charlie gard

“SOGNI D’ORO, GUERRIERO” - LA RESA DEI GENITORI DEL PICCOLO CHARLIE: "ABBIAMO DECISO DI LASCIARE PARTIRE NOSTRO FIGLIO. DORMI BENE, BELLISSIMO BAMBINO. CI SPIACE TANTO CHE NON SIAMO RIUSCITI A SALVARTI"

CHARLIE GARD CHE OSSERVA IL GIOCATTOLOCHARLIE GARD CHE OSSERVA IL GIOCATTOLO

Sara Gandolfi per il Corriere della Sera

 

«Sweet dreams baby», sogni d' oro piccolo. Sono le parole che ogni mamma dice al suo bimbo quando è ora di spegnere la luce. Connie Yates, la minuta, combattiva, determinata mamma di Charlie Gard, le pronuncia in un' aula di tribunale, alla fine di una straziante battaglia legale. «Dormi bene, nostro bellissimo bambino», dice fra i singhiozzi, parlando in piedi dal banco dei testimoni. «Ci spiace tanto che non siamo riusciti a salvarti».

 

Davanti a lei, tra il pubblico, molti piangono. Perfino i giornalisti faticano a trattenere le lacrime.

 

Alle sue spalle, c' è il marito Chris, con cui ha condiviso ogni momento di questi ultimi undici mesi «i migliori, i peggiori e quelli che hanno cambiato per sempre la nostra vita». Lei legge la sua dichiarazione, un fiorellino azzurro fra i capelli biondi. Lui continua a coprirsi il volto con la mano e a portarsi agli occhi un fazzoletto bianco.

 

«È la cosa più dura che ci potesse capitare ma abbiamo deciso di lasciar partire nostro figlio», esordisce Connie, dopo aver ascoltato impassibile l' intervento del suo avvocato, che annunciava la resa, poi quello delle legali dell' ospedale e del tutore di suo figlio, che si erano opposti al trasferimento in un ospedale all' estero. Ha voluto parlare per ultima, persino dopo il giudice Nicholas Francis, che alla fine si è inchinato a quella coppia ostinata di Bedfont, sobborgo operaio della Greater London: «Nessun genitore avrebbe potuto fare di più».

 

SEE YOU AGAIN CHARLIE PUTHSEE YOU AGAIN CHARLIE PUTH

Connie e Chris, 31 e 32 anni, hanno tenuto la testa e gli occhi bassi per quasi tutta la durata della breve udienza. Una coppia semplice - postino lui, badante lei - travolta da una tragedia impensabile appena un anno fa, quando lei si faceva i selfie con il pancione e sotto metteva la scritta «It' s a boy».

Charlie è nato come tutti i bambini, solo dopo è emerso quel difetto genetico rarissimo. Ora la lotta è finita, i suoi genitori lo lasciano «andare con gli angeli».

 

In questi mesi hanno sfidato l' establishment britannico.

Chris qualche volta ha dato in escandescenze in aula, sbattendo il pugno sul banco di legno, ma è sempre stata la moglie a guidare la coppia nella tempesta. Anche all' ultima udienza è lei che discute con gli avvocati.

 

Non prende più appunti, ma fino alla fine non accetta la prognosi: «È stato sprecato un sacco di tempo. Se Charlie fosse stato sottoposto al trattamento sperimentale prima, avrebbe potuto avere la possibilità di essere un piccolo bambino normale». E ancora: «Avevamo solo chiesto di poter tentare per tre mesi».

ospedale bambino gesuospedale bambino gesu

 

La vita però non è fatta di «se». «Ora non potremo mai sapere cosa sarebbe successo se fosse stato sottoposto al trattamento». Connie alla fine ringrazia «tutti quelli che ci hanno sostenuto» e pure lo staff del Great Ormond Street Hospital, «ma soprattutto ringrazio Charlie per la gioia che ha portato nelle nostre vite».

 

Ora è tempo di spegnere la luce del suo «guerriero». I genitori escono dall' aula 50 della Royal Court di Londra come due automi. All' uscita è finalmente il papà a parlare alla piccola folla, un gruppo variopinto perlopiù di donne che fino a poche ore prima sventolava palloncini azzurri a forma di cuore e adesso ascolta attonita la resa. «Volevamo solo dare a Charlie una chance», ribadisce Chris. Invece, «non vivrà fino al suo primo compleanno».

chris gard connie yates genitori di charliechris gard connie yates genitori di charlie

 

Emma, giovane mamma con bambino in passeggino al seguito, è venuta dall' Essex, «due ore di macchina», per chiedere al giudice Francis di cambiare idea e permettere ai Gard di portare Charlie in America, la terra della speranza. Non si aspettava questo finale. Resta lì, muta, sul marciapiede, abbracciando stretta il figlio.

 

Piange. I Gard hanno raccolto donazioni per oltre un milione e 300 mila sterline. Quel denaro avrebbe permesso di portare Charlie in America; ora, promettono, finanzierà una Fondazione. «Perché la vita di Charlie non sia stata vana».

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