luciano benetton

RITRATTO DI LUCIANO BENETTON BY GIANCARLO PERNA: “ORA SÌ CHE HA UNA BUONA RAGIONE PER AVERE I CAPELLI RITTI. IL MAGGIORE DEI FRATELLI BENETTON È IL CONVITATO DI PIETRA DELL'INCREDIBILE VICENDA DEL 14 AGOSTO - SE NON PROPRIO TACCAGNO, È PARSIMONIOSO. FU LUI A SCOPRIRE BRIATORE, UN CUNEESE SENZ'ARTE, COL VIZIO DELLE CARTE DA GIOCO - CON UN PO’ DI ‘BISLACCATE’, SI È ACCREDITATO COME IMPRENDITORE ORIENTATO A SINISTRA"

Giancarlo Perna per “la Verità”

 

Giancarlo Perna

Ora sì che Luciano Benetton ha una buona ragione per avere i capelli ritti che finora erano un vezzo: i 43 morti, i molti feriti, i 1.000 sfollati del viadotto genovese crollato. Il maggiore dei fratelli Benetton è il convitato di pietra dell' incredibile vicenda del 14 agosto. È il demiurgo dell' impero di famiglia. Segue passo passo il fattaccio, coordina le mosse della holding e tace. In quale parte del mondo sia, se a casa a Treviso o in navigazione sul Tribù, il panfilo ecologico da 24 milioni di euro, si ignora. Il silenzio fa discutere e passa per indifferenza.

 

Che sia un tipo laconico è fuori discussione. L'ottantatreenne capo clan di Ponzano Veneto è una lingua mozzata dalla nascita. Detesta la mondanità, tanto più in suo onore. Costretto ad andare a Venezia quando Ca' Foscari gli conferì la laurea honoris causa, pareva in preda alle doglie. Rosso in volto per lo sforzo, lesse senza mai alzare gli occhi il discorsetto di circostanza, afferrò l' attestato e fuggì lasciando di stucco il senato accademico. Teme sempre che qualcuno gli chieda favori. Soldi soprattutto, poiché sono in tanti a bussare cassa per affari bislacchi, questue, pure e semplici scrocconerie. Benetton, se non proprio taccagno, è parsimonioso.

 

luciano benetton nudo sulla copertina di panorama

Non fa beneficenza e se un politico gli ronza attorno ha un modo infallibile per rintuzzarlo. Negli anni Novanta capitò da lui il radicale Marco Pannella, con Emma Bonino al seguito, per spillargli denaro e finanziare una serqua di referendum che gli frullavano in capo. Il magnate ascoltò senza una sillaba, poi disse: «Certo, se ci sono i presupposti, in avvenire si può vedere». E i radicali non si videro più.

 

IL SODALIZIO CON TOSCANI

Nemmeno accetta raccomandazioni di lavoro perché gli uomini vuole sceglierli da sé. E lo sa fare.

Quando, dopo il successo cosmico delle magliette colorate, ha voluto mettere le basi della successiva espansione, si buttò sulla Formula 1 (1983). Fu lui a scoprire Flavio Briatore, un cuneese senz' arte, col vizio delle carte da gioco. Gli affidò la scuderia come manager e quello in pochi anni, vinse 2 campionati del mondo e innumerevoli altri premi, lanciando piloti come Michael Schumacher, Giancarlo Fisichella, Jean Alesi, Nelson Piquet. Se a dargli la dritta su Oliviero Toscani fu, nel 1982, lo stilista Elio Fiorucci, a farne una star della fotografia è stato Benetton.

 

luciano benetton e oliviero toscani

L' intesa tra i due si basò sulla provocazione. Lo scopo era lanciare magliette e dare rinomanza mondiale al marchio United colors. Il mezzo fu andare controcorrente, in nome degli alti ideali: pacifismo, antirazzismo, mescolanze, mondialismo. Tutte robe che coi vestiti non c' entravano un baffo ma davano un'idea virtuosa del marchio. Si racconta che nel Sudafrica dell'apartheid con un adesivo Benetton sul parabrezza si potesse lasciare una limousine a Soweto e ritrovarla intatta.

 

FAR SOLDI IN NOME DEGLI IDEALI

L'intesa con Toscani è durata fino al 2000. Poi si è interrotta, per resuscitare nel dicembre 2017. In questa data, Luciano, che da anni si era ritirato delegando la holding a figli e manager, ha ripreso le redini del settore prediletto, la maglieria. In un lustro, c'era stato infatti un tracollo: da 155 milioni di attivo a un passivo di 81. «Si sono dimenticati il colore», è stato il rimprovero di Benetton rientrando in pista. Così, risalito in sella, Toscani ci ripropina adesso le solite foto di ragazzetti di varie razze e sessi vari che si abbracciano e sbaciucchiano nelle T-shirt multicolori.

