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TE LO DO IO L’ADULTERIO! - L’INDONESIA VUOLE INTRODURRE IL CARCERE PER OGNI RELAZIONE SESSUALE FUORI DAL MATRIMONIO - LA NUOVA PROPOSTA DI LEGGE DESTINATA AD ESSERE MESSA AL VOTO TRA UNA SETTIMANA CON FORTI PROBABILITÀ DI PASSARE - TRA LE NOVITÀ ANCHE UNA DETENZIONE "MASSIMA" DI QUATTRO ANNI PER LE DONNE CHE HANNO ABORTITO…

Raimondo Bultrini per www.repubblica.it

 

Tra pochi giorni l'islamica Indonesia potrebbe trasformare in "crimine", punibile con carcere e multe, ogni forma di relazione sessuale fuori dal matrimonio. Poco importa che il sesso sia consensuale e se a trasgredire saranno turisti provenienti da Paesi che non contemplano per legge divina la monogamia.

INDONESIA - FUSTIGAZIONE DI UNA ADULTERA

 

La nuova proposta di legge destinata ad essere messa al voto tra una settimana con forti probabilità di passare, è solo una delle più significative e - secondo gli esponenti dei diritti umani - preoccupanti modifiche del vecchio codice penale dei colonialisti olandesi che bene o male salvaguardava certi diritti oggi rimessi in discussione.

 

Sono milioni le persone di varie estrazioni sociali allarmate dai nuovi provvedimenti che limitano anche la libertà di stampa con una soglia sempre più bassa di tolleranza verso le stesse critiche ai capi di stato. L'esercito degli "adulteri conclamati" e dei potenziali fuori legge comprende non solo i grandi ma anche ragazzi e ragazze adolescenti, il 40 per cento dei quali - secondo uno studio dell'Ong Institute for Criminal Justice Reform - "è impegnato in attività sessuali prematrimoniali". Senza contare i gay di entrambi i sessi che per legge non possono contrarre matrimonio.

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Per i trasgressori che "vivono insieme (o agiscono) come marito e moglie" la pena potrebbe essere il carcere fino a sei mesi o una multa "massima" di 10 milioni di rupie (700 euro), tre mesi di stipendio medio di un indonesiano.

 

A costituire una novità assoluta è anche il fatto che la denuncia contro di loro può partire sia dai familiari stretti che dal capo del villaggio, il "banjar" che sovrintende su poche case fin dai tempi precoloniali o un "kelat", responsabile del territorio di un "desa adat" sul modello del sistema di Giava, da secoli dominante e non sempre accettato dal resto dell'arcipelago.

 

Sebbene il loro status sia il più basso tra i ranghi dell'amministrazione pubblica, l'influenza dei capivillaggio è destinata col nuovo ordinamento a crescere notevolmente in diversi altri campi, affidandogli maggiore libertà di introdurre punizioni specifiche e tradizionali per chi viola le "leggi consuetudinarie" non contemplate dal codice penale.

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Tra i 400 regolamenti locali considerati dagli attivisti l'antitesi dei diritti civili, c'è ad esempio l'uso obbligatorio di un hijab, il velo islamico per le donne, ma anche il divieto di avere rapporti omosessuali punibile con carcere e fustigazione come avviene a Banda Aceh. La stessa nuova autorità affidata ai "kelat" sul rispetto della legge contro i rapporti extraconiugali è giustificata dai proponenti come Teuku Taufiqulhadi dal fatto che "la vittima dell'adulterio è anche la società".

 

Tra le novità delle nuove norme penali ci sarà anche una detenzione "massima" di quattro anni per le donne che hanno abortito, tranne casi di emergenza medica o di stupro. Ma anche chi prescrive o propaganda a voce e per iscritto la contraccezione tra i minorenni rischia sei mesi di carcere per "promozione non autorizzata di strumenti di aborto".

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"Lo Stato deve proteggere i cittadini da comportamenti contrari ai supremi precetti di Dio", ha dichiarato Nasir Djamil, un politico del Partito per la "Giustizia e prosperità".

L'irrigidimento delle sanzioni non risparmia la libertà di stampa con un capitolo dedicato a chi "offende o insulta la dignità del presidente e del vicepresidente", entrambi pronti a votare le riforme del codice nonostante la tendenza "liberale" nei primi anni di mandato del capo di Stato Joko Widodo, oggi alleato per motivi elettorali al suo vice Ma'ruf Amin di tendenze fondamentaliste.

 

In generale Human Rights Watch ritiene che "l'attuale disegno di legge - come scrive Andreas Harsono - contiene articoli che violeranno i diritti delle donne, delle minoranze religiose e delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, nonché la libertà di parola e associazione".

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Un capitolo a sé riguarderà tra l'altro la legge sulla blasfemia del 1965, già utilizzata per defenestrare e condannare l'ex governatore cristiano di Giacarta. Col nuovo codice potrebbe aumentare il numero degli "elementi di crimine" contemplati come diffamazione della legge coranica, ad esempio attraverso la creazione e vendita di "manufatti religiosi", contrari allo spirito monoteista dell'Islam che vieta ogni rappresentazione dell'immagine di Dio. Alle estreme conseguenze, nessuna chiesa cristiana potrebbe acquistare o esporre una croce.

 

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Secondo Djamil, però, sui cambiamenti di legge sono già stati consultati "i leader di tutte le religioni" dato che - ha detto - "l'ideologia fondatrice dell'Indonesia è basata sulla fede in Dio". Ma non è dato sapere quale sia stata la risposta dei rappresentanti di altre fedi minoritarie in un paese di 200 milioni di anime al 90 per cento musulmane.

Quanto agli stranieri che verranno a visitare l'Indonesia e faranno sesso senza essere sposati le autorità promettono di chiudere un occhio. "Nessun problema" - ha assicurato Taufiqulhadi - a condizione che non si venga a sapere".

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