ennio e massimo doris

IL SILENZIO È DORIS, MA ENNIO PARLA! ''PATRIMONIALE? BERLINO VUOLE TRASFORMARE L'ITALIA IN UNA COLONIA. SE CE L'ABBIAMO CON L'UNIONE EUROPEA, BRUXELLES HA LE SUE COLPE. SEMBRANO BUROCRATI SOCIALISTI - LO SPREAD FA DANNI, MA BANCA MEDIOLANUM CONTINUA A COMPRARE TITOLI. IL GOVERNATORE VISCO RISCHIA DI ALIMENTARE LA PAURA, IO RESTO OTTIMISTA. E BERLUSCONI MI HA DETTO… 

 

 

 

Federico Novella per la Verità

 

A dieci anni dal tracollo di Lehman Brothers, per molti la storia sembra ripetersi oggi. Nonostante la tempesta sui mercati, il presidente di Banca Mediolanum, Ennio Doris, oggi come allora, invita a mantenere i nervi saldi. E ad analizzare lo scenario italiano e internazionale dalla giusta prospettiva.

 

Presidente Ennio Doris, è un momento delicato per il nostro Paese, in cerca di fiducia sui mercati mentre la manovra sbarca in Parlamento. Quale clima si respira?

«Guardi, l' altro giorno al bar mi ha fermato un signore, peraltro favorevole a questo governo: aveva timore di acquistare i titoli di Stato italiani. Naturalmente gli ho detto: "Vai tranquillo". Anche la mia banca sta continuando a comprare titoli di Stato, che restano prodotti sicuri. È significativo che un elettore di questa maggioranza abbia già perso fiducia».

 

ENNIO DORIS CON ALLE SPALLE UN RITRATTO D ANNATA DI BERLUSCONI

Il governatore della Banca d' Italia Ignazio Visco dice che lo spread avrà conseguenze gravi sui risparmi delle famiglie e sulle prospettive di crescita. È d' accordo?

«Visco fa il suo mestiere, che è anche quello di far pressione sul governo. Però con quelle frasi può alimentare la paura. Ma ha ragione: in un mondo globale la vera sfida è restare attrattivi nei confronti dei mercati».

 

Allora non è tanto lo spread che la preoccupa?

«Per carità, lo spread ha effetti nefasti: le banche vedono il patrimonio erodersi e non sono più in grado di fare credito. Ma spesso gli economisti si concentrano solo sui numeri. A me interessano i sentimenti dei risparmiatori, che generano effetti molto più immediati della salita dello spread. Chi ha paura di solito stacca il cervello: taglia subito i consumi e gli investimenti».

 

Ne ha parlato con Silvio Berlusconi?

«Ho incontrato Silvio di recente. Mi ha dato un consiglio: vai e diffondi tranquillità. L' ho colto al volo. Se nel terzo trimestre l' economia si è fermata la colpa è dello stato d' animo degli operatori economici. E del clima complessivo generatosi. Ecco perché, oggi più che mai, occorre quella rivoluzione che l' Italia non ha mai avuto: una manovra veramente espansiva, per le famiglie e per le imprese».

 

E dunque quella licenziata dal governo non lo è?

«Se spendi 10 miliardi per il reddito di cittadinanza vuoi sicuramente stimolare i consumi. Ma io penso anche a quelli che un lavoro ce l' hanno già, la grande massa fortunatamente. Questi mettono da parte qualcosa, intimoriti dal futuro, contraggono i propri consumi, ed essendo molti di più vanno di fatto a più che neutralizzare lo stimolo dei consumi voluto proprio dal reddito di cittadinanza».

Ennio Doris

 

Il principio della flat tax, ammesso che sia una soluzione sostenibile, sarebbe una valida medicina per rilanciare la crescita?

«La leva fiscale è un formidabile strumento di politica economica. Noi oggi pensiamo solo alle coperture: ma se tagli le imposte a tutte le categorie, intervieni sul comportamento delle persone, che spendono e investono, generi euforia, cresce la torta dell' economia e puoi destinare una fetta in più per aiutare chi ha bisogno. Ci vuol tanto a capirlo?».

 

Questa idea di assegnare terreni agricoli pubblici a chi fa il terzo figlio, per favorire la crescita demografica, la fa sorridere?

«Tutto quello che può spingere le persone a metter su famiglia è ben accetto. D' altronde il lavoro non c' è, le famiglie sono cambiate, i nonni spesso vivono lontano e l' asilo costa».

 

Il presidente Sergio Mattarella invita al dialogo con l' Europa, mentre Matteo Salvini si prepara a scendere in piazza contro Bruxelles. Lei da che parte sta?

«Io ho vissuto la tragedia della guerra, e quindi mi batterò sempre perché vi sia amicizia e collaborazione tra i popoli europei. Certo, l' Italia era il Paese più europeista in assoluto e ora non lo è più. Forse qualche colpa a Bruxelles ce l' hanno».