 

luciano benetton

Con queste «bislaccate», Luciano si è accreditato come imprenditore aperto ai valori contemporanei, orientato a sinistra e visionario. Ecco perché, per tornare al ponte crollato, Benetton tace. Non è indifferenza. È l' imbarazzo di chi ha sempre fatto le bucce agli altri e adesso è lui sotto la lente.

 

Tecnicamente, Luciano Benetton è un repubblicano. Su richiesta di Giorgio La Malfa, salito a Ponzano per convincerlo, si presentò alle elezioni del 1992, entrando in Senato. Fu una breve legislatura, durata 2 anni, per Tangentopoli che la mise a sconquasso.

 

IMPOPOLARE TRA I SENATORI

A Palazzo Madama Luciano non lasciò traccia, tranne che per la foto adamitica scattata dal solito Toscani che i trevigiani, detestandolo, chiamano: «Maledèto toscan, ziocàn». L'immagine del cinquantottenne desnudo, con le mani pudicamente sulla natura e la scritta United colors apparve sui quotidiani del 26 gennaio 1993. Luciano la buttò sull' ideale, spiegando: «La gente vuole sapere a chi dà il proprio voto.

 

Lorenzetto con Luciano Benetton

Non dobbiamo nasconderci. È da questa nudità che si deve ricominciare a fare politica». «Alla sua età ci si copre», lo rimbeccò il dc Clemente Mastella. Il liberale, Antonio Patuelli, oggi capo dell' Abi, ironizzò: «Almeno ha fatto qualcosa dopo 8 mesi di vita parlamentare». Da sinistra, Mauro Paissan disse: «Meglio così che vestito da fricchettone invecchiato». Le vendite ebbero un'impennata e Luciano capì quanto era impopolare tra i senatori.

 

Finita la legislatura, non si ricandidò. Un anno dopo si vendicò con gli ex colleghi inseguiti dai pm di Mani pulite, prendendoli per i fondelli. In un' intervista disse: «Vi è andata male in politica? Lasciatela. Sono pronto ad assumere 5 parlamentari disoccupati».

 

Luciano Benetton

Precisò: «Non li destinerò alla cassa. Ma oltre al guardiamacchine, ci sono posto di uscieri, telefonisti, addetti allo spolvero». Non per ripetermi, ma voi capite che quando nella vita ci si comparta da sopracciò, la volta che ti capita il ponte di Genova, ti rintani in attesa che passi.

 

L'INTESA CON FIDEL CASTRO

Nel 1993, Benetton ha offerto un lavoro anche a Fidel Castro. Stavolta con affetto sincero. I 2 avevano legato per comunità di vedute all' Avana dove l' imprenditore era andato a inaugurare attività. Pensava che dopo il crollo dell' Urss (1991) Castro sarebbe caduto. E poiché a Ponzano aveva aperto Fabrica, una scuola per giovani teste d' uovo di ogni nazionalità, scrittori, designer, di tutto un po', voleva Castro come docente.

 

«Caro Fidel», gli scrisse, «proprio per la simpatia che ci lega vorrei proporti di venire a lavorare in Italia nel nostro gruppo. Il desiderio sarebbe, caro Fidel, di affidare a te la cattedra di "maestro della rivoluzione". Aspetto urgentemente risposta». Castro declinò e restò all' Avana a fare quello che sapeva: angariare i cubani.

 

luciano benetton imago mundi

LA TERRA SOTTRATTA AGLI INDIGENI

È di lombi modesti questo bizzarro miliardario in euro sul cui impero -dal tessile, agli aeroporti; dalle autostrade agli autogrill; dall' agricoltura, alle banche - non tramonta mai il sole. In Patagonia possiede 900.000 ettari che gli indigeni Mapuche gli rinfacciano di avergli sottratto. Il padre, che aveva un negozio di autonoleggio, perse tutto per seguire Mussolini in Africa e morirvi di malaria nel 1945. Moglie e 4 figli, dovettero arrangiarsi. Luciano lasciò gli studi per fare il commesso. La sorella Giuliana era maglierista a cottimo. Di qui, l' idea di uscire dalle tinte funeree dell'epoca e produrre in proprio magliette colorate. Era il 1965 e fu un trionfo.

