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"IL GOVERNO AVREBBE FATTO PRIMA A DIRCI DI CHIUDERE" – LA STRETTA DEL NUOVO DPCM È IL COLPO DI GRAZIA DEFINITIVO PER BAR E RISTORANTI: A RISCHIO 1,2 MILIONI DI OCCUPATI E 80 MILIARDI DI GIRO D’AFFARI – DA QUI ALLA FINE DELL’ANNO 90MILA IMPRESE CHIUDERANNO E IL PROBLEMA RIGUARDA TUTTI: DALLE TAVOLE CALDE AI RISTORANTI STELLATI

Carlo Cambi per ''La Verità''

 

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Dal coprifuoco all' ammazzacuoco il passo è brevissimo, idem da bar a bara ma niente affatto indolore. Giuseppe Conte zio di manzoniana memoria aduso alle gride, ma sordo alle grida di dolore delle imprese spiega che bisogna pur rinunciare alla libertà in nome della salute e non tiene conto che gli stanno per saltare due terzi della ristorazione, dei bar, dei pub, delle pasticcerie.

 

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Tradotto in soldi e in posti di lavoro sono 80 miliardi (per il fisco una trentina di miliardi in meno) e 1,2 milioni di occupati di cui oltre la metà donne. Saranno cancellati, spazzati via dalle nuove misure del Dpcm: chiusura dei ristoranti alle 24, niente cerimonie o feste con più di 30 persone, somministrazione di alcolici fino alle 21, chiusura se non si hanno tavoli alle 21, divieto di sostare davanti ai locali, dei bar, dei pub.

 

coronavirus ristorante 13

Secondo la Confesercenti da qui alla fine dell' anno saranno 90.000 le imprese che chiuderanno. La stima di luglio era che avrebbe abbassato la saracinesca per sempre il 60% di alberghi e servizi di ristorazione, per gli alberghi la previsione si fa già più fosca visto che la stagione si è limitata a 35 giorni, che il bonus vacanze di Dario Franceschini - ministro della Cultura e forse del turismo e capodelegazione del Pd al governo - è stato un flop totale, ma per quel che riguarda ristoranti, trattorie, pizzerie e bar la previsione è diventata funesta dopo l' ultimo Dpcm senza contare le discoteche che restano «fuori legge» e scompariranno.

 

giuseppe conte dario franceschini

A spiegare quali saranno le conseguenze su questo comparto che preso tutto insieme vale circa un quinto del Pil sono proprio le organizzazioni di categoria pronte alla rivolta. Il vice-presidente della Fipe-Confcommercio (l' ufficio studi ha stimato in almeno 250 milioni al mese la perdita per i soli bar) Matteo Musacci dice che questo «è il colpo definitivo sul settore, almeno 50.000 bar e assimilati da qui alla fine dell' anno chiuderanno. Invece di controllare la movida il governo scarica tutto addosso a pub, bar, cocktail bar e pizzerie che certo non sono responsabili della diffusione del virus».

coronavirus bar

 

Per assolvere se stesso Giuseppe Conte penalizza i cittadini e gli imprenditori, è questo il pensiero di Musacci che rivendica come «in questi mesi gli esercenti hanno fatto di tutto per adeguare i loro locali, ma ci sono dei bar per esempio nei centri storici che non hanno gli spazi per fare servizio ai tavoli, obbligarli a chiudere alle 9 di sera vuol dire decretarne la chiusura».

 

MATTEO MUSACCI

Dai pub ai ristoranti stellati in questo caso non c' è molta differenza. Francesco Cerea - da Vittorio a Brusaporto tre stelle Michelin - è drastico: «L' orario non fa paura al virus, si stanno facendo cose fuori di ogni logica. Così si uccide la ristorazione di qualità: da noi i clienti sostano a lungo dopo cena perché venire da noi è un' esperienza e anche limitare le cerimonie è incomprensibile.

 

Tutto questo a fronte di zero aiuti: la cassa integrazione l' abbiamo anticipata noi ai dipendenti. Abbiamo cercato anche di differenziare l' offerta, ma sembra che al governo il nostro settore non interessi». I conti di questo disinteresse li ha fatti Giancarlo Banchieri (Fipet Confesercenti) che nota: «Le nostre imprese hanno già perso un miliardo di euro di fatturato, con queste misure si rischia di raddoppiare la perdita che significa non aprire più».

 

TORELLO LATINI

A lamentarsi del poco rispetto per il settore del «fuori casa» è Torello Latini, storico ristoratore di Firenze. Dalla sua «bottega» è passata tutta la cultura del Novecento. «Firenze è una città morta ormai, abbiamo lavorato un po' con i clienti toscani, con gli italiani, ma io ho perso il 70% del fatturato, ho ridotto i coperti da 160 a meno di 100, ho pagato la cassa integrazione ai dipendenti, a qualcuno - e mi si stringe ancora il cuore - o dovuto rinunciare.

 

coronavirus ristorante 14

Se mi tolgono la possibilità di far stare la gente qui come a casa, se non mi consentono di far celebrare qui dal Latini i momenti belli della vita delle persone che sto aperto a fare? E piango a farmi dopo 110 anni di ristorazione questa domanda. Mi pare che questo governo sia il peggio del peggio, non hanno uno straccio di politica per contrastare il virus cinese se non quella dei divieti. Così son boni tutti, detto alla toscana». Sugli eventi picchia duro anche Michele Boccardi che per Confindustria rappresenta le società che organizzano incontri luxury.

gianfranco vissani premiato foto di bacco

 

«Per i matrimoni hanno fatto un lockdown mascherato, fissano numeri a caso senza considerare le caratteristiche delle strutture. Il governo avrebbe fatto prima a dirci: chiudete le imprese» La pensa così anche Gianfranco Vissani, stellato Michelin il cuoco che si è messo da mesi alla testa della protesta della categoria. « Non so cosa vogliono ancora», dice, «Io qui a Baschi ho istallato addirittura dei sanificatori che vengono dalla Nasa. Ma poi confondono la movida con i ristoranti.

 

Così fanno chiudere tutto e fanno morire i centri storici. Non possono obbligarci ad andare a cena alle sei di pomeriggio. Faccio un appello a Sergio Mattarella: presidente lei invoca sempre la coesione nazionale, sappia che la ristorazione sta morendo perché è stata uccisa».

 

coronavirus ristorante 5

Anche quella che sta in mezzo ai monti rischia. Peppino Tinari - Villa Maiella a Guardiagrele - non si capacita: «Che c' entriamo noi con la movida? Chi viene a cena qui vuole passare ore e ore in relax, in tranquillità. Faccio come Cenerentola? Quando scocca la mezzanotte Villa Maiella diventa una zucca e quello se ne scappa? Vorrà dire che anche quando ci tocca di pagare le tasse alla mezzanotte ce ne andiamo».

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