donne in prigione

DONNE DIETRO LE SBARRE - FELTRI SUL LIBRO DI FRANCESCA CAROLLO DENTRO AL CARCERE FEMMINILE DI SAN VITTORE: ''C'È LA POVERA SCHIAVA NIGERIANA MA CI SONO ANCHE LE RAGAZZE VIOLENTE, COME UNA CHE HA BRUCIATO VIVA LA PROPRIA SORELLA, E POI HA CERCATO DI FAR LO STESSO CON LA MADRE PERCHÉ LA SOSPETTAVA. MA DIMOSTRA CHE IL CARCERE PUÒ ESSERE UN PERCORSO AUTENTICO DI CAMBIAMENTO. E CHI LO LEGGE FORSE SMETTERÀ DI RITENERE LA PRIGIONE UNA GABBIA DI IRREDIMIBILI DA FAR SOFFRIRE PIÙ CHE SI PUÒ''

 

''Libero Quotidiano'' pubblica la prefazione di Vittorio Feltri al libro di Francesca Carollo «Donne in prigione si raccontano» (Wall of Dolls Onlus). Per richiedere gratuitamente una copia scrivere all' indirizzo Instagram della Onlus @wallofdolls

vittorio feltri foto di bacco (1)

 

 

Chi si immergerà in questo libro, sarà impressionato dalla capacità di immedesimazione dell' autrice. Francesca Carollo dentro il reparto femminile del carcere di San Vittore diventa una reclusa. Non è un trucco, un espediente giornalistico per spremere meglio le sue prede giornalistiche.

 

No, si lascia sedurre da ciascuna di loro, è come se accettasse di lasciarsi invadere, e così a sua volta le seduce. Perché questo è il potere delle donne: aprono la porta della loro dimora interiore, tu entri, e sei in loro dominio. Un dominio che, a seconda della padrona di casa, ha tutte le gamme possibili del bello e del brutto. Attuano questa seduzione anche nelle amicizie, anche tra di loro.

 

francesca carollo

Francesca ha messo al servizio di un' opera di bene quest' arte con cui ha una dimestichezza senza malizia, direi con candore. Era il solo modo per non cadere nel manierismo pietista del giornalismo che per lavarsi la coscienza entra in carcere e beve tutto come oro colato, limitandosi a fare da eco acritico a ciò che ascolta. Oppure seleziona vicende che fanno comodo a tesi precostituite. Del tipo: il carcere peggiora tutti, la prigione è sempre una dannazione; oppure il contrario, e che cioè rappresenti sempre e comunque una strada di redenzione.

 

Dolcezze e Asprezze

Stavolta non è così. Ci sono chiaroscuri. Ci sono disperazioni e rimorsi, dolcezze e asprezze. C' è un mondo vero, di cui non sappiamo in realtà quasi nulla. Anzi, non sapevano quasi nulla, ma alla fine del volume sapremo qualcosa di più. E cioè che lì dentro, nelle celle, ci sono delle persone una diversa dall' altra.

francesca carollo

 

Persone recluse le quali a volte sono dentro per circostanze odiose esterne alla loro volontà (la schiava nigeriana), in altri casi violente per un demone cui hanno obbedito o forse le ha afferrate (c' è una ragazza che ha bruciato viva la propria sorella, e poi ha cercato di far lo stesso con la madre perché la sospettava), ma tutte meritano, oltre che la pena, una seconda possibilità. E questa diventerà un' ipotesi non solo teorica se il tempo di privazione della libertà sarà abitato da presenze umane capaci di voler bene e di trasmettere una passione per la vita.

 

Questo è quel che ha fatto l' autrice. Mentre interrogava queste donne di ogni continente e religione, non era una presenza inerte, una specie di telecamera di sicurezza che tutto registra dall' alto, ma è stata anch' essa pienamente persona, capace di commuoversi, senza però mai perdere la percezione del bene e del male, del vero e del falso, e manifestando con loro una sincerità come di chi non sta sopra o sotto queste "criminali", ma alla pari. Quanti pregiudizi cadranno leggendo queste pagine.

 

Non ho notoriamente nessuna tenerezza per i delitti, credo nella severità delle pene. Non sopporto però la tortura. L' isolamento sanzionato per sentenza. Tutto quel carico di pene aggiuntive rispetto alla negazione della libertà è a mio giudizio indebito. Restituirà alla vita sociale gente incattivita.

 

francesca carollo

Per fortuna il carcere di San Vittore, ramo femminile, beninteso, si è emancipato da queste crudeltà. E credo debba trasformarsi in un esempio che deve valere per la condizione di tutti i 62mila detenuti in Italia.

 

Scrive molto bene la Carollo: «La vita in (questo) carcere non è una vita di privazioni materiali gravi. Si può mangiare, cucinare di tutto, fumare, lavorare, leggere, studiare, fare teatro, musica, cantare. La privazione che pesa su tutto è quella della libertà, come è facile immaginare, e ciascuno la vive come meglio può. Per Stefania, oltre ad avere l' inusitato conforto del sentirsi pienamente responsabile di ciò che ha fatto, è un dovere scontare il carcere, ed è un sollievo quando ogni mattina le aprono la porta della cella e può "liberamente" andare a lavorare al bar, percorrendo cinquecento metri a piedi con tutte le porte aperte.

 

giusy versace jo squillo francesca carollo donne in prigione si raccontano 1

Ricomincia a vivere dentro, da dentro, una Stefania che va reintegrandosi con se stessa, che ha ancora tempo per completare un' opera difficile, faticosa, molto più faticosa che commettere un delitto, soprattutto perché la colpa la tormenta molto di più che la pena. Ma, forse, è un tormento che conduce a una vita più serena ed equilibrata». Dice una signora filippina, Josephine: (se sei trattata umanamente, autorevolmente e non autoritariamente, allora) «tutto dipende da come affronti i problemi, tutto dipende da te, da come maturi dentro di te. Questo è un ambiente di sofferenza, ma è fondamentale anche a volte soffrire per crescere».

 

La Bella Scoperta

Un cammino. Il carcere può essere un percorso autentico di cambiamento. Si può cambiare. E forse però questo sarà possibile se cambieremo noi che siamo fuori, smettendola di ritenere la prigione una gabbia di irredimibili da far soffrire più che si può. Così facciamo del male anche a noi stessi.

 

francesca carollo giusy versace jo squillo sul red carpet di venezia

Devo ammettere che questo testo mi ha fatto conoscere anche una Carollo diversa da quella pur bravissima giornalista di inchiesta che ho imparato ad apprezzare nelle sue dirette e nei suoi servizi su Mediaset. Lì Francesca si sposta ovunque con la telecamera e senza timore piazza il microfono sotto il naso di chiunque, persino con una certa sfacciataggine specie se l' interlocutore è potente.

 

Ha la capacità di far entrare in relazione il telespettatore con la realtà spesso cruda della cronaca, non fa sconti a nessuno, senza mediazioni. Qui invece la scrittura le consente un altro tipo di lavoro, più profondo. Non crea una distanza, ma dà nome alle cose, ci aiuta non solo a guardare, ma come diceva Gesù nel Vangelo a vedere; non solo a udire, ma ad ascoltare. Grazie Francesca.

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