VIENI AVANTI, SCHETTINO! - A DISASTRO CONSUMATO, TUTTI ORA RICORDANO LA "SPAVALDERIA" DELL´UOMO: GUIDAVA LA NAVE COME UNA FERRARI - “ERA UN TIPO TROPPO ESUBERANTE. UNO SPAVALDO. PIÙ DI UNA VOLTA HO DOVUTO METTERLO AL SUO POSTO - “HA PORTATO LA CONCORDIA NON A RIDOSSO DEGLI SCOGLI DELLE "SCOLE", MA IN MEZZO. VORREBBE DIRE CHE HA PORTATO QUEL BESTIONE DI 36 METRI DI LARGHEZZA IN MEZZO A UN CANYON MARINO DI ACQUA BASSA LARGO 68. UNA CRUNA D´AGO”…

Carlo Bonini, Marco Mensurati per "La Repubblica"

Interrogato ieri in Procura, il commodoro Mario Terenzio Palombo non ha parole tenere per Francesco Schettino. Per quattro anni, questi due uomini hanno diviso la plancia della "Serena", la nave della flotta Costa, gemella della "Concordia". Palombo ne era il comandante, Schettino il vice.

Raccontano di un rapporto di ferro, di un´amicizia profonda tra i due. Ricordano che quando Palombo ha il secondo infarto che lo costringerà a scendere per sempre da una nave da crociera, Schettino è al suo fianco, mentre lo soccorrono a Napoli. Epperò, la notte del Giglio sembra aver cambiato le cose.

«Ma quali amici, ho sempre avuto delle riserve su Schettino - racconta Palombo ai pm - È vero, è stato il mio secondo, ma era un tipo troppo esuberante. Uno spavaldo. Più di una volta ho dovuto metterlo al suo posto». Il commodoro in pensione, un´istituzione della "Costa", si sfila dunque da questa storia. O almeno ci prova. Ammette di averlo contattato telefonicamente due volte la notte del 13, ma per pochi secondi, «perché l´utenza era occupata».

Esclude che l´inchino fosse destinato a lui. «Ero in ospedale a Grosseto venerdì sera», dice. Dunque, conferma che l´azzardo dell´accosto contro ogni ragionevolezza al disotto dei cinquecento metri dalla costa è solo farina della "sfida continua" che Schettino sembrava aver ingaggiato con se stesso, con la memoria marinara e i suoi ufficiali. E di cui è traccia nell´azzardo a Marsiglia il 17 dicembre (ne diamo conto altrove in queste pagine).

E allora? A Meta di Sorrento, dove Schettino è nato e abita, raccontano di una lunga gavetta sui traghetti della «Tirrenia», che per decenni è stata la palestra dei giovani ufficiali sorrentini che sognano le "love boat". Schettino è uno di quelli che ce la fa. Anche se non immediatamente. Passa per la Snav Agip, l´Msc crociere (pochi mesi) e la "Reinassance", da dove fa il salto in Costa. Riferiscono fonti qualificate, «anche grazie all´interessamento di Gianni Onorato, campano come lui».

Lo assumono come "ufficiale responsabile per la sicurezza" e il suo primo incarico da comandante arriva nel 2006. La promozione al timone della «Concordia" arriva tre anni dopo, nel 2009. A disastro consumato, tutti ora ricordano la "spavalderia" dell´uomo. Le «indubbie doti» di marinaio mai accompagnate da "ragionevolezza". Come del resto, ora, sembrano confermare i primi rilievi sullo scafo della "Concordia".

La nave non sarebbe stata ferita solo sul fianco sinistro, ma, verosimilmente, avrebbe toccato anche con la chiglia. «Se questo dovesse essere confermato - spiega un inquirente - questo significherebbe che il comandante ha portato la Concordia non a ridosso degli scogli delle "Scole", ma in mezzo. Vorrebbe dire che ha portato quel bestione di 36 metri di larghezza in mezzo a un canyon marino di acqua bassa largo 68. Una cruna d´ago».

Interrogato, uno dei suoi ufficiali, Martino Pellegrino, alla richiesta di descrivere il suo comandante, ne parla come un uomo "autoritario", "per certi versi intrattabile". "Uno con cui non si riusciva e non si poteva mai parlare". Insomma un egocentrico che si alimenta dell´indubbia stoffa che dimostra in mare.

«A Schettino piace tenere il timone - racconta ancora Pellegrino - non gli piacciono le macchine». Naviga su colossi a 12 ponti grandi come case, come su scafi veloci. «Se dovessimo fare un paragone stradale - chiosa un investigatore - ci siamo fatti l´idea che guidasse un lussuoso pullman di linea come una Ferrari».

Giulia Schettino, la sorella, lo difende. A chi l´ha sentita, poche ore dopo il disastro, ha detto: «Lasciateci in pace, state gettando fango su una carriera onorata. Mio fratello Francesco dimostrerà di non avere responsabilità per quello che è successo». Anche Michele Miccio, ha parole di affetto. E´ stato uno dei «maestri» di Francesco, suo secondo ufficiale sulle navi della Tirrenia.

«Voi giornalisti non avete un briciolo di umanità» - dice - Fui io a consigliargli, visto che prometteva molto bene, di lasciare la marineria pubblica e di fare carriera con l´armamento privato. Di lì a poco lo ha fatto e in pochi anni ha percorso una brillante carriera, prima sulle navi della Carnival e ora sui giganti della Costa. Visto come sono andate le cose, ora mi pento di avergli dato quel consiglio».

Schettino, in una cella di isolamento, attende l´interrogatorio di oggi con l´assistenza di uno psicologo. Ma comunque vada, quale che sarà il suo destino giudiziario, sa che il suo nome resterà per sempre legato a quello che Pietrantonio Cafiero, discendente di una famiglia di armatori, dice in due parole.

«Per cinquant´anni ci porteremo sul groppone questa sciagura e subiremo danni enormi. Il volto di Schettino ora si sovrappone a quello del comandante dell´Andrea Doria, Piero Calamai. L´ufficiale al timone della nave al momento della collisione, nel 1956, con la svedese Stocholm».

 

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