salme dei detenuti palestinesi uccisi

GAZA E I SUOI ORRORI – È QUASI IMPOSSIBILE IDENTIFICARE LE SALME DEI DETENUTI PALESTINESI ARRIVATE ALL’OSPEDALE DI KHAN YOUNIS: “SOLO SU SEI SACCHE ABBIAMO TROVATO UN CARTELLINO CON L'INDICAZIONE DEL NOME, E ABBIAMO PURE SCOPERTO CHE DUE NOMINATIVI ERANO SBAGLIATI” – SU MOLTI DEI CORPI CI SONO I SEGNI DELLE VIOLENZE CHE I PRIGIONIERI HANNO SUBITO: “CE NE SONO DI AMMANETTATI, DI BENDATI, QUALCUNO AVEVA LE MANI E I PIEDI LEGATI CON DELLE FASCETTE DI PLASTICA, ALTRI UNA FUNE ATTORNO AL COLLO” – LA MAGGIOR PARTE DELLE SALME PROVENIVANO DA SDE TEIMAN, LA BASE MILITARE ISRAELIANA RICONVERTITA A CAMPO DI DETENZIONE RIBATTEZZATA “LA PRIGIONE DELL’ORRORE”…

Estratto dell’articolo di Sami Abu Salem; Fabio Tonacci per “la Repubblica”

https://www.repubblica.it/esteri/2025/10/20/news/khan_yunis_corpi_palestinesi_israele_torture-424923951/

 

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All'ospedale Nasser danno i cadaveri in televisione. Le immagini si soffermano sui dettagli, le dentature, le mani cristallizzate nella posizione innaturale di chi le aveva legate dietro la schiena, i volti anneriti e incrostati di sangue, alcuni con una corda al collo, altri bendati, i brandelli di vestiti, la biancheria, per i pochi che ce l'hanno ancora addosso: qualsiasi particolare che possa permettere agli spettatori, […] di riconoscere fratelli, padri, figli, cugini, amici.

 

[…] Centocinquantatre salme palestinesi sono state portate all'ospedale Nasser in cambio dei resti dei 12 ostaggi deceduti nelle mani di Hamas, durante la prigionia nella Striscia di Gaza. […] Israele non ha detto quasi niente della identità dei corpi che esse contengono, solo che fanno parte del gruppo di «360 terroristi gazawi» che il governo ha accettato di scambiare pur di riavere tutte le spoglie degli ostaggi.

 

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Su ogni sacca c'è un cartellino con la data di arrivo a Khan Younis e un codice alfanumerico. Su molti cartellini le iniziali S.T., che secondo i medici indicano la provenienza: S.T. come Sde Teiman, la base militare israeliana nel deserto del Negev riconvertita, nel dicembre 2023, a campo di detenzione. L'«Abu Ghraib israeliana», come l'hanno ribattezzata gli attivisti dei diritti umani che denunciano le violenze e gli abusi subiti dai gazawi arrestati durante la guerra e lì rinchiusi in base alla legge marziale israeliana dei combattenti illegali, che permette la cattura senza processo e senza l'ostensione delle prove. «La prigione dell'orrore», come la ricorda chi ne è uscito.

 

[…] La maggior parte dei cadaveri è stata tenuta nelle celle frigorifere, e infatti sono abbastanza integri, alcuni invece sono in decomposizione, probabilmente esumati da poco, come dimostra la sabbia nella bocca e sui vestiti. Addosso portano le tracce del racconto delle loro ultimo capitolo.

 

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«Ce ne sono di ammanettati, di bendati, qualcuno aveva le mani e i piedi legati con delle fascette di plastica, altri una fune attorno al collo», dichiara a Repubblica Ahmed Dhair, direttore della Medicina forense all'ospedale Nasser. È il primario che riceve, dal suo team di sanitari, le analisi di ciascun cadavere. «Per ora sono solo ispezioni esterne, non facciamo le autopsie».

 

Nei giorni precedenti era circolata la notizia dell'esistenza di salme con del cotone al posto degli organi. Non è confermata, ma la voce, nei reparti del Nasser, continua a girare

Fino a sabato le famiglie accorse al Nasser, senza sapere chi ci fosse in quelle sacche ma tutte con un disperso da ritrovare, avevano identificato appena dieci corpi. «Non abbiamo le strumentazioni adatte a facilitare il riconoscimento», spiega Dhair.

 

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[…] Non si sa esattamente chi siano, se sono tutti miliziani di Hamas che hanno partecipato al pogrom del 7 Ottobre e poi al conflitto, come sostengono le autorità israeliane, o se tra essi ci sono civili di Gaza colpiti dalle bombe, o anche qualcuno morto mentre era in stato di detenzione a Sde Teiman. «Solo su sei sacche abbiamo trovato un cartellino con l'indicazione del nome, e abbiamo pure scoperto che due nominativi erano sbagliati», dice il capo della medicina forense del Nasser. […]

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Quindi si va a occhio, a tentativi, frugando nei sacchi bianchi per trovare i dettagli. Cadavere numero "H6nmc, 15/10/2025", appena estratto dal camion dei gelati, usato dagli operatori dell'obitorio come deposito temporaneo. «Non abbiamo altro spazio, del resto, le celle frigorifere dell'ospedale sono già piene». La sacca è aperta, affiora la testa di un uomo congelato, rigido come un pezzo di legno. Il tanfo della decomposizione attira le mosche e allontana i curiosi. I medici si proteggono con le mascherine per il Covid.

 

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Ci sono sette sacche su sette brande, e Nada Zoghra, venuta da Gaza City, è china su quella col cartellino "H6nmc", trasferita al Nasser il 15 ottobre. Sta cercando suo padre Mohammed, sparito due anni fa. Attorno al cadavere ci sono Nada e sua madre, le due donne si concentrano sulla faccia che è una maschera nera senza più connotati, toccano il collo della statua contorta, parlano tra loro sottovoce. La mamma collassa a terra, è proprio suo marito Mohammed. Nada l'aveva già capito da un po' e piangeva in silenzio. «Mio padre era solo un autista, e ora non sappiamo niente, né dove, né quando, né come è stato ucciso hanno ucciso. Ci vuole del sadismo per non fornire informazioni così importanti a una famiglia in lutto». […]

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