CAFONALINO - “FRIEZE”, OVVERO COME VENDERE AGLI AMERICANI GLI AVANZI DI UNA FIERA (DI SUCCESSO) INGLESE

1. FRIEZE ART FAIR A NEW YORK - MENO MALE CHE C'È KOONS
Testo e foto di Januaria Piromallo ( blog su www.ilfattoquotidiano.it )

Pulsa lento il cuore della Frieze Art Fair di New York. La fiera di vanità artistiche giunta alla seconda edizione per pompare ossigeno e soldi a un settore boccheggiante strangolato dalla crisi planetaria. Per dieci anni Jeff Koons, il furbetto dell'arte contemporanea, ha tenuto il suo pubblico con il fiato sospeso.

Solo esposizioni in giro per il mondo di icone neo/pop e oggetti gonfiabili, dejà vu. Invece eccolo qui con le sue "Gazing Ball" di vetro soffiato di un blu squillante, incastrate su gigantesche statue di gesso di ispirazione greco/romana. Un'Anteprima mondiale. Un' apoteosi e prezzi fino a 3 milioni di dollari. Koons, anche se è l'artista più stra/pagato al mondo, per noi italians rimarrà sempre l'ex marito della pornostar Cicciolina, noiosamente vestito in grigio topo, tiene in mano una delle sue palle milionaire e nell'altra una bimbetta paffutella, la sesta della sua nidiata di figli ( di cui uno anche con Cicciolina).

Una performance solo per lui, tra wow di meraviglia, nel loft/galleria di David Zwirner a Chelsea, ventre dell'arte contemporanea newyorkese. Ovvio che il maestro Koons non volesse mescolarsi alla massa di artistoidi che invece espongono a Frieze. Un padiglione che si snoda come un serpentone su un'isoletta in mezzo al fiume, poco distante da Manhattan, qualche mandorlo in fiore per ricordarci che è primavera.

Come spesso accade il contenitore è più d'appeal delle opere contenute: falli e falletti, con l'origine du monde che tira sempre, pizza gigantesca in resina. Un artista cinese espone gli scarsi possedimenti di un barbone. La stra/quotata White Cube espone uno scaffale con accatastati prodotti farmaceutici. Dejà vu, o sbaglio?

Tante ancora le futilerie dei tanti FINTI/CHICCHESSIA.
Finti/artisti che credono di aver rubato il fuoco sacro agli dei, ‘illuminati' dalla grazia divina. In America proliferano come funghi e poi li spediscono dalle nostre parti a esporre le loro improbabili "meraviglie" che vanno da una cacca sottovetro, intesa non solo come rifiuto organico, a uno spruzzo di sperma essiccato o una Hemorrhoidal Installation. E' qui, oltreoceano, che hanno coniato il termine "artsy", un wannabe, un vorrei tanto essere...

Artistoidi che popolano il sottobosco dell'arte. Li tengono d'occhio i collezionisti/mecenati.
Alla prevue delle prevue di Frieze, quella dove hanno accesso solo i super vip, sono stati visti Valentino e Giancarlo Giammetti, Mick Flik, l'antiquario Guido Orsi, il gallerista Nicolò Cardi. In pompa magna è sbarcato da Roma tutto il gruppo del Macro, capitanato da Beatrice Bulgari, con Pepi Marchetti, Paola Ugolini, Damiana Leoni, le sorelle Giuseppina e Ginevra Caltagirone, Sonya Kehl, Carlo Dansi e Maria Cristina Agusta.

Gagosian, la galleria/brand e manager di se stessa si sdoppia, come il cristo ed espone in contemporanea in due luoghi: nella galleria Downtown e in quella di Madison. Le opere più belle? Certi pezzi di ragazze ondeggianti che servivano da bere. Mentre il vero pezzo da 90, il tycoon russo Roman Abramovich, dopo una toccata e fuga da Friezie, si blindava a Casa Lever, ristorante chicchettoso di Park Avenue per festeggiare con pochi intimi il suo compleanno.

Per il resto, rassegniamoci il mondo è pieno di chi senza arte e nè parte arriva dove vuole.


