giorgio scanu l'italiano linciato in honduras

CHE CI FACEVA GIORGIO SCANU IN HONDURAS? L’ITALIANO 66ENNE, BARBARAMENTE LINCIATO DA UNA FOLLA DI 600 PERSONE, SI ERA TRASFERITO DOPO AVER PERSO IL LAVORO IN SARDEGNA COME TECNICO DI TELEFONIA: UN MATRIMONIO FALLITO ALLE SPALLE, UN FIGLIO, POI UN NUOVO AMORE IN HONDURAS E ALTRI DUE BIMBI NATI DALLA NUOVA RELAZIONE, POI NAUFRAGATA – GLI ABITANTI DI YUSGUARE NON LO VEDEVANO DI BUON OCCHIO: NON PIACEVA A MOLTI, ERA NOTO PER I SUOI SCATTI D'IRA, MA LA MICCIA DELLA VIOLENZA DI MASSA SAREBBE STATA L'OMICIDIO DI UN ANZIANO – IL MIGLIORE AMICO DI SCANU DUBITA: “GIORGIO HA UCCISO IL SUO VICINO DI CASA? LO ESCLUDO ASSOLUTAMENTE. SOGNAVA UN RISTORANTE E…” - VIDEO CHOC

 

1. HONDURAS, IL PAESE COME UN BRANCO: ITALIANO RINCORSO E LINCIATO DALLA FOLLA

Sara Gandolfi per il “Corriere della Sera”

 

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L'hanno ammazzato come un topo appestato, un serpente da schiacciare con ogni mezzo possibile. Giorgio Scanu, 66 anni, è stato linciato giovedì in Honduras a colpi di bastoni, machete e pietre, sotto gli occhi di poliziotti terrorizzati dalla ferocia del branco, e davanti alle telecamere dei cellulari, che hanno rilanciato in tempo reale la lapidazione in Rete.

 

Erano in 600, contro un uomo solo e disarmato. Ieri sono stati arrestati cinque sospetti - quattro fra i 19 e i 27 anni e uno di 55. Nei video, orribili, che circolano online si vedono chiaramente i volti degli assassini. D'altronde, nello Stato centro-americano, il 90% degli omicidi resta impunito. Il Medio Evo ai tempi dei social network ha da ieri le sue immagini. Sono state girare nel quartiere Los Mangos a Santa Ana de Yusguare, villaggio ad un'ottantina di chilometri dalla capitale Tegucigalpa, verso l'Oceano Pacifico.

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Sarebbe un luogo bellissimo in cui vivere, l'Honduras. Se non fosse anche il terzo Paese più pericoloso dell'America Latina, secondo la classifica di "Insight Crime", dopo Giamaica e Venezuela: 37,6 assassinii ogni 100.000 abitanti. Una delle ultime vittime è Giorgio Scanu, che da oltre vent' anni aveva lasciato la Sardegna e la famiglia per trasferirsi in America Centrale dove aveva avuto altri due figli da una honduregna che però ora non viveva più con lui.

 

L'uomo ha tentato di sottrarsi alla furia di chi lo voleva morto. Nei filmati, crudissimi, del suo linciaggio, lo si vede rattrappito sotto una stufa nel cortile di casa sua, in cerca di un nascondiglio inesistente mentre intorno urlavano «Uccidi quel cane, uccidilo!». Scanu chiede aiuto e pietà, invano. I quattro poliziotti accorsi per sedare la folla si limitano a bloccare la porta per impedire ad altri di entrare.

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In un altro spezzone di video, l'italiano è steso a terra, le gambe coperte di sangue, ormai agonizzante. Un uomo dà il colpo di grazia lasciando cadere una grossa pietra sulla sua faccia. Accanto a lui c'è un poliziotto, immobile. Quindi la torma ha dato fuoco alla casa e all'auto di Scanu e se n'è andata. L'italiano è morto in ospedale. Il procuratore del dipartimento di Choluteca ha aperto un'inchiesta e ha dichiarato che i poliziotti «hanno agito in modo negligente». La Farnesina sta seguendo il caso attraverso l'ambasciata italiana in Guatemala. Perché è stato ucciso forse non si saprà mai del tutto.

