LA MESSA (FUNEBRE) CANTAT - IL MUSICISTA SI CONFESSA 10 ANNI DOPO L’OMICIDIO (COLPOSO) DELLA COMPAGNA MARIE TRINTIGNANT

Anais Ginori per "La Repubblica"

Il tempo si è fermato a quel 26 luglio 2003, in una stanza di Vilnius, Lituania. Marie Trintignant giace a terra, svenuta. Diciannove colpi, di cui quattro sul viso, è scritto sull'autopsia. «Dopo aver accompagnato Marie all'ospedale, i medici mi hanno mandato via e sono tornato nell'appartamento. Per uccidermi. Ho preparato il suicidio: ho riempito la vasca nel bagno, appoggiato le lamette per tagliarmi le vene. Ho preso delle medicine per intontirmi ma erano troppe, sono crollato. Quando mi sono svegliato, 48 ore, ero in ospedale, con la polizia ai piedi del letto».

Dieci anni sono passati invano. «So di aver commesso l'irreparabile ». Bertrand Cantat parla per la prima volta in una lunga intervista al settimanale Les Inrockuptibles. Titolo: «Sognare è diventato per me impossibile». Tre ore di dialogo empatico con il giornalista Jean-Daniel Beauvallet. Cinque pagine di domande e risposte per tentare di entrare nel cuore di tenebra di quella notte, senza mai riuscirci davvero. È stata una lite violenta, forse per gelosia. Lei ogni tanto diventava «isterica», aveva detto il cantante durante il processo.

Adesso Cantat lascia intendere che erano entrambi ubriachi. «Non mi ricordo più in che stato eravamo, e non soltanto emotivamente ». Ancora oggi, dice, quegli attimi drammatici sono avvolti nella nebbia. Trintignant viene portata in coma in Francia, i medici tentano un ultimo intervento. Muore il primo agosto. «Non potevo credere a quello che era successo, speravo di svegliarmi, mi davo i pizzichi, urlavo che volevo raggiungere Marie ».

Un'intervista «indecente» secondo Le Point, «con molte lacune e tanto narcisismo» per Le Figaro. «Non ho mai cercato di sfuggire la mia responsabilità, né tentato di discolparmi. Ovviamente accetto la giustizia, non la vendetta» si difende il musicista sugli
Inrockuptibles.

«Presto ho capito che la mia storia era stata rubata. Bisognava che tutto fosse nero o bianco, con angoli retti. I miei rimorsi, la mia sofferenza, la mia sensibilità, non funzionavano per questa storia. Sono diventato una caricatura. Il fatto che ho amato tanto Marie è stato cancellato. Doveva esserci solo squallore, hanno occultato tutto ciò che c'è stato di bello».

Cantat viene condannato nel marzo 2004 per omicidio colposo. Per qualche mese, fino a settembre, rimane nel carcere di Vilnius, poi è trasferito in Francia e infine liberato nel 2007. Durante la detenzione, ricorda oggi, piange tutto il giorno, non riesce ad ascoltare più la musica, le canzoni preferite dei Radiohead e di Nick Cave «sono una tortura ». Inizia la pratica dello yoga. «È stato l'unico modo per scappare da questo dolore insopportabile, permanente». Le guardie lituane lo hanno messo in una cella d'isolamento. «Sono riuscito a tenere solo grazie all'amore che mi arrivava dall'esterno. Senza i bambini, senza questa responsabilità, mi sarei suicidato ».

Cantat ha due figli avuti con l'ex moglie Krisztina, venuta a difenderlo al processo. «Sono sensibile alle battaglie femminili - aveva dichiarato la donna davanti ai giudici lituani - non avrei mai potuto vivere con un bugiardo, un maschilista, un picchiatore». Nel 2009 Krisztina, tornata a vivere con Cantat, si suicida.

Un avvocato ha ritrovato delle registrazioni telefoniche in cui la donna lascerebbe intendere che l'ex marito era violento e chiede adesso di riaprire un'inchiesta. «È solo un modo di cercare un po' di gloria» taglia corto il cantante che nelle risposte chiama l'ex moglie con il nomignolo "Cini".

I genitori di Krisztina si sono dissociati dalla nuova iniziativa legale. Dopo la morte della donna, Cantat confessa di aver pensato di scappare dalla Francia che lo perseguita come «uomo maledetto». Ma i figli gli hanno chiesto di rimanere a Bordeaux, la città nella quale sono nati e cresciuti. «Non farò grandi rivelazioni su Cini - continua a proposito di quel misterioso suicidio - è un gesto che le appartiene e tutto ciò che posso dire è che, dietro, c'è una gran complessità».

La prima intervista di Cantat esce a poche settimane dalla pubblicazione del suo nuovo album Horizons. Uscirà il 18 novembre, dopo che la casa discografica aveva previsto il 25 novembre, senza accorgersi che si trattava della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il musicista si sorprende dell'ennesima polemica. «È spaventoso vedere che sono diventato il simbolo della violenza sulle donne». Non aggiunge altro, se non frasi ambigue: «Il circo ha preso il potere, ignorando l'amore, la complessità». E ancora: «Non sono un chierichetto, ma neppure l'ultimo degli stronzi».

Con la famiglia di Trintignant non c'è mai stato un riavvicinamento. «Ho provato a mandare loro un messaggio profondo di rimorso e compassione. Ma non sono mai stato ascoltato». Ieri, Jean-Louis Trintignant, padre di Marie, ha fatto un laconico commento: «Pensavo che si sarebbe suicidato dopo quello che è successo. Non lo ha fatto, è un problema suo». A quasi cinquant'anni, Cantat pretende una seconda chance. «È il presente che conta, oggi sono qualcun altro».

Nel nuovo album canta Avec le temps di Léo Ferré che dice: «Con il tempo tutto se ne va. Si dimenticano le passioni, si dimenticano le voci». «Mi ha sconvolto quando l'ho sentita a 15 anni. Dovevo registrala, siamo nel campo dell'ossessione, della catarsi». Ma la vita non è una canzone. La tomba di Marie Trintignant, nel cimitero del Père Lachaise, è spesso ricoperta di girasoli. Erano i suoi fiori preferiti.

 

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