cardinale lopez romero brenes solarzano

E SE DOPO FRANCESCO SPUNTASSE LA SORPRESONA? SORGI E I RISCHI DEL “CONCLAVE DELLA DISPERSIONE”: "I CARDINALI NOMINATI DA BERGOGLIO PROVENGONO DA REALTÀ PERIFERICHE. NELL'ELEZIONE DEL NUOVO PAPA POTREBBERO PREFERIRE UN OUTSIDER, E SAREBBERO CAPACI DI PROVOCARE UNA MEZZA RIVOLUZIONE IN UNA CHIESA IN CUI I VECCHI EQUILIBRI NON FUNZIONANO PIÙ. BEN 35 CARDINALI ELETTORI, TRA UN TERZO E UN QUARTO DEL COLLEGIO, IERI NON ERANO ANCORA ARRIVATI A ROMA. FORSE NON SI SENTONO MOTIVATI, PENSANO DI CONTARE POCO O NIENTE…" - E C'E' ANCHE IL CARDINALE "RASTA" BRENES SOLORZANO...

Estratto dell’articolo di Marcello Sorgi per “La Stampa”

 

conclave

All'annuncio della data del conclave, tra otto giorni, - e a una settimana dalla morte del Papa - ben 35 cardinali elettori, tra un terzo e un quarto del collegio, ieri non erano ancora arrivati a Roma. Forse non si sentono motivati, pensano di contare poco o niente, tanto avevano sporadici contatti con la Curia romana. Sanno che senza Francesco non avrebbero ricevuto la carica, che mai gli sarebbe spettata seguendo le vecchie regole non scritte del codice canonico.

 

Immaginano di dover venire a Roma per prendere ordini sul nome da scrivere sulla scheda, non dallo Spirito Santo, ma da uno o più cardinali che gli suggeriranno la preferenza conoscendoli appena o non avendoli mai visti prima. E soprattutto, temono di sbagliare, essendo alla loro prima esperienza di elezione.

 

cardinale Brenes Solorzano 1

Bastava seguire domenica, con discrezione, la fila delle berrette rosse in processione a Santa Maria Maggiore per pregare sulla tomba di Francesco, "Franciscus" e nient'altro, come ha voluto fosse scritto sulla lapide. Quasi a segnare l'inizio di un nuovo culto personale, allocato in un "altro" Vaticano, quale la basilica situata sulla sommità del Colle Esquilino si accinge a diventare, con la folla dei fedeli dirottata già lì. Non tutti i presuli portavano paramenti adeguati. Alcuni erano in clergy-man di recente acquisto, dato che erano giunti nella Capitale con gli abiti che usano abitualmente, e cioè, in alcuni casi, i jeans da missionario.

 

Papa Bergoglio li aveva scelti per questo, per il loro essere sacerdoti di frontiera, quanto di più lontano dalla tradizione romana.

 

conclave

La regola del passato voleva che ad ogni cardinale fosse affidata una parrocchia, oltre che una diocesi o un incarico in Curia, per stringere la rete dell'organizzazione della Chiesa sul territorio?

 

Ma Francesco, giusto per dare un segnale, al ritorno dal viaggio in Mongolia nominava cardinale il vescovo di quel Paese: cioè il responsabile, di origini cuneesi, come svela il cognome Marengo, di una comunità cattolica di 1600 battezzati, dicasi battezzati non necessariamente osservanti, su una popolazione di oltre tre milioni di abitanti che vive in un territorio di un milione e mezzo di chilometri quadrati. S'immagini come doveva sentirsi in questi anni l'arcivescovo-non cardinale di Milano, o quelli di Venezia e Firenze, vale a dire i capi della maggiori diocesi italiane. O di Palermo, in un tempo recente ancora considerata la capitale meridionale della Chiesa italiana. O ancora quello di Buenos Aires, la capitale con la più alta concentrazione di cattolici del Sud America, peraltro successore dello stesso Bergoglio, che in dodici anni di papato non ha trovato modo di mettergli la berretta o di andare a visitare la sua terra d'origine.

cardinale Brenes Solorzano

 

 

E ci sarebbero tanti altri esempi in questo senso. Si pensi al cardinale di Rabat, Marocco, Lopez Romero, capo di una comunità che non supera di molto il migliaio di fedeli, in gran parte domestici in case di ricchi marocchini o in ambasciate, una goccia di fede cattolica in un mare di Islam: certo da coltivare, da far crescere, da accompagnare nel coraggioso cammino di devozione. Ma vuoi mettere, per dire, Parigi, colpita dalla sciagura dell'incendio a Notre Dame, miracolosamente risorta in tempo record e privata anch'essa del cardinale. Ma di paragoni da fare, con tutto il rispetto per i cardinali di frontiera, ce ne sarebbero tanti ancora.