 

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I giornali locali riferiscono la versione degli abitanti di Yusguare: Scanu non piaceva a molti, era noto per i suoi scatti d'ira, ma la miccia della violenza di massa sarebbe stato l'omicidio di un anziano del posto: una telecamera privata, scrive il quotidiano E l Heraldo , mercoledì avrebbe ripreso Scanu mentre uccideva a sassate Juan de Dios Flores, un anziano del quartiere, forse ubriaco, colpevole di aver tagliato una pianta del suo giardino. Il giorno dopo, i parenti di Dios Flores sarebbero andati al comando di polizia chiedendo di arrestare "lo straniero" e di fronte al rifiuto degli agenti avrebbero raccolto centinaia di conoscenti, per "vendicarsi".

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Una versione che le autorità non hanno confermato, fino a ieri sera. Mauricio Turcios, sindaco di Yusguare, ha però difeso il suo villaggio «tan tranquilo, tan noble», dichiarando a El Heraldo che Scanu in passato «aveva già colpito un ragazzo e non permetteva a nessuno di passare sul marciapiede davanti alla sua casa... era proibito, e la gente del posto pensava che la polizia non facesse abbastanza per proteggerli dalla sua rabbia».

 

Nel poverissimo Honduras, reso ancora più miserabile dalla pandemia, la vita vale davvero poco. La criminalità organizzata che gestisce anche il traffico di droga dal Sudamerica agli Stati Uniti è responsabile del 65% delle morti violente. E poi ci sono le faide fra gang - le famigerate Mara Salvatrucha (MS13) e Barrio 18 - per il controllo del racket. Mai, però, si era vista un'aggressione di massa così brutale, in un paesino di 10.000 abitanti dove in 600, fra cui donne e minori, d'improvviso si sono sentiti tutti giustizieri.

 

2. GIORGIO, QUASI MEZZA VITA LONTANO DALLA SARDEGNA «SOGNAVA UN RISTORANTE»

Alberto Pinna per il “Corriere della Sera”

 

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Il migliore amico ancora non ci crede. «Giorgio ha ucciso il suo vicino di casa? Lo escludo assolutamente, la violenza non era nel suo modo di essere. Che cerchino la verità. È stato ammazzato con ferocia barbara. Una folla contro un uomo solo e indifeso».

Efisio Cau e Giorgio Scanu, coetanei, si erano visti l'ultima volta poco più di tre anni fa, ma si sentivano spesso al telefono. «L'ultima volta mi ha detto che voleva aprire un ristorante a Tegucigalpa. "Ti aspetto, penso a tutto io: quando vuoi venire, ti mando il biglietto dell'aereo".

 

Era in pensione, mi voleva come suo socio, aveva molti progetti». Giorgio Scanu era andato via dalla Sardegna più di 20 anni fa, addirittura quasi 30, dicono a Santa Giusta, centro che è praticamente periferia di Oristano, direzione Cagliari. Era nato a Donigala, una frazione vicina, si era spostato di qualche chilometro. Un primo matrimonio durato pochi mesi, giusto per veder nascere un figlio, il lavoro - apprezzato - come tecnico di telefonia. Ma poi alla Sirti, società che eseguiva appalti per Telecom Italia, è arrivata la crisi e la cassa integrazione. E lui aveva conoscenze a Deutsche Telekom. Gli hanno proposto di trasferirsi in Centro America, ha fatto le valigie ed è partito.

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Nel suo passato anche anni da calciatore, prima e seconda categoria, campionato dilettanti, fino alle partitelle fra amatori, fama di «mastino» come difensore laterale. «È vero, lo chiamavano Terrore - ricordano Sergio Vacca e Tino Melis, che si sono occupati delle squadre nelle quali ha giocato: Milis, Nurachi, Riola, paesi dell'Oristanese - perché in campo era deciso, gli attaccanti avversari giravano al largo. Giocava duro ma corretto. Ed era rispettato. La passione per il calcio l'ha sempre avuta. Ha dovuto smettere di giocare un po' per l'età e per qualche guaio muscolare. Ha voluto tentare anche come allenatore. Era duro anche con i suoi giocatori, pretendeva disciplina. È partito dicendo: il calcio mi mancherà».

 

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I primi anni da emigrato sono stati duri. Trasferte lunghe, sedi disagiate. Proposte di lavoro in Guatemala, possibilità di trasferirsi in Brasile. Ma ormai nell'Honduras si era rifatto una vita, nuovo matrimonio e due figli. «Certo, qui è tutta un'altra mentalità, l'Italia e la Sardegna sono un'altra cosa». Ogni tanto un po' di nostalgia. Nel 2005 qualche settimana di vacanza in Sardegna e una tentazione. Ma aveva subito rinunciato: «Sono ormai vicino alla pensione e vedo che qui non c'è lavoro. Che cosa ritorno a fare?».

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