
ISRAELE HA IL COLTELLO DALLA PARTE DEL MANICO PERCHÉ CONSERVA I SEGRETI DIGITALI DELL’OCCIDENTE – È NEI SOFTWARE DI TEL AVIV CHE “GIRANO”, SI ARCHIVIANO E SI PROTEGGONO ALCUNE DELLE INFORMAZIONI PIÙ SENSIBILI DI GOVERNI, MINISTERI, FORZE DELL’ORDINE E SERVIZI SEGRETI EUROPEI. ECCO PERCHÉ I LEADER DEL VECCHIO CONTINENTE, ITALIA COMPRESA, VOGLIONO EVITARE LO SCONTRO DIRETTO CON LO STATO EBRAICO, NONOSTANTE IL MASSACRO A GAZA – PARTENDO DAL REPARTO DI ÉLITE DEL MOSSAD PER LA CYBER–INTELLIGENCE, ISRAELE HA COSTRUITO UN ECOSISTEMA TECNOLOGICO-MILITARE UNICO AL MONDO. SENZA DIMENTICARE GLI SPYWARE, COME QUELLO DI PARAGON, UTILIZZATI PER SPIARE I GIORNALISTI…
Estratto dell’articolo di Marco Antonellis per https://lespresso.it
ISRAELE - SPIONAGGIO E SPYWARE
Se c’è una cosa che i governi occidentali, Italia inclusa, sembrano voler evitare con ogni mezzo è uno scontro diretto con Israele. Anche quando l’evidenza dei fatti – dai bombardamenti su Gaza agli attacchi alle missioni umanitarie – renderebbe legittime domande scomode, la reazione ufficiale resta cauta, sfumata, o del tutto silente.
Non è solo una questione di geopolitica o di rapporti storici. È anche – e forse soprattutto – una questione di infrastrutture digitali. Perché negli ultimi vent’anni, Israele è diventato la “cassaforte informatica” dell’Occidente: è nei software israeliani che girano, si archiviano e si proteggono alcune delle informazioni più sensibili di governi, ministeri, forze dell’ordine e servizi segreti europei. Una sorta di "scatola nera", insomma.
Israele ha costruito nel tempo un ecosistema tecnologico militare unico al mondo, frutto dell’intreccio tra università, esercito e intelligence.
È dal reparto di élite del Mossad per la cyber–intelligence, considerata la “Silicon Valley della guerra digitale” che provengono molto spesso fondatori e dirigenti di decine di startup e colossi dell’hi-tech che sviluppano strumenti di sorveglianza, intercettazione, profilazione e controllo dei dati venduti ai governi occidentali sotto forma di “sicurezza nazionale”.
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
Senza dimenticare poi quei software capaci di trasformare un semplice smartphone in un microfono permanente senza lasciare traccia (numerosi giornalisti italiani e non, ne sanno qualcosa). Fatti che dimostrano al mondo quanto sia sottile il confine tra protezione e spionaggio. Dopo i recenti scandali, il problema non è scomparso: è solo diventato più invisibile.
Ci sono Paesi che usano prodotti israeliani per gestire dati classificati. Se volessero, gli israeliani avrebbero la mappa completa delle vulnerabilità digitali dell’intero continente europeo. Non è detto che lo facciano, ma è tecnicamente possibile. E questo basta e avanza per tenere tutti i governi occidentali in silenzio.
mossad - servizi segreti israele
Anche l’Italia è parte di questa rete invisibile. Alcune procure italiane, reparti speciali e persino alcune aree dei servizi si affidano a piattaforme israeliane per la gestione dei dati d’indagine, intercettazioni, riconoscimenti biometrici e attività forensi digitali. I contratti spesso sono coperti da vincoli di riservatezza. Ma il flusso di tecnologia va in una sola direzione: da Israele a Roma, Berlino, Parigi, Madrid.
“Chi possiede le chiavi dei software ha il potere di monitorare ciò che accade. Anche nei governi alleati”, racconta un esperto di intelligence. “La vera forza di Israele oggi non è solo militare: è digitale. E nessuno vuole mettersi contro chi può potenzialmente accedere a tutto, anche agli elementi più nascosti e riservati”.
donald trump benjamin netanyahu foto lapresse
Il legame è reso ancora più forte da accordi industriali, collaborazioni tra intelligence, programmi di formazione congiunti, missioni Nato e partecipazioni incrociate tra fondi sovrani e aziende private.
[…] L’espansione dell’industria tech israeliana nel settore della sicurezza non è un effetto collaterale, ma il risultato di una strategia statale pianificata. L’obiettivo: essere indispensabili, soprattutto per chi ha il potere. Ed in alcuni casi e stesse aziende forniscono contemporaneamente software a Stati democratici e a regimi autoritari.
Per questo, anche chi vorrebbe criticare Israele si ferma un passo prima. Non è solo paura delle reazioni diplomatiche o del peso della lobby filo-israeliana: è una forma di autodifesa sistemica. Chi tocca Israele, rischia di farsi male.
[…] cresce la consapevolezza di essere in ostaggio tecnologico di un alleato potentissimo e non più affidabile come un tempo.
Per ora, nessuno ha la forza politica di spezzare questo vincolo. Ma la domanda serpeggia in più di una cancelleria: chi controlla davvero la nostra sicurezza? E fino a che punto siamo ancora in possesso della nostra sovranità?