 

Nella fila di Santa Maria Maggiore, spiccava un sacerdote "rasta", così almeno veniva da definirlo per la capigliatura bianca simile a quella della rockstar scomparsa Bob Marley. Anche lui, il nicaraguense Brenes Solorzano, Arcivescovo di Managua, condivideva con gli ultimi cardinali arrivati da lontano lo sguardo pieno di stupore per un mondo che manifestamente non gli appartiene, avendo svolto quasi tutta la sua carriera tra Maturba e Matagalpa, con una breve parentesi in Panama.

cardinale Soane Patita Paini

 

(...)

 

Le boutique di talari che affollano i vicoli attorno a San Pietro stanno facendo buoni affari in questi giorni. Sarti e sartine sono al lavoro per mettere in condizione i conclavisti di presentarsi all'appuntamento più importante della loro vita vestendosi d'autorità: è l'abito che fa il monaco, si dice ancora spesso a Roma.

 

E si dirà stavolta più di tutte le altre, perché nessuno, dagli esperti vaticanisti agli storici più attempati, si spinge a fare una previsione attendibile. A trovare un estro, una chiave d'interpretazione, un filo rosso da seguire in un conclave voluto così da Francesco. Un conclave sottomesso, se è lecito fare un paragone familiare alla recente esperienza italiana, a qualcosa di simile alla regola grillina dell'uno vale uno.

 

I principi della Chiesa, quei pochi ancora rimasti dopo l'onda di travolgimento di Francesco, confessano apertamente - e anonimamente - il loro disorientamento. Vanno alle riunioni delle congregazioni, le assemblee che dovrebbero favorire la conoscenza reciproca e cominciare il confronto sui nomi, e si accorgono che non c'è una così forte partecipazione: chi arriva in ritardo, chi si allontana, chi, avvicinato, sembra non capire. C'era un tempo in cui, per citare la vecchia massima di Enrico Cuccia, il pontefice laico della finanza, anche in conclave «i voti si pesavano e non si contavano».

 

cardinale lopez romero

Ma siccome alla fine contarli sarà necessario, e occorrerà arrivare a novanta, «non resta che sperare che in questi giorni d'attesa lo Spirito Santo si dia molto da fare», sussurra silenziosamente un anziano cardinale di curia vicino all'età limite per partecipare al suo ultimo conclave.

 

Un altro, brillante conservatore appena ultra settantacinquenne, uscito da poco dalla guida di un'importante diocesi e considerato papabile, ha confessato al sindaco della sua città di aver calcolato per esperimento quanti sono i colleghi che conosce, solo conoscenza, non ragionevole speranza di appoggio in caso di sua candidatura: bene, non è arrivato a cinquanta, appena più della metà di quelli necessari per essere eletto.

 

pietro parolin

In un clima del genere, nessuno è in grado di dire quale possa essere il messaggio più chiaro da rivolgere al conclave della dispersione. Da tutti è stata notata l'autorità mostrata domenica sul sagrato di San Pietro dal Segretario di Stato Parolin, davanti ai duecentomila giovani convenuti per il Giubileo della Speranza, con la delusione di non ritrovarsi a tu per tu con il Papa scomparso.

 

La prudenza e insieme la padronanza con cui - tra gli applausi che varie volte lo hanno interrotto - introduceva, prudentemente, il tema dell'aggiornamento dell'eredità di Francesco nella sua omelia, può darsi che funzionino, che servano da indirizzo. Ma può darsi anche di no, davanti a una platea composta da missionari, che, finita la parentesi romana, torneranno a predicare in bermuda e maglietta, al caldo tropicale, davanti a un uditorio di disperati che conoscono uno per uno e chiamano per nome. Ecco, loro potrebbero preferire un outsider, e sarebbero capaci di provocare una mezza rivoluzione in una Chiesa in cui i vecchi equilibri non funzionano più.

LARRIVO DEI CARDINALI PER IL CONCLAVE

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