
I SOCIAL, L'EROINA DEI BAMBINI – UN GRUPPO DI GENITORI AVVIA UNA CLASS ACTION CONTRO META E TIKTOK PER “PROTEGGERE BAMBINI E ADOLESCENTI DA PRATICHE RITENUTE DANNOSE E ILLEGALI DA PARTE DELLE PIATTAFORME SOCIAL” – LE PIATTAFORME SONO ACCUSATE DI CONSENTIRE FACILMENTE L’ISCRIZIONE ILLEGALI DEI MINORI E DI CREARE ALGORITMI CHE GENERANO DIPENDENZA. INOLTRE, CHIEDONO DI AVVERTIRE GLI UTENTI DEI DANNI PROVOCATI DAI SOCIAL “COME AVVIENE CON I FARMACI” – I RISCHI DEI SOCIAL PER I RAGAZZINI: ISOLAMENTO SOCIALE, DIFFICOLTÀ NELLO SVILUPPO DI COMPETENZE RELAZIONALI REALI, ALTERAZIONE DEL SONNO, SCARSO RENDIMENTO SCOLASTICO E…
Estratto dell’articolo di Elisa Sola per “la Stampa”
[…] Sedici genitori in Italia […] hanno avviato «la prima class action inibitoria contro Meta (Facebook e Instagram) e TikTok», spiegano gli avvocati dello studio legale torinese Ambrosio e Commodo. La causa è stata sporta da loro e dal Moige (Movimento italiano genitori) «con l'obiettivo di proteggere bambini e adolescenti da pratiche ritenute dannose e illegali da parte delle piattaforme social». Il ricorso è stato depositato a luglio al tribunale di Milano. L'udienza è fissata il 12 febbraio 2026. […]
La prima richiesta che questi genitori, anche a nome di tutti gli altri - perché alla fine le madri e i padri sono tutti uguali, con le stesse paure di fronte a una tecnologia nuova che può distruggere emozioni e sviluppo - fanno all'autorità giudiziaria è che Meta e TikTok rispettino l'obbligo di verifica dell'età e del divieto di accesso ai social per i minori di 14 anni. «Di fatto non lo fanno, anzi, consentono facilmente l'iscrizione illegale di minori, violando le normative nazionali e compromettendo la proiezione che il legislatore ha voluto garantire ai più piccoli», denunciano gli avvocati, che allegano al ricorso dati allarmanti.
Secondo uno studio del Dipartimento di scienze umane, sociali e della salute dell'Università di Cassino e del Lazio meridionale, su un campione di 959 preadolescenti tra i 10 e i 14 anni, emerge che nove su dieci usano i social e quasi la metà dei genitori non svolge alcun controllo. Non solo.
Un'altra ricerca dell'Università Vita-Salute San Raffaele e dell'Università degli studi di Trento ci dice che in Italia oltre il 40% dei preadolescenti tra gli 11 e i 13 anni usa illegalmente i social. E che quasi il 20% dei bambini tra i 9 e i 10 anni ha un account. «Sono profili illegali, la normativa europea è chiara, per questo chiediamo al tribunale di stroncare questa prassi», chiedono i genitori con la class action.
La seconda richiesta fatta al giudice riguarda l'eliminazione dei sistemi che creano dipendenza dalle piattaforme. «In particolare la manipolazione algoritmica e lo scroll infinito dei contenuti - precisa l'avvocato Stefano Bertone - sono algoritmi progettati e studiati sfruttando il circuito della dopamina per trattenere i nostri figli online. Chiediamo che vengano disattivate queste pratiche perché di danni ce ne sono stati troppi».
La terza richiesta è che, conclude Bertone, «sia data un'informazione chiara sui danni provocati dai social, come avviene per i farmaci». «Online dovrebbero comparire spesso dei banner che dicano "attenzione, questo prodotto può creare queste conseguenze"».
Non è finita. Oltre alla class action i genitori si preparano a chiedere i danni. […] I danni provocati dall'abuso dei social sono ormai accertati. Tra quelli elencati nel ricorso depositato in tribunale compaiono: «Isolamento sociale, difficoltà nello sviluppo di competenze relazionali reali, marcata carenza di capacità critica e discernimento, dipendenza digitale, alterazione del sonno, scarso rendimento scolastico, irascibilità, manipolazione emotiva accompagnata da senso di inadeguatezza».
Ci sono bambini più fragili che sono arrivati a togliersi la vita. Tra i genitori che partecipano alla class action ci sono la mamma e il papà di una dodicenne. Era depressa. Si è uccisa. C'è il sospetto che i social abbiano peggiorato lo stato emotivo di questa piccola creatura. Ci sono parole e foto, nelle ultime storie che ha postato prima di morire, che fanno venire i brividi. Gruppi in cui ci si augura «un buon anniversario di morte».
La parola "suicidio" non dovrebbe essere consentita da Meta. Eppure compare sui social. Ci sono dei trucchi banali per arginare il male. In questo caso, la parola "suicidio" ha una dieresi sulla "u". Quindi, la parola che non dovrebbe mai essere visualizzata, appare lo stesso. […]
dipendenza dai social network
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