 

Al top, Benetton sfornava 150 milioni capi l' anno con 6.000 negozi. Oggi, la baracca è in mano ai figli dei fondatori. Luciano ne ha 3 dalla moglie, Teresa. Uno da Marina Salamon che a 17 anni si innamorò di lui che ne aveva 40. Una romantica passione che per poco non finiva drammaticamente. Ora, da lustri, è accasato con Laura, sua storica portavoce. Con questo, abbiamo concluso il periplo di Luciano. Senza però avvistarlo.

Ultimi Dagoreport

elly schlein giuseppe conte roberto fico vincenzo de luca eugenio giani

DAGOREPORT - PARAFRASANDO NANNI MORETTI, CON LEADER DEL CALIBRO DI ELLY SCHLEIN E DI GIUSEPPE CONTE, ''IL CENTROSINISTRA NON VINCERA' MAI'' - IN TOSCANA, I DUE "GENI" HANNO TENTATO DI ESTROMETTERE IL “CACICCO” EUGENIO GIANI, REO DI SANO RIFORMISMO, CHE SI È DIMOSTRATO CAVALLO VINCENTE – IN CAMPANIA, INVECE, RISCHIANO DI ANDARE A SBATTERE CON IL CAVALLO SBAGLIATO, IL FICO DI GIUSEPPE CONTE, CHE TRABALLA NEI SONDAGGI: URGE UN FORTE IMPEGNO DI RACCOLTA VOTI DEL "CACICCO" TANTO DISPREZZATO DA ELLY: VINCENZO DE LUCA (CHE A SALERNO SE LA DEVE VEDERE CON IL CONCITTADINO E CANDIDATO DEL CENTRODESTRA, CIRIELLI) – CON L’INCONSISTENZA STORICA DEL M5S A LIVELLO LOCALE, IL “CAMPOLARGO” VA AL PIU' PRESTO ACCANTONATO: TROPPI "PRINCIPI" DIVERSI TRA PD E M5S PER UN'ALLEANZA, MEGLIO UNA COALIZIONE IN CUI OGNUNO CORRE COL SUO PROGRAMMA CERCANDO DI MASSIMIZZARE IL CONSENSO - SOLO DOPO IL VOTO, IN CASO DI VITTORIA, SI TROVA L'ACCORDO (E COME DIMOSTRA LA COALIZiONE DEL GOVERNO MELONI, LA GESTIONE DEL POTERE È IL MIGLIOR PROGRAMMA...) - VIDEO

giorgia meloni guido crosetto

IL "FRATELLASTRO" CROSETTO FA BALLARE GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI: “SE GLI STATI EUROPEI NON RINUNCIANO ALLA LORO SOVRANITÀ IN ALCUNI SETTORI, SONO MORTI. SULLA DIFESA DOBBIAMO METTERE ASSIEME I 27 PAESI UE IN UN SOLO PROGETTO COMUNE” – LA POSIZIONE DEL MINISTRO DELLA DIFESA È ALL’OPPOSTO DI QUELLA SOVRANISTA DELLA DUCETTA, CHE PIÙ VOLTE IN PASSATO HA REMATO CONTRO IL PROGETTO DI UN ESERCITO UNICO EUROPEO: “SAREBBE UNA INUTILE DUPLICAZIONE. IL SISTEMA DI DIFESA OCCIDENTALE È BASATO SULLA NATO, E NELLA NATO CI SONO ESERCITI NAZIONALI CHE COOPERANO TRA DI LORO. IO VOGLIO PIUTTOSTO UNA COLONNA EUROPEA DELLA NATO” – CHISSA' CHI ALLA FINE DIRA' L'ULTIMA PAROLA... - VIDEO

mauro gambetti papa leone mazza baseball san pietro pipi sagrato

DAGOREPORT: IL PISCIO NON VA LISCIO – PAPA LEONE XIV E’ FURIOSO DOPO IL SACRILEGIO COMPIUTO DALL’UOMO CHE HA FATTO PIPI’ SULL’ALTARE DELLA BASILICA DI SAN PIETRO – IL PONTEFICE HA ORDINATO UN RITO RIPARATORIO “URGENTE” E, SOPRATTUTTO, HA FATTO IL CULO AL CARDINALE GAMBETTI, ARCIPRETE DELLA BASILICA VATICANA, CON UN CONFRONTO “TEMPESTOSO”: E’ IL TERZO GRAVE EPISODIO IN POCO PIU’ DI DUE ANNI AVVENUTO NELLA CHIESA PIU’ IMPORTANTE DEL MONDO – NEL MIRINO FINISCONO ANCHE GLI UOMINI DELLA GENDARMERIA VATICANA, INCAPACI DI INTERVENIRE TEMPESTIVAMENTE E DI PREVENIRE GESTI SACRILEGHI DELLO SVALVOLATO DI TURNO – VIDEO!

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…