiodate da numeri impietosi, come quelli diffusi ieri da Ihs Markit, l'istituto che ogni mese si prende in carico il compito di tastare il polso alle imprese. E l'indice Pmi servizi diffuso ieri raccontandoci per cifre una realtà ancora drammatica. Chris Williamson, capo economista di Ihs Markit, parla infatti apertamente di una recovery che «sta iniziando a vacillare» a causa delle misure di distanziamento sociale ancora in vigore come mezzo di contrasto alla pandemia.

 

Quelle stesse misure che hanno avuto l'effetto di un maglio piombato sul terziario e che l'Italia, con la sua fitta rete fatta di aziende radicate nel settore del turismo e nella ristorazione, ha finito più di altri per subire. Non a caso, in agosto, il Pmi è finito sotto quota 50 (a 47,7 dai 51,6 di luglio), a segnalare dunque una contrazione dell'attività complice l'ennesimo calo dei nuovi ordini e la forte riduzione della domanda estera dovuti alle forme di restrizione prese dai mercati principali.

 

È verosimile, in presenza di focolai di coronavirus in continuo aumento, che la situazione possa peggiorare nei prossimi mesi compromettendo il recupero che veniva prospettano nel terzo trimestre, dopo i miglioramenti visti fra giugno e luglio in seguito all'uscita dal lockdown. A fronte di questa perdita di vigore, Ihs Markit evidenzia «quanto sia importante che nei prossimi mesi, al fine di sostenere la ripresa, i responsabili decisionali tengano alta l'attenzione».

fabbrica coronavirus 2

 

E ciò vale per tutti, visto che è l'intera eurozona ad avere il fiato corto. L'indice Pmi composito della produzione è infatti calato a 51,9 punti in agosto rispetto ai 54,9 del mese precedente, mentre il comparto dei servizi flirta con la recessione anche in Spagna (47,7 punti) e qualche problema a tenere il passo della crescita si avverte pure in Germania e Francia. Poi, una volta agganciata la ripresa, si potranno anche seguire i consigli dell'Ocse che invita i governi a «costruire un'economia più sostenibile, con riforme sulle tasse ambientali e sulle politiche contro le disuguaglianze».

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