2. IL TERMOMETRO DELL'ARTE
Anna Guaita per "Il Messaggero"

Nel mondo dell'arte gli artisti lamentano spesso il predominio delle grandi case d'asta o delle megagallerie. I piccoli, i medi, hanno in genere poco spazio e poca possibilità di conoscersi, confrontarsi e soprattutto attirare investitori. Per questo però ci sono le fiere, e nel panorama fieristico, New York ha da tempo brillato con la sua oramai storica fiera "Armory Show" che quest'anno compie cent'anni, e che fu cruciale nel secolo scorso per aprire la mente dei collezionisti americani all'arte moderna.

Ma dall'anno scorso, New York ha accolto una nuova venuta: la filiazione della decennale fiera londinese Frieze. I due creatori dell'appuntamento inglese, Amanda Sharp e Matthew Slotover hanno debuttato nel 2012 e stanno rilanciando quest'anno con un'edizione che ha creato eccitazione fra investitori e pubblico. Con l'aiuto di Cecilia Alemani, la curatrice italiana che a New York è oramai un nome solidamente affermato, Frieze è stato inaugurato giovedì e durerà fino a domani. Oltre mille artisti di quasi 40 Paesi e 186 gallerie espongono sotto un tendone ad hoc che si snoda lungo la costa occidentale dell'isola di Randall, nel cuore dell'East River.

LA CONTRAZIONE
È ancora presto per valutare il successo economico della Fiera. L'anno scorso 45 mila visitatori investirono milioni di dollari (un Martin Kippenberger andò per un milione e mezzo di dollari). Quest'anno il mercato dell'arte contemporanea soffre un po' dal fatto che i cinesi sono meno pronti a spendere. Si calcola che ci sia stata una contrazione al livello mondiale di circa il 7 per cento. In compenso però gli americani, che stanno finalmente uscendo dalla crisi, ricominciano a comprare, e Frieze spera di rivelarsi il termometro di questa ripresa. Gli organizzatori hanno confermato che il "movimento" è stato vivacissimo sin dalle prime ore.

La fiera è organizzata in sezioni: ci sono gli stand monotematici, con un solo artista - come il brasiliano Alexander Da Cunha, o il sudafricano Zander Blom o la statunitense Dianna Molzan - o stand per due o stand in cui una galleria porta un gruppo di propri artisti. Ci sono sezioni per gallerie più "giovani", che esistono da meno di sei anni, e quella per le gallerie più stagionate. La rappresentanza di gallerie italiane è limitata, ma illustre, dalla Massimo de Carlo alla Kaufmann Repetto, Massimo Minini, Lorcan O'Neill, T293, Franco Noero, Alfonso Artiaco e Raffaella Cortese.

C'è un'area dedicata ai Progetti Speciali, per la quale Cecilia Alemani ha chiesto agli artisti «di intervenire installando opere stimolanti che trattino le abitudini di tutti i giorni e i comportamenti collettivi».

Un esempio di questi progetti è firmato dall'artista californiana Liz Glynn, che ha ricreato uno speakeasy, uno dei bar clandestini comuni negli Usa all'epoca del proibizionismo. Un altro è stato ideato dalla polacca Maria Loboda, la cui "Stanza da Fumo in un Palazzo privato a Bruxelles nel 1905", è un tentativo di fondere interno ed esterno, colori e profumi.

Considerato che compratori e pubblico devono fare un viaggio un po' faticoso per arrivare sin nell'isola (difficile da raggiungere perché collegata da un solo ponte) fortunatamente Frieze ha anche largheggiato - e con eleganza- sul fronte ristorazione. Randall's Island è un'isola in piena rinascita e recupero, dopo che nei secoli passati era stata deposito di indesiderabili di ogni tipo, dai malati di mente agli alcolizzati, ai delinquenti.

Oggi ci si tengono appuntamenti d'arte, ma anche concerti e gare sportive. Sui suoi prati bagnati dalle acque del fiume si tiene la parte esterna della fiera, il "Parco delle Sculture", questo curato da Tom Eccles. Qui domina la scultura di Paul McCarthy, un gigantesco cane rosso gonfiabile, alto 25 metri. Provocatorio è dir poco. Anche per i non addetti ai lavori, è ben chiaro che si tratta di una trasparente parodia delle opere del re del pop, Jeff Koons, e dei suoi cani, "gonfiabili", in acciaio, per i quali i collezionsti sono pronti a sborsare milioni di dollari.

 

 

 

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