
“MIA FIGLIA STAVA MALE, MA HA CONTINUATO A LAVORARE FINO ALLA FINE” – PARLA LA MAMMA DI MADDALENA CARTA, IL MEDICO DI BASE DI 38 ANNI DI NUORO CHE È MORTA DOPO UN ARRESTO CARDIACO ALL’ENNESIMA GIORNATA CON ORARI DISUMANI: “NEMMENO I MEDICI HANNO CAPITO COSA L’ABBIA UCCISA. SOGNAVA DI FARE IL DOTTORE, MA OVVIAMENTE IL SOVRACCARICO DI LAVORO ERA TROPPO ANCHE PER LEI, CHE LO FACEVA VOLENTIERI. TORNAVA A CASA A MEZZANOTTE, ALL’UNA, ALLE DUE, L’ASPETTAVAMO SVEGLI. FORSE QUESTO PESO LEI NON LO SENTIVA, MA IL SOVRACCARICO DI ORE E ORE DI LAVORO CORRODE ANCHE UNA PERSONA FORTE…”
Estratto dell’articolo di Elvira Serra per il “Corriere della Sera”
Ho conosciuto Maddalena Carta il 6 agosto a Cala Gonone, alla presentazione del mio nuovo romanzo. A farmi da spalla c’era la mia ex insegnante di filosofia del liceo, che era stata anche la sua. Abbiamo fatto diverse foto insieme, che sono ancora lì sul suo profilo Instagram, nell’ultimo post.
Nel frontespizio le avevo scritto che il libro era per lei, che aveva scelto di dedicare la sua vita agli altri, con l’augurio che si prendesse un po’ cura anche di sé. Non lo ricordavo. È stata la madre Lina, a rileggermela.
[…] Maddalena non si risparmiava.
Lunedì sera tardi ha chiamato il fratello Gianmaria dal suo studio di medico di famiglia a Dorgali, nel Nuorese, chiedendogli di andarla a prendere perché non si sentiva bene. Lei e il fratello condividevano la stanza, nella casa dei genitori: la mamma Lina ha un negozio di abbigliamento e merceria, il padre è in pensione.
Quando Gianmaria la va a prendere, Maddalena si è già fatta un’iniezione di Plasil e sta un po’ meglio. Il mattino dopo dorme fino a tardi e poi va in studio per fare le prescrizioni ai pazienti. Torna tardi a casa per pranzo e dopo aver mangiato qualcosa si mette a letto.
Gianmaria le suggerisce di non andare in ambulatorio di pomeriggio, ma lei dice che non può abbandonare i pazienti: altri due medici sono in malattia. Intorno alle 21, però, lo chiama perché è peggiorata.
Arriva la sua ex dottoressa e le fa un’endovena di Plasil e una flebo per idratarla. Peggiora.
La portano al Pronto soccorso di Nuoro, dove avrà il primo arresto cardiaco. Mercoledì mattina con l’elisoccorso la trasferiscono al Brotzu di Cagliari, dove c’è un macchinario al quale possono collegare cuore e polmoni, ma già di sera i medici dicono a Gianmaria che non si può fare più nulla, anche il cervello è compromesso.
Giovedì mattina arrivano i genitori e insieme decidono di staccare la spina: gli organi, purtroppo, non si possono donare. Maddalena viene dichiarata morta alle 16.30.
[…]
Sua figlia era felice del mestiere che faceva?
«Non voleva fare altro da quando era una bambina […]».
Ha sempre sognato di fare proprio il medico di famiglia?
«No, quello no. Prima era attratta dall’oculistica, poi invece per la specializzazione ha capito che c’era un’emergenza con i medici di base. Ci ha detto che serviva più lì il suo aiuto. E così sarebbe anche riuscita a tornare a casa, perché in provincia di Nuoro c’è una carenza molto forte».
Gianmaria mi ha detto che i dorgalesi l’avevano scelta subito: seguiva 1.800 pazienti.
«Sì, ma si occupava anche di quelli che non avevano medico oppure dei bambini, perché aveva lavorato anche da un pediatra. […]».
Il presidente della Federazione degli Ordini dei medici Fnomceo, Filippo Anelli, l’ha definita «un’altra inaccettabile morte sul lavoro». L’associazione Mmg Sardegna ha parlato di «lutto nazionale» e ha deprecato le condizioni di lavoro inaccettabili. Intendete fare causa?
«Ma no. È stato tutto talmente veloce che nemmeno i bravissimi medici del Brotzu, pieni di umanità, hanno capito cosa l’abbia uccisa. Ovviamente il sovraccarico di lavoro era troppo anche per lei, che lo faceva sempre volentieri.
Tornava a casa a mezzanotte, all’una, alle due, l’aspettavamo tutti svegli. Forse questo peso lei non lo sentiva perché lo faceva con piacere, ma il sovraccarico di ore e ore di lavoro corrode anche una persona forte».
[…]