IN ITALIA NON CAMBIA MAI NIENTE – LEGGERE E INCORNICIARE COSA SCRIVEVA NEL 1954 LEO LONGANESI: “I GIORNALI, DA CINQUANT'ANNI, IN ITALIA, RECANO SOLTANTO QUELLE VERITÀ A PAGAMENTO CHE SONO GLI ANNUNCI FUNEBRI. IL RESTO LO IGNORIAMO, IL RESTO CI ANNOIA. SOLO IL PRESENTE, SOLO LA CRONACA CHE MUORE OGNI SERA, COME LA GLORIA DI COPPI, CI SEDUCE. LA SOLA NOTIZIA SERIA, GRAVE, SEVERA È CHE LA MORALE È MORTA E CHE VIVIAMO SENZA ACCORGERCI DELLA SUA ASSENZA” – “OGNUNO È BEN LIETO DI ESSERE SERVO, PUR DI RIMANERE TRANQUILLO: LA MORALE NON INTERESSA PIÙ, LA MORALE È UN LUSSO” – “NON ERANO, NON SONO, NON SARANNO I GIOLITTI, I MUSSOLINI, I DE GASPERI A TENER SALDO LO STATO: SONO LE ZIE, SONO LE MAESTRE…”
Estratto da “Ci salveranno le vecchie zie?”, di Leo Longanesi (ed. Longanesi), anno 1953
leo longanesi - ci salveranno le vecchie zie
Tutti abbiamo almeno una zia che non va al cinematografo e che conosce dieci modi di cucinare il lesso rimasto a colazione; una zia che, passata fra due guerre, conserva intatta la sua fede nella avarizia; la quale avarizia, ormai, è soltanto un segno di decoro, un atto di fede, un principio morale, una norma pedagogica.
Essa sa che i santi in cui ancora crede non fanno più miracoli; tuttavia non ha fiducia nei nuovi. Sospettosa, essa osserva la prosperità dei borghesi con occhio diffidente, in attesa del peggio. E il peggio verrà, è alle porte, è questione di tempo: i vecchi santi torneranno a far miracoli.
Erano, sono e ancora saranno, queste nostre zie, fusti di quercia, dalle radici ben solide, ben piantate, ben radicate nelle vecchie case: case di città o case di paese, ma vere case, sepolte in strade strette, senz'alberi, senza panorama, strade di finestre, strade pettegole, strade faziose, in cui la luce scende a picco; strade senza « parcheggio », le strade della vecchia anima italiana, dove abbiamo imparato quel po' che sappiamo, le strade che il piccone progressista degli speculatori borghesi squarcia, le ultime fortezze del decoro nazionale.
Erano, sono e ancora saranno, queste nostre zie, le custodi dell'ordine classico, nutrito da un'ironia un po' laica, che non tollera il patetico cristiano e il patetico socialista; di un ordine classico, sorretto dalla scarsa fiducia nel progresso e nella bontà degli uomini e che non invita a colazione Rousseau.
Erano, sono e saranno ancora, queste nostre zie, tutte maestre, o tutte col diploma magistrale, decise insegnanti della derisa morale piccolo-borghese: tutte fedeli gendarmi dello stato a cui affidavano e affidano la difesa dei libretti di risparmio.
Non erano, non sono, non saranno i Cadorna, i Badoglio, i Marras i capi dell'esercito italiano; sono le zie, sono le maestre che formano le fanterie e le artiglierie, che insegnano a non fuggire, a morire.
Non erano, non sono, non saranno i Giolitti, i Mussolini, i De Gasperi a tener saldo lo stato: sono le zie, sono le maestre: esse solo insegnarono, insegnano e insegneranno a non rubare, a non « fregare», a far pulito. E se il comunismo ha o avrà dei capi decenti, dei Togliatti o dei Terracini, anch'essi sono o saranno cresciuti all'ombra delle zie, e le tradiranno col nodo alla gola.
Le vecchie zie annusano l'aria e si rendono conto, esse sole, che qualcosa di grave sta accadendo sotto i loro occhi, qualcosa che riguarda noi uomini di mezza età, noi che non ci accorgiamo di nulla, perché leggiamo soltanto i giornali; e i giornali, da cinquant'anni, in Italia, recano soltanto quelle verità a pagamento che sono gli annunci funebri. Il resto lo ignoriamo, il resto ci annoia.
Solo il presente, solo la cronaca che muore ogni sera, come la gloria di Coppi, ci seduce. E il solo annuncio funebre che non appare mai sui giornali, fra due linee nere, la sola notizia seria, grave, severa è che la morale è morta e che viviamo senza accorgerci della sua assenza.
Tutto procede nel modo più tranquillo e la tranquillità è il massimo scopo di ognuno, e ognuno è ben lieto di essere servo, pur di rimanere tranquillo: la morale non interessa più, la morale è un lusso; le idee, i miti, la fede che animano la morale non interessano più; sono vizi di un tempo meno felice, vizi che occorre perdere.
Ora c'è una nuova tecnica della felicità; c'è un nuovo modo di vivere: ripudiare quel che non lascia tranquilli; ora c'è un meccanismo della felicità che ripudia ogni morale; c'è una pratica, una povera filosofia della pratica che distrugge ogni passione, ogni sentimento, ogni mito. Ed è il meccanismo del benessere, il frutto del socialismo e del capitalismo as-sociati, demagogia del braccio e dei quat-trini.
ZIA ASSUNTA E ZIA YETTA DELLA SITCOM LA TATA
Tutto quel che si fa oggi ha uno scopo breve, una mira corta; « tutto per bocca », materia vile di transito. Che fare? Sapranno le vecchie zie salvarci dall'invasione cosacca?



