aleister crowley

DIETRO IL SATANISMO, POCO O NIENTE – ESCONO, CON DUE SCRITTI INEDITI, I RACCONTI DELL’OCCULTISTA ALEISTER CROWLEY, LA “BESTIA 666”, LO SCIAMANO SATANISTA, CHE INFLUENZÒ L’IMMAGINARIO POP, IN PRIMA FILA JIMMY PAGE, MICK JAGGER, MARILYN MANSON E OZZY OSBOURNE – MICHELE MARI: “AL DI LÀ DEL CIRCO MEDIATICO, CHE COSA RIMANE? UN GRANDE DILETTANTISMO CHE CONTAMINA CON DISINVOLTURA LA CABBALA, I CULTI EGIZI DI HORUS E OSIRIDE, L’ALCHIMIA, LA MAGIA NERA, I RITI ORGIASTICI…”

Estratto dell’articolo di Michele Mari per “la Repubblica”

 

aleister crowley

Ci sono figure prigioniere di una leggenda più grande di loro, una leggenda talmente sproporzionata rispetto alla loro opera che non si può stabilire se sia frutto di un lungimirante progetto o se al contrario sia qualcosa di casuale, così imprevedibile che lo stesso interessato, oggi, ne sarebbe stupito.

 

Un caso esemplare è quello di Aleister Crowley (1875-1947), “la Bestia 666”, il Mago, lo sciamano satanista, membro di diverse società segrete esoteriche (la più celebre è l’Hermetic Order of the Golden Dawn), fondatore di una propria setta e di una propria religione in sospetto di sacrifici sanguinosi, teorizzatore della “magia sessuale” e maestro di rituali sadici.

 

aleister crowley - i racconti della bestia

Connotati pittoreschi che, soprattutto dopo la sua morte, impressionarono non tanto i filosofi o i teologi quanto gli artisti, che gli tributarono omaggi letterari (Il Mago di Somerset Maugham) e soprattutto musicali, con forme di culto che hanno visto in prima fila Mick Jagger, Marilyn Manson, Ozzy Osbourne e gruppi (che gli hanno dedicato singoli pezzi o interi album) come i Death SS, gli Alphaville, i Ministry, gli Edguy, i Fields of Nephilim.

 

Nessuno però come Jimmy Page, il chitarrista dei Led Zeppelin, che non solo è il maggior collezionista al mondo di cose crowleyane, ma che nel 1970 giunse ad acquistare e ad abitare Boleskine House, la casa di Crowley in Scozia.

 

Del resto già gli insospettabili Beatles avevano inserito Crowley fra i personaggi della copertina di Sgt. Pepper (ultima fila, secondo da sinistra). Una deriva pop, insomma, che non poteva non contagiare il mondo dei fumetti e dei videogiochi.

 

aleister crowley

Al di là di questo circo mediatico, però, che cosa rimane? Considerando i testi di Crowley e le più fidate testimonianze si ha l’impressione di un grande dilettantismo, che contamina con disinvoltura la Cabbala, i culti egizi di Horus e Osiride, l’alchimia, la magia nera, l’ipnotismo, i riti orgiastici, la metempsicosi, lo yoga, [...]

 

È un dato di fatto che per Crowley la militanza esoterica fosse una forma di potere, tanto che dopo una prima fase di collaborazione entrò in conflitto con tutti i suoi compagni di strada: da Mathers, il fondatore della Golden Dawn, a Gurdjieff, che alla fine lo giudicò un ciarlatano, fino a Ron Hubbard, il futuro fondatore di Dianetics e di Scientology.

 

Isolato dai suoi stessi omologhi, dovette così mettersi in proprio, fondando una religione che prendeva il nome da un’invenzione di Rabelais (il culto di Thelema) e che per diversi anni ebbe sede a Cefalù (non a caso Crowley fa capolino nell’opera di scrittori siciliani come Sciascia e Consolo).

 

jimmy page aleister crowley

La formazione di Crowley, tuttavia, era stata letteraria, con studi a Cambridge e la pubblicazione di un libro di poesie nel 1898, il cui insuccesso suscitò in lui un odio profondo verso la società letteraria e coloro che, allora ancora giovani, ne sarebbero diventati presto gli astri: Virginia Woolf, James Joyce, Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot.

 

Fin da subito la sua bestia nera fu però William Butler Yeats, che oltre a riscuotere precoci allori (una ventina d’anni più tardi avrebbe vinto il Nobel) aveva il torto, ai suoi occhi, di far parte anch’egli della Golden Dawn, di cui oltretutto, poco dopo l’ingresso di Crowley, fu nominato Magister.

 

Non ci stupiamo dunque se anno dopo anno Crowley continuò a stroncare le opere di Yeats sul periodico The Equinox, dove pubblicò anche la maggior parte dei propri racconti.

 

aleister crowley

In Italia questi brevi testi narrativi sono apparsi nel 2019 con il titolo I racconti della Bestia (traduzione di Luca Baldoni, a cura di Jacopo Corazza e Gianluca Venditti, prefazione di Steve Sylvester dei citati Death SS) presso le edizioni Arcoiris, in una collana (La Biblioteca di Lovecraft) successivamente rilevata da Agenzia Alcatraz, che ripropone adesso l’antologia con l’aggiunta di due inediti.

 

I racconti, va subito detto, sono modesti, come fossero scritti da un ragazzo che si cimenta per la prima volta, e in modo piuttosto scolastico, con la topica della letteratura nera: demoni, streghe, filtri magici, scheletri, evocazioni, accoppiamenti bestiali, miasmi e putrefazione, vermi, ragni, pipistrelli, nani e gobbi malefici, fantasmi, torture, secondo un repertorio già ben codificato, oltre che da Poe, da autori come Beckford, Lewis e Maturin (nonché, per quanto riguarda la scenografia e l’arredamento, dal Sade della Nouvelle Justine).

 

aleister crowley

In realtà la maggior parte dei testi risale al 1909-1910, quando Crowley era già “la Bestia” e, abbandonata con gran clamore la Golden Dawn, stava passando dalla fase egizia al culto di Thelema. [...]

 

In ogni caso la sua versatilità non bastò a stemperare il rancore nei confronti di Yeats, puntualmente aggredito anche in questa antologia: nel racconto At the Fork of the Roads (Al bivio nella traduzione) Crowley non si perita di invertire i ruoli, rappresentando il rivale (Will Bute) non solo come «un sudicio poetastro», ma anche come «mago dilettante» invidioso del più giovane conte Swanoff, alter-ego dell’autore, più vecchio in realtà di dieci anni.

 

Fin da quando, studente a Cambridge, si era battezzato come «la grande Bestia 666», Crowley aveva deciso di diventare l’uomo più perverso del mondo: forse per questo il racconto migliore della raccolta è Il cacciatore di anime, dove la lenta e scrupolosa vivisezione di un cervello umano alla ricerca del punto in cui si localizza l’anima finisce col rivelarsi necessaria non alla scienza o alla teologia ma alla letteratura stessa, che assume qui, per una volta sinceramente, il carattere del diario e dell’autoritratto.

 

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