 

Quali colpe?

Ennio Doris

«A volte sembrano davvero semplici burocrati, senza legittimazione elettorale, con una concezione dell' economia di stampo socialista. L' Unione deve rispettare le tradizioni e la diversità delle nazioni: deve guidare ma non imporre. Ricordo che negli anni Settanta Margaret Thatcher attaccava sempre l' Europa e questo mi infastidiva. Poi la vidi a Milano, la sentii parlare contro questa élite e aprii gli occhi, me ne innamorai. Anche fisicamente».

 

Nel 2011 ci fu un complotto internazionale finanziario ai danni del governo Berlusconi?

«Non faccio dietrologie. Ma i guai iniziarono nell' aprile di quell' anno, quando le banche tedesche cominciarono a liberarsi dei titoli di debito italiani. Quando la svendita uscì alla luce del sole, lo spread decollò».

 

Massimo Doris

Spianando la strada al governo di Mario Monti.

«Il quale ha tagliato poco le spese e aumentato molto le imposte. Il mercato inizialmente si è fidato, ma a colpi di tasse non si è mai risolto nulla. Anzi».

 

Fino al famoso bazooka di Mario Draghi: «Faremo tutto il necessario per salvare l' euro».

«Esatto. Se quella frase l' avesse detta il suo predecessore Jean Claude Trichet solo un anno prima, il problema dello spread sarebbe morto sul nascere».

 

Oggi i vertici della Bundesbank propongono per l' Italia una patrimoniale al 20% per stabilizzare le finanze pubbliche.

«Così i nostri capitali fuggirebbero all' estero, e noi diventeremmo una colonia di Berlino. La Germania si preoccupa solo di non dover accollarsi i nostri debiti».

 

Torniamo in Italia. Il Movimento 5 stelle sta attraversando una fase turbolenta della sua vita politica. Dopo la rapida ascesa, prevede un altrettanto rapido declino?

«Questo non ho modo di saperlo. Loro rappresentano perfettamente la cultura antimpresa, quella che in Italia ha fatto tanti danni. Una cultura basata sull' invidia sociale, che ottenebra le menti. Prendiamo ad esempio le infrastrutture, quelle che fanno andare avanti il mondo. È ridicolo dire no a un gasdotto in Puglia, quando in Cina costruiscono ponti per decine di chilometri».

 

È una cultura che arriva da lontano?

«Certo. Cinquant' anni fa cominciarono a tassare chi investe in azioni. Con il tempo hanno ucciso il mercato finanziario italiano e ci hanno reso bancocentrici. Oggi ben vengano i Piani individuali di risparmio, che detassano chi investe nelle piccole imprese italiane. È un primo passo. Ma ci vogliono anni per cambiare una mentalità sbagliata».

 

IGNAZIO VISCO

Nel 2008 lei ha preso una decisione senza precedenti. Ha restituito ai suoi correntisti i soldi che avevano perduto nel crack di Lehman Brothers. Contemporaneamente ha abbassato i costi dei mutui erogati, per rendere le rate dei clienti più sostenibili. Forse i banchieri dovrebbero avere più cuore?

«Mi sono messo nei panni del risparmiatore, che fa già una gran fatica a districarsi tra clausole, tassi e commissioni bancarie. O fai capire al cliente che sei dalla sua parte, o ti abbandona».

 

Nonostante tutto, resta ottimista sul futuro del Paese?

«È sufficiente ragionare. Dal dopoguerra a oggi abbiamo assistito a terribili conflitti militari, Vietnam, Corea, guerre fredde, corsa all' atomica, carestie, shock petroliferi e quant' altro. Nonostante tutto questo, il Pil mondiale è cresciuto: siamo sempre ripartiti, e sarà così anche stavolta. Dobbiamo ricordarci che la crisi, qualunque crisi, è sempre provvisoria. Come mi diceva mio padre: "C' è anche domani"».

 

Jens Weidmann e Angela Merkel

Lei è cresciuto negli anni Cinquanta in una famiglia umile. Cosa possiamo imparare dall' Italia di allora?

«A quell' epoca si parlava molto più di doveri, e molto meno di diritti. Mi lasci dare un consiglio ai più giovani: accettate qualsiasi lavoro vi venga offerto, a prescindere dalla preparazione. Anche tagliare l' erba di un giardino».

 

Vuole dire che ci lamentiamo troppo?

«Temo di sì. Quando avevo otto anni, andavo nella stalla alle due di notte per dare da mangiare alle mucche, sotto gli occhi attenti di mio zio. Ovviamente volevo fare altro nella vita, ma in quel piccolo compito ce la mettevo tutta. Stavo dipingendo me stesso agli occhi della mia famiglia. Così la passione per il lavoro mi è venuta incontro da sé.

E non mi ha più abbandonato».

 

 

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